Quando incontri Max la prima cosa che ti colpisce è la sua serenità mentre racconta la sua storia, la storia di un uomo che, nel 2011, vede cambiare di colpo la sua vita a causa di un’emorragia cerebrale che gli paralizza metà corpo e lo costringe su una sedia a rotelle.
“Max non camminerà più”. E’ questa la terribile diagnosi quando si risveglia, all’ospedale Bellaria di Bologna, dove rimane ricoverato per un mese in lotta tra la vita e la morte.
“I dottori che si sono presi cura di me, mi definiscono un miracolo perché il 98% delle persone nella mia condizione non sopravvive, l’1% rimane in stato vegetativo e l’altro 1%… beh, eccomi qua”.
Novanta gradini – quelli della sua casa di Bologna in cui viveva con la sua ex compagna – al suo risveglio lo separavano dall’obiettivo di tornare a camminare. E contro ogni previsione, dopo un anno, quei gradini li ha fatti, uno ad uno, in 2 minuti e 30 secondi cronometrato da suo figlio, il suo “più severo terapista”.
E attraverso gli occhi di Mattia – oggi ha 10 anni, all’epoca ne aveva 7 – Max ha scelto di raccontare il suo “viaggio all’inferno e ritorno”. Max, infatti, sta scrivendo un libro che prevede di far uscire a settembre: “Tutto suo padre”, così si intitolerà.
“La mia storia è la storia di un uomo che ha scelto di tornare a essere un padre, ha scelto di non arrendersi di fronte a una riabilitazione devastante perché non si trattava soltanto di alzarmi dalla sedia a rotelle, ma si trattava prima di tutto di una riabilitazione mentale, psicologica, emotiva”.
Un aspetto, quello emotivo, tanto importante quanto spesso trascurato dagli stessi terapisti. Ma tra i suoi angeli Max ha avuto la fortuna di incontrare Monica Morelli, la fisioterapista che lo ha accompagnato in questo percorso: “Un giorno, mentre ero ancora ricoverato, mi sono svegliato col desiderio di tornare ad indossare una camicia. Un gesto banale che, fino ad allora, davo per scontato. Così sono andato da Monica e le ho espresso il mio desiderio e lei mi ha incoraggiato a farlo. E quel giorno la camicia l’ho indossata, da solo, nonostante le difficoltà”.
Dei limiti e delle difficoltà Max non ha più paura: “Ora posso fare tutto, anche cose che prima non avrei mai pensato di fare”. E così, insieme a suo figlio, nel 2013 ha percorso i 4 km della StraBologna e oggi sogna di partecipare alla maratona di New York.
“La strada per New York è ancora lunga, ma ce la farò, così come riuscirò a riprendere la patente, a tornare a guidare e ad andare a vivere da solo. Ho tanti sogni – conclude Max – e uno di questi è quello di veder sparire la parola disabile dal dizionario e smantellare il pregiudizio che lega il concetto di normalità alle abilità motorie, psichiche e sensoriali delle persone”.