Scatta l’ora del fantastico e del rapporto fra realtà e immaginazione. Seconda serata per il festival di cinema Giano a Castelnovo ne’ Monti, con il ritorno alle origini del padre e maestro Georges Mélies. Un incredibile, bizzarro, famosissimo Viaggio sulla luna che prende le ali della musica suonata dal vivo dalla compositrice Rossella Spinosa, in una preziosa sinergia che mette insieme immagini e suoni prestando la voce ai protagonisti del muto; una voce che non abbisogna di parole per farsi sentire e capire, perché passa da canali diversi e meno “mediati” rispetto al linguaggio della parola. Una musica che diventa potenza e dialogo nel secondo film in visione, “Cenere”, dove una Duse ormai sessantenne diventa un’iconica madre arcaica, in un dramma pastorale che al di là del narrato offre, forse addirittura suo malgrado, uno spaccato reale della realtà italiana dell’epoca.
Due documenti, due viaggi, due prove della grandissima potenza dell’immagine e anche la riscoperta dello stupore e dell’entusiasmo che il nuovo mezzo espressivo creò nelle folle dell’epoca. Il tutto preceduto dal capolavoro di Martin Scorsese, Hugo Cabret, che introduce e racconta il cinema, attraverso il su magico iniziatore, “papà Georges”.
“I film liberano la testa”. E’ con la citazione da Pasolini che Nicola Maria Dusi, docente all’Unimore di Reggio Emilia, semiotico, filosofo delle immagini, membro del comitato Scientifico del Festival, fa compiere il primo passo verso il viaggio nel fantastico e nell’espressionismo del dramma delle due pellicole in visione. Liberano la testa, i film, perché sono composti da tante anime, che permettono “di dare corpo al fantastico, mettendo sullo schermo scenari fantastici tante volte oggetto di immaginazione da parte della letteratura e poi del cinema come il paesaggio lunare del film di Mélies”. Un film del 1902, uno dei colossal del tempo, diviso in scene, per alcuni “non narrativo”. “invece un racconto c’è – dice Dusi – il racconto del viaggio, delle scoperte sul luogo, del ritorno precipitoso”.
Un salto di 15 anni, ed ecco “Cenere”. Regista e inteprete Febo Mari, primadonna Eleonora Duse, in un ritorno al pubblico dopo anni di abbandono delle scene teatrali. Ma la vera scoperta è il cambio di mondo cui si assiste. L’Italia si scopre ben diversa da quella tesa al progresso della scienza e della tecnica di 15 anni prima. “Cambia la percezione stessa rispetto al cinema – continua Dusi – è un dramma, qualcosa che ha a che fare col dolore, qualcosa di contrario rispetto al fantastico”. Due modi del cinema.
Due modi, ma possono esserci, e ce ne sono, altri insospettabili modi per entrare nel complesso sistema “che abbiamo definito nel titolo cinema, scienza e filosofia – continua Dusi – ,un sistema in cui si può entrare da diverse porte, si può entrare a ragionare di cinema, scienza e filosofia anche da Mélies, dal fantastico, dal dramma di Mari dal neorealismo degli anni ’50”. Ci sono tre costanti tuttavia, meccanismi comuni al di là della contestualizzazione della storia, dell’epoca,del fine del film, che conducono al cinema atto pensante. “Il primo livello, quello percettivo, immediato, il livello narrativo, il livello della comunicazione. Un film comunica, mette in sintonia lo spettatore, si aggancia a tutte e tre questi livelli”. Ed ecco la scienza, nel ruolo del cinema che scatena le sinapsi del cervello che si mette freneticamente in moto per empatia con i personaggi, per seguire la storia, per reagire alle emozioni,per comprendere, per pensare.
