Alcuni eventi fieristici potrebbero restare, almeno fino a dicembre, poi tutto è avvolto nel dubbio più fitto. Col voto della maggioranza di sala Tricolore (Pd e Sel) tranne un orgoglioso Pierluigi Saccardi, memore della sua vicepresidenza provinciale ai tempi di Sonia Masini, si è decretato politicamente la morte delle Fiere reggiane. La morte economica invece aleggiava da tempo sui padiglioni di via Filangieri.
Tra le proteste feroci delle minoranze e il sit-in sugli spalti del consiglio di alcune decine di dipendenti, la soluzione finale per la società pubblica Reggio Emilia Fiere era già scritta; sul suo groppone pesava infatti il maxi-debito da 20 milioni di euro ereditato da Sofiser. Per questo i soci, che avranno l’assemblea il 27 del mese, avevano formalmente chiesto l’atto per una società oggi in concordato preventivo.
In realtà con l’affondamento di Reggio Fiere potrebbero anche aprirsi le porte ad una operazione speculativa di qualche importante investitore privato che difficilmente si lascerà sfuggire l’occasione di acquistare a prezzi di realizzo un complesso diventato molto appetibile grazie alla stazione Mediopadana dell’alta velocità.
Non avere più una vetrina espositiva ai tempi dell’Expo diventa paradossale e ci si chiede se e chi pagherà scelte politiche evidentemente fallimentari. almeno su questo fronte.