Firenze – Se Bizet fu, anche a costo di dissidi molto forti con tutti i suoi collaboratori, il più grande sostenitore della bella zingara che preferisce la morte alla rinuncia della sua libertà di donna, ora, a Firenze, al Maggio, la coerenza della scelta della bella gitana viene portata alle sue logiche conseguenze: Carmen non muore, ma resiste ai colpi omicidi di don Josè e lo uccide, salvandosi.
A prendersi la responsabilità del nuovo colpo di scena, che ribalta il finale di Bizet (ma anche della novella di Prosper Mérimée da cui è tratto il libretto) è il regista Leo Muscato, nell’allestimento del Maggio Musicale che debutta il 7 gennaio con altre cinque recite in cartellone a seguire, tutte esaurite.
Il messaggio è senz’altro contro il femminicidio, ma non solo. E’ un messaggio di libertà e uguaglianza, quello che Carmen lancia pagando con la sua vita, dal momento che la società ottocentesca non poteva perdonare simili comportamenti in un personaggio femminile, che diventa forte come uno squillo di tromba nella versione di Muscato, dove la “punizione” senza senso che la gitana subiva (doveva subire) si ribalta, dal momento che, appunto, non c’è proprio nulla da punire.
Il dibattito era sorto la scorsa estate nel teatro fiorentino, innescato dalle parole del soprintendente del Maggio Cristiano Chiarot. “E se questa volta la Carmen non morisse? Perché dobbiamo far applaudire a una donna uccisa con tutto quello che succede?”. Un interrogativo cui Muscato, in piena autonomia, ha trovato una soluzione che lascia anche integri musica e testo. “Porto in scena un Bizet in chiave attuale, non più con una visione ottocentesca della donna”, è il suo commento.