Pensiero che si amplia e diventa “alato” con lo “strumento” della musica, prova provata la grandissima performance di Rossella Spinosa. Una interprete e compositrice che dopo il conservatorio a Milano, entra nell’Accademia Chigiana di Siena, e scopre cosa significa scrivere per il cinema. Ovvero, “musica funzionale alle immagini – dice la compositrice – un mondo inimmaginabile che risiede all’interno delle immagini, che il compositore deve cercare di rendere funzionale, coerente con la propria politica compositiva, che va a sua volta declinata in maniera funzionale alle immagini che scorrono sullo schermo”. Solo così nasce la “magia della sinestesia”. Oltre 132 pellicole musicate, richieste a livello planetario, un lavoro incredibile che produce qualcosa che si può definire, in piena coscienza di scienza, filosofia e cinema, “magia”.
Michael Guarneri, ricercatore di Unimore, sottolinea innanzitutto il ruolo di Mélies come “artista totale”. Nel Viaggio sulla Luna, Mélies realizza un’opera totale che lo vede partecipe di tutto, dalla produzione alla recitazione al soggetto, ecc. Figlio di un facoltoso fabbricante di scarpe, riceve un’ottima educazione e , instradato dal padre agli studi economici a Londra, compra un teatro, si esibisce in spettacoli di magia e finisce affascinato dal’invenzione dei Fratelli Lumiere; diventa un colosso del cinema dati i tempi e finisce nella voragine dellaPrima Guerra Mondiale, quando il mondo sembra non voler più sapere del fantastico progessismo dell’illusione e del sogno, ma sprofonda in una realtà drammatica, al di là dell’immaginazione.
Si giunge dunque a “Cenere”, il mondo 17 anni dopo. “La cosa straordinaria – sottolinea Guarneri – è intanto che la prima didascalia ignora regista e produttore e reca il nome di Eleonora Duse. All’epoca, la Divina aveva già quasi una sessntina d’anni e da 7-8 anni era lontana dalle scene. Si trattava di una specie di ritorno, profumatamente pagato, in un conratto senza precedenti: il 50% degli incassi del film, 40mila franchi di compenso e 20mila di spese. Il rapporto fondante la sua decisione di tornare sule scene col grande schermo è quello con Grazia Deledda, che le affida il suo romanzo omonimo del 1904, dicendo in una lettera “solo tu puoi farlo””. Si ipotizza anche una storia personale della Duse che l’abbia portata a volere incarnare questa arcaica figura di madre.
“L’adattamento di “Cenere” dal romanzo omonimo è molto libero, e porta la narrazione a incentrarsi sulla figura dell’attrice principale. Il romanzo termina con il suicidio sanguinoso della protagonista, Rosalia. Il film esce dopo l’introduzione della censura cinematografica del 1913, in cui i suicidi non possono essere rappresentati, tant’è vero che il fatto è accennato, si vede il cadavere ricoperto dal lenzuolo bianco”, e, aggiungiamo noi, una sorta di coro greco che lo raccoglie e lo porta via, mentre emergono particolari da teatro, la mano della madre, il viso e l’ultimo bacio del figlio sulla fronte.
Toni espressionistici, una cappa cupa di dolore, un finale che sfuma nelle didascalie che ripetono la parola “cenere“. La musica di Spinosa si trasforma, diventa l’eco del vuoto, una sorta di coro spettrale, un suono d’angoscia. Un finale negatore di speranza che stravolge ogni possibilità di quel riscatto, che, pur nella grandissima drammaticità, si trova nel romanzo.
“Non sappiamo chi sia stato a operare le modifiche – conclude Guarneri – ma la grande influenza di Duse era nota. Ad esempio aveva voluto un violoncellista che in scena sottolineasse i passaggi della recitazione, per restituire al pubblico il messaggio”. Un muto quindi già “sonoro”.
“Cenere” fu un totale insuccesso, all’epoca. La sua riscoperta, partita dagli Usa, ha riscosso invece, almeno presso il pubblico d’oltreoceano, quel successo che gli fu negato alla sua nascita.
La serata è stata introdotta dal vicesindaco di Castelnovo ne’ Monti Emanuele Ferrari, con la sindaca di Cavriago e assessore provinciale Francesca Bedogni, e il professor Nicola Maria Dusi. A condurre la serata, il direttore artistico del Festival, Fabio Canessa.