Firenze – Criminalità organizzata, avanza la “variante toscana”. E’ ciò che emerge, rispetto ai fenomeni di riproduzione delle mafie nazionali e transnazionali ella nostra regione, il quinto rapporto, relativo al 2020, su corruzione e criminalità organizzata, realizzato dai ricercatori della Scuola Normale Superiore di Pisa su richiesta della Regione Toscana. La mutazione toscana delle organizzazioni criminali comporta una forte vocazione imprenditoriale e una capacità di investire capitali illecitamente accumulati, sia per riciclarli che per fare impresa, anche se, per quanto riguarda lo scorso anno cui si riferisce il rapporto, non sembrano emergere elementi che facciano ipotizzare un loro radicamento organizzativo.
Chi sembra farla da padrone in Toscana, sui 42 eventi analizzati, è la Camorra cui sono riconducibili il 38% dei casi emersi; a seguire ‘ndrangheta col 29%, e Cosa Nostra col 21%. Il campo di azione è il più vario e spazia dal traffico internazionale di stupefacenti, ai cartelli di imprese creati per manipolare il mercato degli appalti pubblici, settori come la gestione dei rifiuti e, aspetto su cui ancora per quanto riguarda la Toscana poco si sa e su cui pone l’accento da mesi la Fondazione Caponnetto, il mercato delle energie rinnovabili.
Per quanto riguarda le azioni criminali poste in essere nel nostro Paese da organizzazioni transnazionali, al primo posto quelle compiute da albanesi 31%, da cinesi 28% e da nigeriani 18%. Il principale business criminale, in due casi su tre, resta il traffico di stupefacenti, seguito per un caso su quattro dal favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e dai reati di caporalato e tratta (16%).
Il mercato degli stupefacenti ha subito in Toscana un’accelerazione impressionante; nel 2020, con un incremento del 199%, con quasi 3,5 tonnellate la Toscana è stata la seconda regione italiana, dopo la Calabria, per quantitativo di cocaina sequestrata, la quasi totalità nel porto di Livorno. Per quanto riguarda il ruolo del porto di Livorno, nel 2020, il porto labronico ha fatto registrare il picco più alto dei sequestri rispetto agli ultimi dieci anni (kg 3.370,79), secondo soltanto a quello di Gioia Tauro per cocaina sequestrata (D.C.S.A. 2021). Fra i vari tratti critici, rilevante e inquietante è il processo di esternalizzazione in corso da parte degli attori mafiosi che agiscono nel porto, che mirano a coinvolgere operatori portuali o professionisti dell’ambito marittimo, nei traffici di stupefacenti. Secondo la DNA, “il porto di Livorno oggi svolge un ruolo non meno importante dello scalo di Gioia Tauro e di quelli liguri, come luogo di arrivo in Europa e comunque in Italia, degli stupefacenti che arrivano, soprattutto dal Sud-America, o direttamente o dopo il primo approdo europeo in altri Porti, situazione, questa, a cui ricondurre la forte operatività della ‘ndrangheta, in rapporti con gruppi criminali locali d’appoggio”.
L’interesse tipico delle organizzazioni criminali a infiltrarsi nel tessuto economico delle regioni di “conquista”, fa in modo che in Toscana l’interesse specifico delle cosche si rivolga verso investimenti nei settori immobiliare, alberghiero, della ristorazione e delle costruzioni. L’economia sommersa costituisce il grimaldello di penetrazione nel sistema. Le segnalazioni sospette di riciclaggio sono aumentate del 200%, superando le 20.000.
I provvedimenti di interdizione nel mercato dei contratti pubblici sono aumentati del 270% (34 contro i 9 del 2019) collocando la Toscana al terzo posto tra le regioni del Centro nord.
Le operazioni antidroga condotte nel porto di Livorno fanno si che la provincia labronica negli ultimi sette anni è passata dall’8% al 17% di tutte le operazioni eseguite su scala regionale.
La Toscana, con 209 persone oggetto di grave sfruttamento lavorativo (di cui 143 in agricoltura) è la seconda regione italiana per numero di vittime di caporalato, che si registra in particolare nelle province di Prato, Firenze e Pistoia e nel distretto tessile e abbigliamento, oltre che agricoltura costruzioni e commercio. In edilizia si registrano il cosiddetto lavoro grigio (ovvero un sotto inquadramento, sotto dichiarazione delle ore lavorate, elusione contributiva) più che il lavoro nero. Casi di caporalato sono emersi nelle fasce più vulnerabili e in particolare nella comunità egiziana.
I beni confiscati. In Toscana sono in tutto 541, con un incremento nel 2020 dell’11% rispetto all’anno precedente. Il 70% del totale (377) sono in gestione e le province dove sono più numerosi sono quelle di Pistoia (58), Pisa (57) e Prato (55). L’attesa media per avere il bene destinato è di 7 anni dopo la confisca. I beni sono distribuiti nel 26% (71) dei Comuni toscani. Il record spetta a quello di Manciano della Chiana con 41, seguito da Prato con 40 e da Arezzo con 32. Nell’88% dei casi si tratta di beni immobili e nel 12% da aziende, un quarto delle quali è del settore commercio ingrosso dettaglio, seguito da alberghi e ristoranti con il 21%.
