Come è ormai diventata una costante, negli atti governativi non si trovano mai i provvedimenti che non solo le aziende, ma anche la maggioranza degli economisti, ritengono indispensabili. Tra tanti aspetti contestabili, nella manovra che punta quasi esclusivamente sul carico fiscale, si nascondono alcune misure sui servizi pubblici locali che avrebbero richiesto una trattazione più attenta ed efficace. Si sarebbe potuto, inoltre, sfruttare l’occasione per prendere decisioni che diventano sempre più urgenti, ma non è stato fatto. Non ci resta che valutare dunque quel poco che la nuova legge finanziaria contiene. Un articolo ripristina i contenuti dell'art. 23 bis, abrogato con l’esito del recente referendum. Viene confermato l'impianto preesistente, sulla base del diritto comunitario, reintroducendo la fase transitoria e limitando gli affidamenti in house, con l’inevitabile esclusione del servizio idrico integrato. Una norma che fa chiarezza su alcuni punti nel vuoto post-referendario, ma che rischia l’illegittimità.
La legge punta poi ad incentivare le dismissioni di aziende interamente pubbliche, mettendo a disposizione dei comuni fondi per investimenti sottratti al patto di stabilità (250 milioni di euro). Una misura debole e discutibile. E' evidente a tutti che vendere oggi le società pubbliche significhi solo svenderle in assenza di regole tariffarie e prima di aver fattole gare. Il sostegno agli investimenti andava visto come una misura per la crescita e quindi destinato a tutti gli enti (non solo ai proprietari di aziende pubbliche) che, per esempio dimostravano di essere in regola con le norme sugli affidamenti esistenti o procedessero rapidamente ad affidamenti legittimi.
L’aspetto più grave è che il decreto non dice nulla sui due punti che bloccano la regolazione di servizi importanti: la nuova tariffa idrica da scrivere dopo l’abolizione della precedente per mano referendaria ed il futuro degli ambiti ottimali (Ato) nell’acqua e nei rifiuti. La manovra avrebbe potuto fornire un percorso rapido per la costituzione dell’Agenzia nazionale di Vigilanza sulle risorse idriche, strumento indispensabile per la determinazione delle nuove tariffe in base ai risultati dei referendum, che invece resta ancora sulla carta. Le manovre passano, ma le esigenze normative e organizzative industriali del comparto dei servizi pubblici che dovrebbe essere considerato un pilastro del rilancio economico del Paese e della Toscana restano totalmente senza risposta.