A margine del convegno organizzato dalla Cgil Toscana ”La vicenda Keu. Fare Comunità contro le mafie in Toscana” che si è tenuto giovedì 22 giugno, abbiamo posto alcune domande al Direttore del Servizio Anticrimine Giuseppe Linares, per riflettere su alcuni punti fondamentali del suo articolato contributo al dibattito.
Direttore Linares, lei ha parlato di sistemi criminali complessi. Può specificare meglio il concetto?
“Nel corso di trent’anni mi sono occupato di sistemi criminali complessi, ovvero sistemi che non si muovono nell’ottica di esercitare la violenza per condizionare il mercato, ma si muovono attraverso un vero e proprio sistema di sinergie corruttive. Il tema dell’infiltrazione nell’imprenditoria è un tema che probabilmente è direttamente proporzionale col tema della captazione del consenso politico. Le vittime, coloro che pagano il prezzo di queste infiltrazioni, infiltrazioni che io chiamo dopaggio, nel sistema imprenditoriale produttivo sono l’utenza sociale, i lavoratori. Da questo punto di vista, fare indagini antimafia somiglia a fare giustizia sociale”.
Come si comporta la dimensione imprenditoriale sotto la pressione dei sistemi mafiosi?
“La dimensione imprenditoriale ha fortemente modificato i sistemi economici in questi ultimi vent’anni, complice il liberismo economico, complici tutti i processi epocali avvenuti, e quindi ha modificato anche l’essenza organica delle mafie. Abbiamo per convenzione sociale accettato, qualcuno anche a denti stretti, una cosa banale, ovvero che le mafie esistono; non era tanto scontato qualche anno fa. Adesso tutti parlano di mafie, tutti parlano di infiltrazioni, ma quando si parla di mafie e impresa, o mafie ed economia, si tira il freno. Ancora oggi, nel 2023, dopo tutto ciò che è successo, e mi riferisco ai dati giudiziari.
Perché dico questo? Perché la dimensione organica, che è l’essenza dei sistemi criminali complessi anche di tipo mafioso, è cambiata nel momento in cui c’è stato un approccio con l’impresa non nell’ottica del profitto, ma in quella del passaggio al controllo delle aziende. Passaggio di prospettiva avvenuto non solo per assicurare il momento economico oltre a quello militare, che era garantito dalla cosiddetta riserva di violenza (vale a dire, le mafie uccidono, come nel folle momento stragista dell’estate del ’93), ma per essere attive anche nel momento in cui, nel tempo, edulcorandosi e mimetizzandosi, cessa questa necessità di violenza e non sono più percepibili. Attraverso il controllo, o il tentativo di controllo del sistema produttivo o di parti del sistema produttivo, le mafie cessano di avere solo un’aspettativa economica, ma diventano istituzione politica, diventano istituzione vocazionale. Questo lo fanno attraverso complessi meccanismi di integrazione differenziale. Sotto il profilo vocazionale, le mafie tradizionali sono quelle che riescono a incidere di più attraverso questo sistema di interazione differenziale, sul corpo economico-sociale. Nel momento in cui nasce un sistema simbiotico tra sistema produttivo , qualunque tipo di sistema produttivo, e le mafie, il sistema produttivo viene inquinato o illecitamente geneticamente modificato nel suo genoma. Ciò comporta che tra sistema produttivo e sistema mafioso nasca un pericoloso problema vocazionale. Se un sistema criminale complesso entra in un ciclo produttivo, finisce per controllarlo. Il controllo si estenderà sulle compagini direttive di quel sistema produttivo, sul sistema gestionale, sui dipendenti, quindi sui lavoratori gestiti da quel sistema, stipendiati dallo stesso, sui fornitori che sono nella rete di quel sistema ecc. Se il controllo si estende all’intero ciclo di quel sistema, controllerà parte del sistema creditizio, dall’accesso al credito, ai mutui, con la possibilità, se sono vicino all’associazione mafiosa, di godere di dilazioni molto più consistenti rispetto all’ordinaria procedura dell’istituto di credito. Stesso meccanismo vale anche per i mutui”.
