Firenze – Per i prossimi sette anni il Colle più alto di Roma avrà il volto severo di Sergio Mattarella. Vedremo come sarà la sua presidenza; crediamo ben diversa da quella del suo predecessore. Facciamo al nuovo Presidente gli auguri più sinceri di un buono e proficuo lavoro convinti che, chi di solito parla poco, combina per lo più non male.
Oggi quello che possiamo fare è di vedere il contesto politico nel quale è maturata la candidatura di Mattarella con la quale Matteo Renzi, va riconosciuto, porta a casa un risultato che lo rafforza. L’esigenza primaria che egli aveva era quella di tenere insieme un partito-contenitore che è un caleidoscopio in cui c’è tutto e pure il contrario di tutto. Per farlo doveva recuperare la dissidenza interna guidata da Bersani e qui, non sappiamo se scientemente o per puro caso visto che il presidente del consiglio ha conosciuto di persona Mattarella solo pochi giorni orsono, i postcomunisti quando vedono uno della vecchia sinistra DC non resistono; a prescindere, avrebbe detto Totò.
Il personaggio, poi, non era certo di quarta fila. Con ciò il partito-collettore si è ricompattato nel voto e il richiamo della sirena DC ha suonato anche in altre forze; così Mattarella ha avuto un successo innegabile. Renzi, inoltre, raccoglie un altro importante risultato che irrobustisce la sua leadership alla segreteria del PD. Oramai Bersani e i suoi hanno chiuso la loro corsa. Oggettivamente sono politicamente meno forti di prima e non potranno che omologarsi del tutto all’insieme renziano.
Con la solita spregiudicatezza e velocità Renzi ha beffato Berlusconi poiché, prima gli ha carpito il voto sulla legge elettorale e poi lo ha mollato spaccandogli l’alleanza che il decaduto Cavaliere aveva rimesso in piedi con Alfano. Crediamo che anche Raffaele Fitto, pure lui già dc, non debba lagnarsi della salita di un già dc al Quirinale!
Nessuno sa in cosa veramente consista il cosiddetto “patto del Nazareno”; è, e rimane, un’oscura sconcezza che ci sembra tanto profumare di assetto radiotelevisivo e, quindi, con uno dei contraenti, Berlusconi, che ha ben poche armi in mano; quasi una forza di riserva di cui, nei momenti di difficoltà, il sulfureo presidente del consiglio si può servire come meglio crede.
Ora, se vediamo in parallelo le sorti di quella che fu FI e di quella dei postcomunisti, pensiamo si possa dire che la Seconda Repubblica è sepolta. Essa ci lascia in eredità una democrazia dallo spazio più stretto di quella precedente come ci dice l’abolizione dei consigli provinciali, quella del Senato e una legge elettorale con un premio di maggioranza che equivale a circa la metà dei membri della Camera e un alto numero di nominati nonché un bipolarismo che consegna il Paese a un partito padrone e di fatto, istituisce un premierato forte.
Infine un’ultima osservazione: se la Seconda Repubblica è tramontata e bisognerà pensarne una Terza è veramente significativo che al ruolo di garanzia e di traghettatore sia stato chiamato un uomo politico democristiano della Prima quando, pur con tutti i limiti e i difetti, c’era tuttavia la “politica”.
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