Matteotti, il rigore del socialista riformista che non faceva dormire il duce

L’attualità del suo pensiero oggetto di una tavola rotonda con Spini, Chiti e Giani

Pistoia – Giacomo Matteotti, operazione verità. Non tanto sulla questione della sua morte, o meglio del suo assassinio, che nonostante il polverone sollevato anche ultimamente, è ormai saldamente consegnato alla storia come un omicidio del regime fascista, rivendicato inoltre con grande disprezzo per quel che rimaneva dello stato liberale e della dialettica politica, dallo stesso Mussolini nel gennaio 2025; verità e ripristino della statura politica del pensatore, attivista, protagonista della sinistra riformista dell’epoca , oppositore indefesso del fascismo, pacifista … Una vita vissuta all’insegna della lotta alle disuguaglianze, alla povertà, contro le soperchierie che erano la cifra normale per le classi popolari di quel momento storico. Vorremmo poter dire di “quel momento storico” nel senso che ormai quell’epoca è confinata nella storia. Ebbene non è così. Ed è stato proprio questo il senso profondo della tavola rotonda che si è tenuta ieri presso il Palazzo dei Vescovi a Pistoia, a conclusione di un percorso di tre giorni dedicato, col trasparente titolo “Progetto Matteotti”. Una giornata e un incontro che ha seguito l’interessante mattinata dedicata ai vari profili della vita e del pensiero del deputato (e segretario) del PSU , ma è stato nella tavola rotonda che più fortemente si è sentita la contemporaneità della vicenda politica di Matteotti.

Protagonisti del dibattito, tre politici che sono stati testimoni, con incarichi istituzionali di peso, della vita politica della Toscana e nazionale: l’attuale presidente della Toscana Eugenio Giani, il presidente dell’Istituto storico della Resistenza toscano Vannino Chiti, il presidente della Fondazione Circolo Rosselli Valdo Spini. Il tema sul tavolo, in che modo e perché Matteotti è ancora figura capace di parlare al futuro, tanto da sollevare, a 100 anni dal suo omicidio, ancora dibattito e disagio in certe aree di pensiero e agire politico in particolare. Un tema sollevato anche dalle polemiche dei giorni scorsi, sommerse da una sterminata produzione letteraria sulla figura di Giacomo Matteotti e dalle innumerevoli iniziative. Con il rischio concreto di trasfromarlo definitivamente in un santino.

Ma Giacomo Matteotti non è questo. Lo dice con chiarezza il direttore scientifico del progetto Samuele Bertinelli, che ne delinea in un magistrale intervento ante tavola rotonda , la figura non lasciando inesplorato nessuno degli aspetti della complessa figura del segretario del Psu. Un Bertinelli in splendida forma, su cui si dirigono gli appalusi della sala gremita (gente nel corridoio) , un rientro in politica per la porta principale, con il conforto dii due solidi sponsor come Spini e Chiti. Un contributo pieno di passaggi importanti, la cultura per esempio, intesa anche come scuola, con la consapevolezza, Matteotti lo dice, che la scuola non serve solo a formare abili operai “bravi” ma persone che sappiano pensare. E’ la differenza fra schiavi e cittadini.

Matteotti è molto di più di un’icona dell’antifascismo. Lo dice con chiarezza Giani, ricordando che l’incapacità della sinistra di reggere l’urto di un fascismo che era cominciato quasi come una pittoresca adunata di reduci per poi trasformarsi in un tragico carro della morte, fu dovuta in buona sostanza al prevalere di divisioni e odi fratricidi, e io sospetto che si rivolga anche a un presente amaro è forte; lo dice con chiarezza Chiti, quando ricorda il pragmatismo del riformismo di Matteotti, tanto sottovalutato e peggio in vita, ripreso nel dopoguerra da non sempre degni eredi, di fatto una delle modalità d’opposizione più irritanti per chi si ritiene sopra ogni regola di legalità ed è continuamente alla ricerca della rottura, del varco, della frattura del sistema costituzionale per farsi capo.

Lo dice Valdo Spini, erede fin nel nome della fondazione intitolata ai Rosselli della tradizione del socialismo riformista senza cedimenti al compromesso, di quello rigoroso nei principi e riformista nell’azione. Ricordando che è bene che Matteotti continui a disturbare, a parlare con la sua voce dicono pacata pur nella forza, per richiamare la coscienza del Paese ai principi fondamentali che sono il tessuto della democrazia. Senza i quali la democrazia non è. Ricorda la legge Acerbo, la denuncia di Matteotti che fu insopportabile all’arroganza di Mussolini, spaventato dalla precisione adamantina del suo avversario, ricorda anche la legge attuale e la possibilità che pure era stata concreta per cambiarla, e anche il premierato e il suo tacere su quorum e maggioranze.

Pubblico numeroso e attento, pronto a cogliere le similitudini e a sottolineare i passaggi più graditi con gli applausi.

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