Mafie, i capitali in cerca di ripulitura si fanno “piccoli”

Firenze – Si sovrappongono agli operatori locali, si occultano, inquinano e restano in gran parte indecifrabili. Insomma si fanno piccoli come la maggior parte dell’imprenditoria toscana. Nel sistema economico regionale la mafia tenta ingenti operazioni di ripulitura di capitali sporchi trasformandosi così. E la crisi di questi anni del nostro sistema imprenditoriale probabilmente ha accelerato il processo. Non è un caso ad esempio che proprio il distretto tessile pratese ha visto la confisca del maggior numero di imprese di derivazione mafiosa. La Relazione sulle mafie 2016 della Scuola Normale di Pisa, offre un quadro preoccupante della vulnerabilità del nostro territorio ai fenomeni di criminalità organizzata, che si è evoluta nel tempo. Ingenti proventi di attività illecite si infiltrano nel turismo, nella finanza, commercio, nel settore immobiliare che ancora oggi è il principale canale di riciclaggio delle mafie. I gruppi mafiosi convergono su particolari territori, acquistano in forme poco vistose e si nascondono. Per la prima volta la Relazione analizza in modo sistematico le informazioni dell’ANBSC (Agenzia nazionale dei beni confiscati), offrendo una preziosa e precisa mappatura del fenomeno.

“Pur non essendo un’area a tradizionale presenza mafiosa – spiega il Rapporto -, la Toscana, come ogni altra regione d’Italia, ha ospitato in passato e ancora oggi ospita nei propri territori attività economiche legali e illegali promosse da organizzazioni di stampo mafioso sia tradizionali, ovvero provenienti dalle quattro regioni del paese a tradizionale presenza (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia), che straniere”. La Relazione si muove attraverso l’incrocio di dati, ricostruendo numerosi eventi-spia.

Dei 392 beni censiti dall’ANBSC sul territorio toscano, l’11% è rappresentato da aziende, mentre il rimanente 88% è costituito da beni immobili.

 Paradossalmente, come già sostenuto in alcuni dei rapporti della Direzione Nazionale Antimafia (Distretto di Firenze), le dimensioni più piccole offrono maggiori opportunità di riciclaggio, rispetto alle aziende più strutturate. La maggior parte delle 44 aziende censite dall’ANBSC è costituita da società a responsabilità limitata (77% dei casi), seguite da imprese individuali, società in accomandita semplice e solo in un caso di società per azioni. Sono meno visibili, occultano più facilmente possibili attività illecite e possono violare più facilmente “gli obblighi contributivi e fiscali, come riprovato in molte inchieste avvenute sul territorio toscano”. In particolare sull’area vasta-centro, nei distretti del Pronto-moda pratese.

La distribuzione di queste aziende per settore economico mostra come nel 38% dei casi svolgano attività finanziarie, seguite da commercio (19%), turismo e ristorazione (17%), attività immobiliari (12%). Rispetto alla loro distribuzione sul territorio, invece, Prato è la provincia che ospita il maggior numero di beni (il 38%), seguita da Lucca (26%), Livorno (12%) e Firenze (9%).

 La mappa degli investimenti immobiliari in Toscana invece segue direttrici territoriali diverse. Questo settore, insieme a quello finanziario, “resta il principale canale di investimento e riciclaggio delle mafie storiche”. Su 227 beni immobili sul territorio toscano, quasi il 70% di questi è rappresentato da unità immobiliari ad uso di abitazione, il 18% da terreni, e l’8% da unità immobiliari a destinazione commerciale e industriale.

Rispetto alla loro distribuzione geografica, è la provincia di Arezzo ad avere il maggiore di beni immobili confiscati sul proprio territorio provinciale (con il 20% dei beni immobili totali), seguita da Livorno, Lucca e Pistoia. Si tratta delle province in cui “vi è stata storicamente una maggiore presenza di attori criminali riconducibili alle cinque mafie storiche meridionali, anche se le province di Firenze e Prato più di recente hanno avuto un incremento significativo di misure patrimoniali”. Per alcune categorie di immobili, come i fabbricati e terreni, sono le province di Grosseto e Pistoia ad ospitarne il maggior numero.

La provincia di Lucca, invece, è quella che dispone di più unità immobiliari a fini commerciali e industriali sotto confisca (il 33% sui 18 totali a livello regionale).

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