E così l’ad delle Fs Mauro Moretti “minaccia” di andarsene dall’Italia se qualcuno oserà ritoccare al ribasso i suoi 850mila euro annui che il popolo italiano gli mette in saccoccia per poter usufruire di quell’impeccabile servizio su rotaia che ci ha resi (tristemente) famosi in tutto il mondo civilizzato. Nemmeno l’immiserimento quotidiano della stragrande maggioranza dei contribuenti riesce a far capire la necessità di contestualizzare certe situazioni ai boiardi di Stato. Moretti è pronto a fare le valigie per destinazione sconosciuta, dove certo comunque l’accoglieranno a braccia aperte, essendo nota e rinomata la fama dei nostri super-manager. Non attendono altro che lo sbarco di Moretti per risollevarsi.
Il nostro ferroviere capo (in buona compagnia in quanto a stipendi d’oro assieme a Scaroni dell’Eni, Conti di Enel, Cattaneo di Terna, Pansa di Finmeccanica, Sarmi di Poste italiane e Garbini di Enav, tutti in scadenza) piagnucola lamentando il fatto che il suo omologo tedesco intaschi più o meno il triplo, senza precisare però che la Bahn teutonica ha il quadruplo di dipendenti e un fatturato oltre il quadruplo. Per non parlare della qualità delle ferrovie della Germania che pure sono in utile per 320 milioni di euro. E’ vero l’utile ferroviario italiano è superiore a quello tedesco, circa 380 milioni ma vorremmo ben vedere, con servizi da Terzo Mondo come il nostro e convogli fatiscenti in ritardo medio di decine di minuti, come sarebbe possibile anche andare in rosso.
I sofisti dell’economia, come sempre in questi casi, gridano alle regole del mercato, come se il mercato fosse un’entità a se stante rispetto alle altre dimensioni che la politica dovrebbe guidare e moralizzare. Basterebbe un tetto legislativo certo e regole per accedere alle alte cariche delle società statali coniugate attraverso la meritocrazia e non l’appartenenza o la simpatia politica. Pensate che non ci siano centinaia di giovani manager italiani ben più bravi di Moretti, pronti a guadagnare un terzo?