Firenze – Fervono già i preparativi per la 41esima edizione del Festival Internazionale di Cinema e Donna. Una prima anticipazione, da non perdere, è l’intera serata di lunedì 13 maggio, al Cinema La Compagnia, dedicata a Margarethe von Trotta. Si inizia, alle 15, con “Il respiro dello sguardo” di Barbara Barni.
Un incontro inedito di Margarethe von Trotta e un gruppo di studentesse dell’università La Sapienza di Roma. Partecipa la critica e docente di cinema Ester Carla de Miro. Italia 1999 Durata 78′
A seguire, alle 17, proiezione del film “L’Africana” di Margarethe von Trotta. Germania Italia 1990 Durata105 ‘ .Una storia contemporanea ma anche molto antica. Fa parte dei film “italiani” di von Trotta per produzione e gran parte delle maestranze.
In realtà è un film molto europeo. Infatti ai protagonisti del triangolo che mette in scena si attribuiscono appartenenze culturali forti, rappresentative e fondanti dell’identità europea. Stefania Sandrelli è Anna la cooperante italiana che arriva dal Mali a casa di Martha (Barbara Sukova), dottoressa tedesca che vive a Parigi con Victor suo marito (Sami Frey).
Tra le due donne e Victor i rapporti variano nel corso della vicenda. Amori e tradimenti mettono in crisi l’amicizia in un destabilizzante scambio di ruoli. Permettono anche all’Africa di entrare in gioco come magia e influenza non razionale ma indiscutibilmente potente. Prefigurazione di contaminazioni e riscoperte di antiche radici che possono essere paurose o salvifiche.
Infine, alle 21, anteprima di “Searching for Igmar Bergman”. Documentario di Margarethe von Trotta e Felix Moeller Francia, Germania 2018 Durata 99 Presentato a Cannes 2018. Per il centenario di Igmar Bergman molte celebrazioni, molti libri e convegni. Certamente l’omaggio più personale e sorprendente per il grande maestro è quello di Margarethe von Trotta che gli dedica il primo documentario della sua carriera. Bergman, infatti, ha segnato la vita e determinato la passione di von Trotta per la regia.
La regista, infatti, racconta “Da molto giovane non ero particolarmente interessata al cinema. A Parigi ho visto per la prima volta “ll Settimo Sigillo” e ho capito che quello che desideravo fare, nella vita, era ‘quel cinema’ ad ogni costo.” Per arrivare alla regia Margarethe von Trotta ci ha messo 17 anni ma è rimasta fedele all’innamoramento giovanile per il cinema di Igmar Bergman.
Oggi, con una carriera ricca di film e premi, ripercorre i luoghi di Bergman con grande coinvolgimento e parla di sé e del cinema del regista svedese in modo autobiografico. ” Mi è sembrata l’unica possibilità per parlare di lui che nei suoi film è sempre autobiografico”.
Accompagnano Margarethe, nel viaggio geografico e memoriale, amici registi come Olivier Assays o Mia Ansen Løve. Dicono la loro le muse Liv Ulmann e Gunnel Lindblom passate poi alla regia e il figlio Daniel Bergman, regista anche lui che racconta episodi felici e burrascosi del maestro visto da vicino. Attorno a Bergman decine di nipoti, figli, mogli, amanti ma anche la solitudine cercata nell’amata isola di Farö. La fuga dalle tasse negli Usa e il perdono del governo svedese. Una vita pienissima ma attraversata da angosce e stati d’animo fortemente perturbati. Margarethe von Trotta, programmaticamente, non vuole tracciare un ritratto a tutti i costi “coerente” ma lascia emergere anche gli aspetti contraddittori, buffi, magici della personalità dell’immenso Igmar Bergman.
Foto: Margarethe von Trotta