I fenomeni corruttivi emersi in Toscana meritano qualche parola in più. Infatti, il 2020 sottolinea un’interessante evoluzione delle pratiche corruttive, in particolare per quanto riguarda le figure di riferimento e attenzione da parte degli autori dei fenomeni corruttivi. Perde peso il vecchio modello Mani Pulite, con al centro la politica come referente per il tentativo di corruzione, mentre il baricentro dell’attenzione e il centro della regolazione si orienta verso dirigenti e
funzionari pubblici e verso una gamma di attori privati: imprenditori, mediatori, faccendieri, professionisti, anche gruppi criminali in qualche modo adiacenti. Sembrerebbe emergere allora il mondo di mezzo, evocato non per niente nel corso delle indagini su Mafia Capitale, comprendente dunque, oltre a espoennti della politica partitica “vecchia maniera”, sempre più figure professionali (avvocati, commercialisti, notai, ingegneri, architetti, medici, ecc.), chiamati a svolgere una funzione centrale all’interno delle reti di corruzione. Si va da “semplici” corruttori, al ruolo di intermediari, garanti, procacciatori d’affari, “facilitatori”, “camera di compensazione” informale di crediti e debiti, fornitori di servizi utili a dissimulare pagamenti illeciti. Accanto agli imprenditori e
ai funzionari/dirigenti pubblici (presenti in 36 casi su 67), in poco meno della metà – 26 su 67 – dei nuovi eventi analizzati nel quinquennio si rileva una
presenza di professionisti. A dominare la scena nel 2020 gli imprenditori sono protagonisti quali attori privati, presenti in 11 casi, in aumento sia in termini assoluti che percentuali. In 2 casi sono presenti liberi professionisti, si dimezzano i casi con la presenza di cittadini, “mentre non sono emerse evidenze di presenze mafiose nei reticoli corruttivi.”.
In accordo con questo cambio di peso, sono le società pubbliche e partecipate la nuova frontiera della corruzione, con abusi di potere da parte dei manager e dei dirigenti. I soggetti politici, assenti nel 2019, nel 2020 compaiono in 6 dei 16 casi considerati, mentre funzionari e dipendenti pubblici figurano in 11 casi. Per 4 dei 16 eventi registrati nel 2020 si può parlare di “corruzione sistemica” per qualificare un salto di qualità nella loro natura e nei reticoli di relazioni. Oltre il 60% degli eventi registrati nell’ultimo quinquennio si basa su scambi occulti e ripetuti nel tempo. L’area più a rischio è quella dei contratti e degli appalti per forniture e per servizi. La pandemia e gli acquisti straordinari hanno reso più vulnerabili questi meccanismi.
Tirando le fila, se i “politici”, come rileva il Rapporto, erano diventati presenze marginali negli eventi di potenziale corruzine nel quadriennio 2016/2019 (apparivano solo in 9 casi, spesso con un ruolo ausiliario o “di sponda” rispetto alle attività di altri attori) ed erano risultati assenti nel 2019, nel 2020 riguadagnano posizioni, essendo presenti in 6 casi sui 16 considerati dal rapporto. Rimangono tuttavia in ruolo dominante i funzionari e dipendenti
pubblici, presenti complessivamente in 11 casi. “Tra le altre figure istituzionali, vi sono 3 casi nei quali sono presenti magistrati, medici, docenti universitari”, puntualizza il Rapporto.
Un altro segnale di un allarmante “salto di qualità” è fornito dai numeri delle persone coinvolte. Nei 5 anni presi in esame dai ricerctori ed analisti, “in 37 casi è presente un numero di attori coinvolti pari o superiore a 5, in 18 dei quali – ben 8 affiorati solo nell’ultimo anno – vi sono più di 10 soggetti, fino a un tetto di quasi 150 soggetti coinvolti”. numeri che, insieme ad altri indizi, fanno parlare, in 4 dei 16 “eventi di corruzione” emersi nel corso del 2020, un quarto del totale, di “corruzione sistemica” per qualificare “un salto di qualità osservabile nella natura dei reticoli di attori coinvolti nella corruzione. Ovvero emergono l’ampiezza dei reticoli di relazioni allacciate, che richiedono la presenza di efficaci meccanismi di regolazione delle loro interazioni – ossia di governance extra-legale degli scambi occulti”.
La tendenza, si sottolinea, “non è la risultante di una moltiplicazione orizzontale di attività e scambi occulti, ma piuttosto il consolidarsi, occasionalmente cementato da strutture verticali di autorità, di una rete estesa e ramificata di relazioni informali o illegali”. Inoltre, il 60% e oltre degli eventi di corruzione nel quinquennio registrano un tipo di corruzione che si fonda su scambi occulti ripetuti nel tempo. Significativa anche la presenza della corruzione sistemica, in cui la ripetizione, l’ammontare più cospicuo di risorse e la gamma più estesa di partecipanti alle relazioni di scambio “ha richiesto la presenza di un collante fiduciario più robusto, in qualche caso determinato dalla semplice aspettativa di una “ripetizione del gioco”, in altri rafforzato anche da elementi reputazionali così come dall’azione di “garanti” capaci di assicurare il rispetto di accordi e “regole non scritte”. In una minoranza di casi (23) sembra invece di trovarsi di fronte a casi di corruzione occasionale.
Degno di nota il fatto che, mentre si registra un decremento del fenomeno corruttivo nelle nomine, raddoppiano i casi di corruzione nel settore degli appalti. Negli ultimi cinque anni, segnala il Rapporto, si registrano ben 27 eventi di corruzione nell’ambito degli appalti: 16 appalti per lavori, 6 appalti per forniture, 5 appalti per servizi. Il tutto sarebbe poi aggravato dalla necessità di accelerazione dei procedimenti in era Covid. Acquisti straordinari, crescita dell’ammontare di risorse e del potere discrezionale del decisore pubblico, insieme al corrispondente scemare della trasparenza e dei controlli creano un terreno fertile all’impianto e crescita dei fenomeni corruttivi.