Magherini, ancora alla ricerca della verità

Firenze – È lunga la strada che porterà alla verità sulla morte di Riccardo Magherini – deceduto per soffocamento nella notte dello scorso 3 marzo in Borgo San Frediano, con intervento dei carabinieri e del 118. Il dubbio è d’obbligo per un processo tutto da costruire, su cui aleggiano fin dal primo giorno silenzi e dinieghi. “Riccardo non è stato picchiato” è la posizione secca dell’avvocato Arturo Maresca, legale degli indagati dell’Arma, nonostante i file video tuttavia affetti dalle mille imperfezioni di una registrazione in notturna. Eppure il referto autoptico del quarantenne di San Frediano non chiama in causa la morte naturale e dice chiaro e tondo che il decesso è stato atroce. Soffocato, appunto, Magherini è arrivato a Santa Maria Nuova con ematomi vari e una emorragia nella parete caudale del fegato. Non pericoloso, solo vittima di un attacco di panico e alterato dall’assunzione di cocaina, aveva bisogno di aiuto, ed è ciò che nel suo delirante vagare per le strade d’Oltrarno, chiedeva. È questa la certezza del fratello Andrea e del padre Guido, che ieri sera sono tornati al Teatro del Cestello per parlare del tema “Forze dell’ordine e cittadini fragili” e raccontare ancora una volta i fatti della tragica notte di tre mesi fa. La giustizia che la famiglia cerca è la stessa per cui si sta battendo da anni Ilaria Cucchi – presente all’incontro – sorella di Stefano, morto nel 2009 all’ospedale Pertini di Roma – mentre si trovava in regime di custodia cautelare presso il Regina Coeli – in seguito a interrogatori “troppo energici”. È una strada lunga e ripida. Lo testimonia la madre di Federico Aldrovandi o la stessa Ilaria Cucchi, uscita da un primo grado di giudizio con una sentenza che dice che suo fratello è deceduto per negligenza dei medici del Pertini, dove arrivò con ecchimosi, emorragie e fratture alla colonna vertebrale. Fa capolino il grande tema della tortura, reato non contemplato in Italia. “Sconcertante non è che l’Italia non abbia una legge sulla tortura – ha dichiarato l’avvocato della famiglia Magherini, Fabio Anselmo – ma che se ne debba parlare“.

A fatti compiuti, il rischio di stravolgimento della percezione che si ha dell’agente di polizia o del carabiniere come tutore della nostra sicurezza e incolumità è sempre più alto. “Quelli avevano il vestito dei buoni – ha detto Andrea Magherini – e Riccardo, tutti l’hanno testimoniato, appena li ha visti si è inginocchiato, si sentiva al sicuro”. Il resto è agli atti. Le urla, qualcuno che grida “i calci no!!”, il ginocchio sulla gola del ragazzo, poi il massaggio cardiaco effettuato dal medico del 118 con Magherini ancora ammanettato “perché avevano perso la chiave”. Dubbi pesanti restano, interrogativi che pesano sul fratello di Riccardo, Andrea, che parlando dei militari intervenuti dice: “ Se soltanto uno di loro avesse non dico usato umanità, ma fatto soltanto il suo dovere, adesso non saremmo qui e mio fratello non sarebbe in una cella frigorifera. Invece parliamo di gente che durante l’intervento non ha aperto bocca e che si fa chiamare “pistolero”, come fa uno di loro. Ci dicono che Riccardo non è stato percosso e che è morto per droga, ma ci prendono in giro”. Il tossicologo, dottor Mari, ha chiesto di avvalersi di una consulenza tecnica per approfondire questo aspetto. Certo, tutto si aspettava la famiglia Magherini meno che l’esperto del caso nominato dal medico fosse Elisabetta Bertol, sua moglie, né che il pm Luigi Bocciolini concedesse il nulla osta. Eppure, ricorda il padre di Riccardo, Guido, “in un primo momento il dottor Mari aveva firmato un verbale in cui si diceva che mio figlio era morto per tre cause diverse, e tra queste non si parlava di droga. Poi, vista la piega presa dal caso, ci ha ripensato, chiedendo una spalla. Non accettiamo che questa sia proprio la moglie, è un’assurdità”. L’avvocato Maresca ha minacciato querele. “Mi quereli pure – ha chiuso Guido Magherini – anzi non aspetto altro. A Riccardo hanno fatto di tutto, se mi querela ho più possibilità di dimostrarlo”.

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