Maggio musicale, nessun passo avanti: la prima del Fidelio con sciopero

Firenze – Per il Maggio Musicale proprio non c’è pace. Quella che nelle premesse di pochi anni fa doveva essere l’espressione massima del patrimonio lirico-sinfonico di Firenze e dintorni, non arresta il suo avvitamento discendente verso la crisi nera, e a poche ore dalla prima del Fidelio – che andrà in scena in forma di concerto – la Cgil, per bocca di Cristina Pierattini, conferma lo sciopero di stasera e dei giorni di replica. Il motivo, per certi versi, è paradigma stesso dell’unica opera teatrale di Beethoven, dove si narra delle vicende di Florestan, ingiustamente catturato e recluso nella prigione governata dal cattivissimo Don Pizarro e dalle molte peripezie che la moglie della vittima, sotto mentite spoglie e con il nome di Fidelio, tenterà per liberarlo.

Un Maggio-Florestan, questo l’attuale destino della Fondazione presieduta da Dario Nardella, per il quale il sindacato si batte oggi contro la mancanza di garanzie, per i 50 lavoratori in esubero del Teatro, nel passaggio alla Ales Spa, braccio operativo. Nella sostanza, se il passaggio alla società in house del Ministero per i Beni e le Attività Culturali doveva avvenire (questa la premessa, prevista nel decreto Bray e sottoscritta dai sindacati nel gennaio del 2014) senza soluzione di continuità rispetto alle pregresse condizioni contrattuali (e senza che venisse azzerato il passato lavorativo dei dipendenti), si è andati a finire nel passaggio alla messa in mobilità, dunque alla previsione di un rapporto lavorativo ex-novo con differenti livelli retributivi. Da qui la decisione della Cgil di ritirare la firma apposta all’accordo, cui sono seguiti mesi di infruttuosa ricerca di un compromesso soddisfacente, che hanno – al contrario – sollevato il velo su un possibile conflitto d’interessi del tavolo in sede amministrativa.

Perché? Perché Nardella, che qui emerge non tanto come sindaco ma come presidente della Fondazione del Maggio, è non solo il firmatario dell’avvio della procedura di licenziamenti, ma anche presidente della Città Metropolitana, ente dove si svolge il tavolo amministrativo che dovrebbe garantire l’elemento di terzietà previsto dalla legge. “Com’è possibile – si chiede Marco Del Cimmuto Segretario Generale della categoria SLC – che il presidente del soggetto istituzionale preposto a costituire l’ultima fase della procedura sia il medesimo che ha firmato la lettera di licenziamento, seppure sotto un’altra veste?”.

Il bello (si fa per dire) è che la stessa Città Metropolitana aveva denunciato la sovrapposizione dei ruoli, quindi del vizio del tavolo – così impossibilitato a procedere nell’iter – vizio però vagamente smentito lo scorso 20 aprile dall’assessore Gianassi che, in consiglio comunale, aveva riconosciuto come il tavolo presso la Città Metropolitana fosse l’unico possibile, salvo nulla dire in merito a come uscire dal ginepraio del conflitto d’interessi.

tavolo sindacale maggioMa i nodi da sciogliere, che rendono la vicenda complicata e cavillosa, sono più d’uno. Intanto l’incidenza del vizio sulle procedure di reintegro: il lavoratore licenziato dovrebbe iscriversi alle liste di mobilità, cui Ales attingerebbe per la nuova assunzione (peraltro preceduta da prova di idoneità sul livello di inquadramento). L’inghippo, fatto presente dalla Pierattini, sta nel fatto che l’esistenza del vizio precluderebbe la possibilità, per la Città Metropolitana, di procedere a qualsiasi atto sia chiamata, in merito, a fare. “Abbiamo chiesto cosa succederà se la Fondazione dovesse comunque procedere ai licenziamenti, perché la Città Metropolitana non potrebbe, in teoria, iscrivere i lavoratori nelle liste di mobilità, ma la questione ad oggi non è sciolta”.

L’eventuale contratto di lavoro, poi, sarebbe legato alle commissioni, che hanno durata annuale. Al momento non vi sono garanzie circa il futuro dei reintegrati al momento della scadenza della commessa. “Il direttore di Ales ci ha comunicato che non è mai successo che non venissero rinnovate le commesse, ma è pur sempre la prima volta che una fondazione lirico-sinfonica versa in questa situazione e nello stato di aprire una procedura di licenziamento in questi termini”. Poi il lavoro in senso stretto, il cosa fare e dove. “Ales Spa, nel tempo, è diventata il braccio operativo del Ministero e gestisce tutte i servizi relativi ai beni culturali e museali (dallo spolvero nelle biblioteche al servizio di portierato nei musei a tutto ciò che riguarda siti archeologici, aree verdi etc). I lavoratori, con la cessazione del rapporto di lavoro con il Maggio e il passaggio ad Ales, non sono più in costanza di lavoro. Le sedi sono la Biblioteca Nazionale, il Segretariato regionale e gli Uffizi, dove andrebbero a confluire la maggior parte delle posizioni. Anche la retribuzione verrebbe molto colpita”.

 Il cuore dello sciopero sta dunque qui, nella richiesta di spostare la questione ad un tavolo nazionale interministeriale con la presenza di Mibact, che ripristini le condizioni contemplate dal decreto Bray, e in quella di impiegare i 350mila euro annui (percentuale sull’introito dei biglietti di cui aveva parlato Nardella) a favore del Mibact, almeno per mettere al sicuro la Fondazione da possibili ricorsi giudiziari. Già, perché il rischio che si vada avanti con una procedura viziata apre la strada ad un possibile effetto valanga di contenziosi legali (“tanti quanto saranno le lettere di licenziamento, che avranno probabilmente ragione in giudizio”, avverte Del Cimmuto), i cui costi diretti e indiretti potrebbero affossare definitivamente la Fondazione e il Teatro. Vale la pena ricordare che il Maggio è la prima, e ad oggi unica, fondazione lirico sinfonica italiana per la quale sono state avviate le procedure di licenziamento collettivo, il primo caso in assoluto di utilizzo della legge Franceschini, cioè del passaggio ad Ales.

Lo sciopero culminerà il 5 maggio, con un presidio davanti al Ministero. Sul palco del Maggio, intanto, niente prosa, né allestimento di Pier’Alli. Riuscirà Fidelio a liberare Florenstan dalla pastoia dell’incertezza lavorativa o non sarà (come Kubrick volle in “Eyes Wide Shut”) che la parola d’ordine per l’ingresso in una bolla d’assurdità?

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