La relazione della Dia è un must per noi addetti ai lavori e serve pure alle polizie estere. Sulle forme mafiose presenti nella relazione son state scritte già molte cose, e tutte si occupano di estorsioni, droga, riciclaggio, usura, rifiuti et similari, ma su alcune spigolature tanto preoccupanti quanto interessanti è bene soffermarsi.
Per quanto riguarda la mafia siciliana emerge che “la criminalità organizzata siciliana risulterebbe esercitare una ‘capacità attrattiva’ sulle giovani generazioni, coinvolgendo non solo la diretta discendenza delle famiglie mafiose ma, anche e soprattutto, un bacino di utenza più ampio al fine di ampliare la necessaria manovalanza criminale”. In parole povere a una parte della famosa generazione “Z” piace la mafia e probabilmente ne subisce il fascino perverso. Poi per una parte costituisce pure una entrata familiare “con riferimento allo spaccio al minuto, le organizzazioni criminali ricercherebbero manovalanza anche tra i più giovani nelle periferiche e più degradate aree urbane. In taluni quartieri di Catania, ad esempio, tali attività sarebbero considerate anche una sorta di “occupazione” e, quindi, un’occasione di rapido guadagno per molte famiglie (non necessariamente mafiose) disposte anche a coinvolgere i figli minori”. C’è molto da lavorare in proposito.
Per tutte le mafie evolute poi si apre uno scenario tanto inquietante quanto moderno in quanto “il denaro viene movimentato dalla criminalità in forma elettronica, velocemente nei nuovi ambienti digitali, come quello del metaverso dove si scambiano anche oggetti ed opere d’arte NFT (Non Fungible Token). Gli investigatori devono acquisire nuove competenze per essere preparati a queste nuove tecnologie, è imperativo conoscerle, imparare a utilizzarle, soprattutto sviluppare le capacità investigative per intercettare i patrimoni illeciti, per poterli bloccare e sottrarli alla criminalità”. Cybermoneymafia 5.0.
Altro aspetto da seguire con la massima attenzione riguarda un’area centrafricana che oggi è al centro della attenzione geopolitica che piace molto alle narcomafie dove “negli ultimi anni anche l’Africa occidentale è diventata una cruciale base logistica per i narcos: la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana sono stati i primi paesi a finire nel mirino delle organizzazioni criminali, come emerso dall’operazione Kafo III”.
Per quanto riguarda la ‘ndrangheta calabrese emerge una vera e propria alleanza strategica con i cinesi in quanto “la programmata importazione e consegna di consistenti quantitativi di sostanza stupefacente proveniente dalla Spagna e le relative modalità di pagamento che sarebbe stato effettuato, da cittadini cinesi, tramite il noto circuito cd. hawala”. Strategia riciclante difficilmente rintracciabile.
Non di sola droga vivono le mafie ed in particolare la camorra, ma non solo, in alcuni casi diversifica: ” i più recenti esiti investigativi hanno evidenziato inoltre un crescente e diffuso interesse per le attività illecite ad alto profitto e con ridotto rischio giudiziario quali il contrabbando di carburanti, il ricorso alla creazione di c.d. società “cartiere” (fittiziamente costituite per l’approvvigionamento di prodotti petroliferi senza l’applicazione dell’IVA), le frodi fiscali, le truffe assicurative, oltre al controllo delle aste fallimentari e delle procedure di esecuzione immobiliare”. In parole povere soldi facili con pene ridotte.
Per quanto riguarda le mafie straniere “la collocazione geopolitica dell’Italia, da un lato, Paese di frontiera esterna dell’Unione Europea e, dall’altro, baricentro degli scambi intercontinentali di persone e merci, rappresenta un fattore altamente attrattivo per le organizzazioni criminali transnazionali”. Insomma il bel paese piace così come la Unione Europea che apre a nuovi orizzonti criminali.
Nello specifico le forme di criminalità albanesi “si sono rivelate ben organizzate anche a livello internazionale, oltre che capaci d’interloquire direttamente con i cartelli sudamericani”. Sono quindi alla pari coi principali clan italiani. Alla pari a breve lo saranno pure le confraternite nigeriane in quanto bisogna “porre la massima attenzione nel contrasto delle collaborazioni tra la criminalità organizzata nostrana e i cult nigeriani in quanto un eventuale consolidamento di queste relazioni potrebbe segnare ‘un cambio di passo gravido di sciagurate conseguenze’. Le organizzazioni nigeriane si manifestano con le caratteristiche tipiche dei sodalizi autoctoni, quali il capillare controllo di aree territoriali, l’omertà, l’assoggettamento delle vittime ed il rigido vincolo associativo”. E pensare che c’è ancora chi ne nega l’esistenza.
In questo quadro desolante non mancano i clan cinesi e più “precisamente, l’enclave socioeconomica cinese si è evoluta rivelando spiccate capacità nei settori della manifattura tessile e dell’abbigliamento, in quello dei servizi (minimarket, centri estetici, lavanderie/stirerie/sartorie, locali di svago), nella fornitura all’ingrosso per ambulanti e nelle attività commerciali connesse con i settori tecnologici (laboratori di riparazione e rivendite) e con il food”. In parole povere sono ovunque e si stanno prendendo il manifatturiero.
Un accenno ad una criminalità purtroppo attuale non poteva mancare come “quello delle baby gang composte da minorenni o neomaggiorenni stranieri, dedite alla commissione di reati predatori e, in particolare, di rapine in strada”. Un quadro desolante al quale va aggiunta tutta una fenomenologia complessa italiana, mista, narcomafiosa oltre alle gang sudamericane.
In conclusione le spigolature presenti nel rapporto Dia ci mostrano la modernità della mafia che unita alla arcaicità di base, le rendono un fenomeno difficile da contrastare dotato di potenza e di fascino.Solo un forte contrasto basato sul mantenimento e rafforzamento della normativa antimafia unito alla volontà del combatterle sarà utile nel combatterla.