Firenze – Poche ore dopo il massacro di Charlie Hebdo e la tragedia di Porte de Vincennes ecco giungere la risposta alla follia del fanatismo, con una imponente manifestazione che ha riempito le piazze di Parigi. Prima l’incubo che sembrava infinito e poi il risveglio, triste ma vitale. Dopo spari con armi automatiche nelle strade e negli uffici. Terroristi asserragliati in un capannone industriale della periferia. Ostaggi in un supermercato kosher del centro. Colpi di proiettile a pochi passi dalla Bastiglia. Esplosioni. Morti e feriti. Cadaveri in strada. Carri armati parcheggiati nella tranquilla campagna di Dammartin en Goele. Migliaia di poliziotti in assetto da guerra nel centro parigino. Colonne di militari che corrono tra le vie. Indossano elmetti, passamontagna e giubbotti antiproiettile. Imbracciano fucili mitragliatori e pistole. I tetti di Parigi nascondono i cecchini. Sirene delle ambulanze e della polizia che risuonano da una parte all’altra della città. Posti di blocco. Elicotteri in cielo. Strade paralizzate. Aree deserte e scuole evacuate. Serrande abbassate e chiusura obbligata per i negozi. Persone barricate per ore nelle proprie abitazioni. La Francia in stato d’assedio, la capitale colpita ripetutamente al cuore. La violenza del fanatismo stronca la vita a ebrei, cristiani e musulmani, laici e atei. Improvvisa, dopo ore di caos totale, è la risposta responsabile che ha dato la Francia, dimostrando di non cedere in nessun modo alle intimidazioni. Domenica in una Parigi blindata e surreale il grido della protesta è nei numeri.
Due milioni di persone scendono in piazza contro il terrorismo. Tra loro ci sono famiglie con bambini. Sventolano le bandiere di tutto il mondo, molti i paesi arabi presenti. Risuona la marsigliese, canti di libertà, slogan di pace. Il tricolore viene issato nei pennoni e srotolato dalle finestre. Migliaia di persone impugnano la matita e mostrano la scritta “Io sono Charlie”. Sono giovani e anziani, diverse religioni stessa nazione. In mezzo a loro i capi di stato di mezzo mondo. In prima fila uniti e abbracciati. C’è il presidente della Nigeria martoriata dal terrorismo di Boko Haram. C’è il presidente palestinese e poco lontano il primo ministro israeliano. C’è l’Europa, gli stati europei con l’Italia guidata dal suo presidente del consiglio. Camminano tenendosi per mano i reali della Giordania, l’unica monarchia hashemita in Medio Oriente. Re Abd Allah è l’ultimo sovrano discendente di Maometto, fatta eccezione per il Marocco. La presenza di Abd Allah e Rania alla manifestazione è un segnale forte. La “famiglia” del profeta è schierata dalla parte delle vittime del terrorismo, dei vignettisti blasfemi, e non con coloro che strumentalizzano l’islam. Una scelta univoca e coraggiosa quella di Abd Allah. La Giordania è oggi un paese dalle mille contraddizioni interne. Offre rifugio a milioni di persone che scappano dalla guerra: palestinesi, iracheni e siriani. Ma sono suoi figli e cittadini, coloro che rivestono ruoli strategici nei quadri del terrorismo internazionale, da Al Qaeda all’Isis. L’adesione del sovrano giordano alla manifestazione bilancia l’assenza americana. Per Obama un’occasione persa, un errore. Per i reali giordani la consapevolezza di trovarsi alla vigilia di una nuova guerra. L’Isis ormai è alle porte, consapevoli che non busserà chiedendo educatamente di poter entrare. Eloquente infine il gesto d’amicizia verso Abu Mazen: quando il cordone si allarga il re giordano e la consorte fanno spazio al presidente palestinese in prima fila. Facendo chiaramente capire da che parte della causa palestinese sono schierati. Al contrario non entrano in contatto con Netanyahu, nessuno segno di cordialità viene ripreso dalle telecamere. Si osservano spesso, questo è vero, ma nulla di più. Gli uni da una parte e l’altro avvolto dalla sua sicurezza, da quella opposta, in mezzo la Francia e la Germania. Ma soprattutto la comune paura nei confronti degli estremismi. Non c’è ombra di dubbio sul fatto che il conflitto israelo palestinese alimenta l’insorgere del fondamentalismo non solo in Medio Oriente. E se non viene fermato sarà complicato, se non impossibile, spezzare la catena del terrorismo.
Enrico Catassi
Alfredo De Girolamo