E’ il paradosso della Sanità reggiana: mentre si investivano 41 milioni per il Centro oncoematologico e oltre 25 per il Mi.Re, dai piani alti delle aziende sanitarie si abbatteva la scure sui servizi e sul personale per contenere la spesa corrente, e tra le ricadute si verificava anche il malfunzionamento della rete del Pronto Soccorso. Una situazione esplosiva, denunciata più volte dai cittadini, che è tornata a galla grazie ad una lettera aperta della Funzione pubblica Cgil alla cittadinanza.
A sintetizzare la situazione è un intervento di Lanfranco De Franco di Articolo 1 Mdp: “In questi anni il nostro territorio è riuscito a raggiungere la spesa pro capite più bassa in regione attraverso il contenimento dei costi. Per esempio con il taglio dei posti letto, l’accorpamento del centralino 118 con Parma e Piacenza, la riduzione dei primariati e la recentissima fusione delle due aziende ospedaliere provinciali. Sacrifici che hanno senso se funzionali a maggiori investimenti sul personale medico e infermieristico, cosa che era stata promessa e invece non è avvenuta”. Ma cosa succede concretamente nelle rete del pronto soccorso?
“Per quattro dei cinque presidi di Primo Soccorso della Ausl – scrivono dalla Funzione Pubblica Cgil – servono almeno due medici di Medicina d’Urgenza e tre figure di infermieri qualificati costantemente presenti giorno e notte: dotazioni che, a tutt’oggi, sono ben lontane dall’essere soddisfatte. Queste condizioni, oltre a ricadere con inaccettabili tempi di attesa sugli utenti, gravano di responsabilità improprie i medici e il personale sanitario costretto ad operare su più fronti. Nonostante gli impegni, dal 2008 ad oggi non sono mai stati assicurati gli standard. La carenza cronica di organici medici per l’Emergenza-Urgenza, come per altre specialità, non consente di mantenere attivi e funzionali 5 punti di Primo Intervento e 6 servizi di automedica che servono anche province vicine che non li hanno attivati”.
Non è solo un problema di programmazione a livello di Ausl: “Gli specialisti di ogni branca – spiegano dalla Cgil – non si trovano più per responsabilità del Governo, delle Regioni e delle Università ma nessuno ne parla e le Istituzioni preposte, a partire dalla Conferenza territoriale socio-sanitaria, non ritengono queste problematiche una priorità. Questa situazione penalizza fortemente i medici non più disponibili a subire discredito e improprie accuse per disservizi e inefficienze di cui non hanno responsabilità e di cui subiscono le conseguenze”.
“Per rimediare a questi gravi deficit – propone De Franco – c’è un’unica soluzione possibile: dare seguito agli impegni presi al momento della riorganizzazione dei servizi e coprire i posti già previsti dalle piante organiche. Possiamo lavorare con le università vicine per attivare percorsi di specializzazione in medicina d’urgenza a copertura del fabbisogno del sistema reggiano e offrire così una possibilità di lavoro sul territorio a tanti giovani medici in cerca di assunzione che spesso sono costretti a lasciare l’Italia”.