Da Tunisi al Cairo, da Jakarta a Sana, tutto il mondo Islamico è in fermento. Giornali e tv di mezzo mondo sono impegnati a trovare una ragione plausible per l’esplosione, quasi improvvisa, di episodi di violenza contro obiettivi americani in almeno una dozzina di paesi. Partiamo dai fatti. La settimana scorsa un tv egiziana ha trasmesso un trailer di un film girato negli Stati Uniti il cui solo scopo è quello di insultare Maometto e di dipingere l’Islam come una religione falsa, violenta ed incapace di qualsiasi forma di dialogo. Il video, mostrato da un conduttore piuttosto famoso nel mondo arabo per la sua capacità di provocare e distorcere i fatti, ha immediatamente aizzato una protesta al Cairo di non più di un migliaio di persone. Dimostrazioni anti-americane – il film è stato infatti prodotto in America da un gruppo di copti e, non ancora appurato, da un ebreo americano, tutti residenti in California – sono esplose ovunque prendendo di mira tutto ciò che ha un’origine americana, incluse le più popolari catene di fast food. Gli eventi hanno preso una piega inaspettata quando l’ambasciatore americano in Libia è stato ucciso la settimana scorsa e venerdi’ scorso tutto il Medioriente è stato attraversato da un’ondata, più rumorosa che numerosa, di proteste.
Fin qui tutti sono d’accordo; probabilmente la morte dell’ambasciatore americano e di altri tre americani poteva essere evitata ma qualche elemento è stato sicuramente sottovalutato. I governi mediorientali, nonostante l’impegno profuso per limitare i danni, stanno faticando e non poco a contentere quest’ondata di violenza. A dire il vero il numero dei dimonstranti non è per nulla significante, ma lo potrebbe diventare, soprattutto in quei paesi come l’Egitto, la Libia e la Tunisia che stanno transitando verso sistemi pienamente democratici. La presenza di gruppi estremisti, soprattutto i Salafiti, ha di certo il suo peso nella scelta di come fermare queste proteste. Senza entrare nei dettagli intricati della politica mediorientale resta da rispondere alla domanda più elementare ma forse più complessa di tutte: perché quest’ondata di violenza anti-americana ed anti-occidentale?
I network americani sono pieni di cosiddetti esperti che cercano di dare una risposta a questa domanda. C’è chi è molto superficiale e si limita a discutere della provocazione causata dal video e dell’incapacità dell’Islam di gestire questo genere di situazioni. C’è chi cerca una risposta più elaborata e guarda, come accennato prima, alla politica interna dei paesi mediorientali e cerca di spiegare questi episodi come una sfida alle emergenti democrazie, ma c’è qualcosa che manca. Credo sia necessario aggiungere qualcosa, soprattutto credo sia arrivato il momento di smitizzare la sempre benevola presenza americana in Medioriente. Non è un segreto che ci siano numerose teorie cospiratorie che circolano in Medioriente (come del resto ce ne sono in Occidente, basta guardare al numero di americani che ancora non crede al certificato di nascita del presidente Obama) alimentate dai media e oggi divulgate facilmente attraverso i social media. Lasciando perdere queste teorie, peraltro facili da smontare, credo che sia arrivato il momento di ascoltare la voce di chi in Medioriente ci vive. Come negare le varie operazioni militari israeliane in Libano e in Palestina, come negare il supporto americano dato a dittature oggi spazzate via dalla forza popolare, come negare le centinaia di vittime civili dei droni americani (peraltro quasi mai riportate dai media occidentali)? Se vogliamo capire di più e meglio il perché di questa violenza ma soprattutto dell’odio verso l’Occidente dovremmo innanzitutto farci un buon esame di coscienza.
Il pericolo islamo-fascista, di una presa del potere degli integralisti islamici, tanto caro ad Oriana Fallaci, c’è ed è sicuramente una realtà innegabile, che tuttavia se privato del suo carburante puo’ essere tenuto sotto controllo. Le parole del segretario di stato americano, Hillary Clinton sono sicuramente fra le migliore spese negli ultimi giorni. “Le popolazioni d’Egitto, Libia, Yemen e Tunisia non hanno barattato la tirannia di un dittatore con la tirannia di un gruppo di teppisti. Gente ragionevole e responsabile e insieme ai loro leader devono fare ogni cosa per riportare sicurezza e portare davanti alla giustizia I responsabili di questi atti di violenza.” C’è bisogno di un atto di responsabilità da tutte le parti, dall’occidente che deve necessariamente essere più bilanciato nelle proprie politiche medio orientali ed aperto ad un dialogo sincero, e c’è bisogno di una presa di responsabilità delle popolazioni medio orientali del proprio futuro.