Romano Prodi, due volte presidente del Consiglio, dialoga con il direttore di Repubblica Mario Calabresi e il direttore dell’Espresso Marco Damilano. Lo scorso 8 marzo, dopo il crollo del suo centrosinistra, il fondatore nel febbraio 1995 della coalizione vincente dell’ “Ulivo” aveva detto: “Non c’è nulla di irrimediabile in politica, c’è sempre un futuro” e ora ci si interroga: “Le democrazie liberali hanno perso la sfida?”.
“La gente non ha più fiducia nelle democrazie perché c’è un problema di diritti”, risponde Prodi. E spiega: “Bisogna cambiare registro. La disparità è aumentata in quasi tutti i Paesi del mondo proprio perché i governi democratici hanno adottato modelli fiscali e di welfare che hanno aumentato la disparità. E ora Trump ha abbandonato il soft power, è tornato all’hard power: ritorniamo a esercitare un’economia dura che vuole controllare le altre”.
Le disuguaglianze come motore dell’insoddisfazione, quindi. Fino a quello che l’ex premier definisce “l’assurdo della flat tax”: “Si arriva a perdere le elezioni per il voto di coloro che sono penalizzati dall’applicazione del modello di chi va a vincere”. Per Romano Prodi, il governo Conte è “di destra”: “Qual è il compromesso reale di questo accordo? Io non condanno mai le cose prima che avvengano, ma qui ci sono blocchi di pensiero sulla carta inconciliabili tra di loro che sono al Governo assieme”. Poi, incalzato dal direttore Calabresi sul precedente governo si lascia sfuggire: “Renzi di sinistra? Ah sì?”.
(la Repubblica online)