Firenze – Inaugurato oggi a Firenze, nella sede del consiglio regionale in via Cavour, la costituzione del gruppo Art.1 – Mdp dei “fuoriusciti” del Pd. Due per ora. il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e Serena Spinelli, ex-consigliera Pd. Un fatto politico annunciato e presentato da giorni, che mette nero su bianco che il presidente Rossi ora è a capo di una coalizione, e che tuttavia, pur chiudendo i rapporti col Pd, “continueremo a collaborare”. Del resto, è lo stesso ruolo di presidente regionale rivestito da Rossi che lo porta a ad avere rapporti “con entrambi i gruppi della coalizione”. Non solo. Il presidente ci tiene anche a mettere in chiaro i rapporti fra lui e il partito che lascia, anche pecuniari: “Abbiamo spedito una lettera di rinuncia al periodo di preavviso, e un’altra per chiedere di non rinnovare la tessera –puntualizza – pagherò i 7 mila euro per liquidare i conti come contributo alla campagna elettorale che viene chiesto a ogni consigliere regionale. Ho anche pagato il contributo mensile al partito, di 1200 euro, per il mese di febbraio anche se già a metà mese avevo detto di voler lasciare il partito”. Aggiunge, e forse affiora un po’ di commozione: “Oggi si conclude il mio rapporto con il Pd. Un rapporto quasi trentennale”.
Poi, si passa ai perché e alle differenze. In buona sintesi, partendo dal fatto che secondo il presidente la scissione in Toscana, “era già avvenuta”, si delinea l’alveo: quelli che si erano già allontanati dal Pd a guida Renzi, pezzi importanti della società delusi dal Pd, i giovani. Ripartire dai giovani, dunque, e dal lavoro, per cui si può fare molto, come dice Rossi: servono anche politiche attive, mentre, per quanto riguarda i voucher, “sono un simbolo del deprezzamento con cui si è guardato al lavoro: solo in Italia si può comprare il lavoro in tabaccheria, insieme alle sigarette”.
Procedendo, si arriva al momento cruciale della decisione. “Che il Pd non fosse più il partito in cui potevo stare l’ho capito all’assemblea nazionale – dice Rossi – alle una e mezzo uscii dicendo che sarei uscito per impegnarmi a costruire nuova forza politica di sinistra. E’ ovvio che ci deve essere un’etica della responsabilità ma per chi fa politica questa è anche collegata all’etica dei valori. Se le due cose si equilibrano va bene, se non è così bisogna prenderne atto”. Perciò, nessun rientro dialogo aperto, ma anche la convinzione lo “spazio per una forza di sinistra e plurale in cui convergono esperienze, gruppi, associazioni e che potrebbe essere significativa dal punto di vista elettorale e contribuire a rafforzare il centrosinistra” c’è, come sembrano significare i sondaggi. Da non sottovalutare, aggiunge Rossi, anche il utato quadro politico: in un momento in cui “si impone il ritorno al proporzionale, c’è bisogno di partiti che abbiano un’identità e un programma più definiti. Vogliamo fare una cosa molto aperta – ha aggiunto – che consenta il massimo della partecipazione e con modalità che impediscano una calata dall’alto dei programmi. Siamo nella fase di stato nascente e i segnali ci dicono che le cose si stanno muovendo”.
Serena Spinelli sarà la capogruppo del nuovo soggetto politico. Parla di avventura, di sfida, “Vogliamo ritrovare tutti coloro che in questi anni si sono sentiti abbandonati dalle scelte del PD, che non si sono sentiti coinvolti e rappresentati. Il nostro progetto riparte da parole, da ideali e da valori antichi che devono essere declinati nella modernità: penso a un sistema di welfare più presente, politiche di sostegno all’occupazione, la sanità, per la quale in Toscana partiamo senz’altro col piede giusto, che non può rinunciare ad essere un diritto universalistico, le politiche d’accoglienza che devono rivelare integrazione in tutti gli ambiti delle nostre comunità. Costruiamo una forza di sinistra dai contenuti e dai connotati più chiari e più utili a quel pezzo di cittadinanza che ha bisogno di giustizia sociale, di lavoro, di diritti civili”.
Tirando le fila, la motivazione maggiore che ha spinto fuori dal partito il gruppo di Mdp, sembra davvero mancanza di ascolto e spazio di confronto. Ma anche di priorità. E’ ciò che viene sottolineato nel corso della presentazione della mozione Orlando tenuta sempre stamattina in piazza della Repubblica, a Firenze, alla presenza della consigliera comunale Cecilia Pezza, di Chiara Carrozza (Ministro dell’istruzione del governo Letta) , del giovane segretario Valerio Fabiani e di Simone Bezzini, consigliere regionale, già presidente della Provincia di Siena. Una motivazione che tuttavia sembra sottendere non solo a una semplice richiesta di maggiore attenzione per le voci interne e non solo (ad esempio, per il confronto con i corpi sociali, le associazioni, e tutto ciò che viene espresso come rappresentanza dalla società civile) ma addirittura a un concetto del tutto diverso di “partito”. Del resto, spiegano gli intervenuti, di fatto ciò che è mancato negli ultimi tempi nel Pd è in buona sostanza la condivisione dei processi decisionali. “Con tutto questo – viene precisato – non si vuole restare ancorati a un passato che ormai non avrebbe più ragione d’essere. Il partito “moderno” ha necessità di avere un “leader”. Insomma, le decisioni calate dall’alto, senza ascoltar nessuno, hanno portato scarsi risultati al Pd. A parte la scissione, le correnti, ci sono anche le sconfitte che pesano: quella referendaria senz’altro, ma anche quella delle amministrative scorse. E dunque si torna a parlare di condivisione, ascolto e confronto. In sintesi, fra il partito “del leader” e il “partito del collettivo”, sembrano dire gli orlandiani, qualche altra sfumatura esiste. Così, fra scelta politica sulle priorità (lavoro, giovani, rivoluzione industriale dell’intelligenza robotica, attenzione al sociale per “curare” le diseguaglianze) ed esigenze di ascolto e confronto vero, sembra che tutto sommato, “rossiani” e “orlandiani” convergano. Anche se, per ora, c’è chi sta dentro e chi fuori.