Questa colonizzazione cosa comporta a livello sociale?
“Intanto, se pezzi del sistema sono stati non solo inquinati, ma anche alterati e se il controllo pervade l’intero ciclo del sistema produttivo, nel sistema Keu ad esempio la lavorazione delle pelli e lo smaltimento dei rifiuti, ma questo può valere per l’intero ciclo dei rifiuti soldi urbani, per l’edilizia, per i cibo, per il turismo, per qualunque tipo di sistema produttivo, se il controllo arriva anche ai dipendenti, e perciò anche alle famiglie di questi dipendenti perché pago gli stipendi ogni mese, cosa controllo alla fine? In ultima analisi, controllo il voto. Quindi, la dimensione cambia, da quella di mero profitto a un cambio di dimensione identitaria. Se il problema è stato chiaro per alcune procure, non per altre e non per alcune polizie giudiziarie per una serie di motivi, che sono storici, complessi e politici, è il problema dell’approccio investigativo con un sistema vocazionale che è stato inteso male. Perché, se c’è un approccio vocazionale che mira al controllo del corpo sociale e di interi pezzi della memoria collettiva di questo corpo alterandola, sostanzialmente il problema diventa quello della captazione del consenso politico”.
Un approccio che cambia le carte in tavola, ma come si concretizza per le aziende “mafiose”?
“Tutto ciò diventa un problema ideologico-politico. Ma quali sono i vantaggi? Il primo, è che questo meccanismo altera il libero mercato, le regole della concorrenza. Il sistema descritto che entra in gioco a volte con riserva di volenza, ma a volte no, e mi riferisco al problema corruttivo, può alterare le regole della libera concorrenza. E su questo apro un inciso. Con la legge Pio La Torre, per la quale il suo autore è morto e che non viene mai ricordato abbastanza, l’Italia si fregia di un sistema antimafia di prevenzione e ablazione, quindi di confisca dei beni , ante delictum, vale a dire si basa sul concetto di pericolosità grazie all’intuizione di Pio La Torre. Si tratta di un sistema che abbiamo solo in Italia ed è oggetto di studio a livello europeo.
La Corte Costituzionale dice che in Italia esiste un sistema criminale che non mira solo al profitto illecito, ma mira al condizionamento del mercato e della libera concorrenza. E per questo ammette una legge così incisiva da consentire al procuratore o al questore, perché Pio La Torre in un sistema di bilanciamento dei poteri attribuì anche a coloro che hanno responsabilità di risultato la possibilità di applicarla, di operare in condizioni preventive sul sequestro dei beni.
Il secondo vantaggio, e qui balza in prima linea il ruolo del sindacato, è che l’impresa mafiosa comprime i diritti retributivi e contributivi dei lavoratori e della loro sicurezza. Non c’è un’impresa gestita da sistemi mafiosi, tradizionali o non tradizionali, che non comprima i diritti dei lavoratori, dal momento che, attraverso tale compressione, si crea una provvista in nero che diventa immediatamente riciclaggio. Esempio, un boss mafioso gestisce la calcestruzzi, paga un assegno o bonifico e poi si fa restituire in nero a volte anche la metà dello stipendio. Lo stesso avviene ad esempio attraverso un sistema di false fatturazioni, reato che nell’accezione comune non si ascrive mai alle mafie essendo un reato considerato quasi minore al pari della corruzione, perché è un reato che non crea allarme sociale, ma qualcosa che viene in qualche modo tollerato se non ammesso dal senso comune.
Il terzo vantaggio è che le imprese che si avvalgano dell’essere all’interno di sistemi criminali complessi possono contare anche su un dopaggio economico, potendo fare investimenti che, in un’azienda che deve fare tutti i mesi un bilanciamento per pagare e rispettare tutti gli stipendi dovuti agli operai mantenendo la loro sicurezza in cantiere, non è possibile fare con quella facilità e con quelle dimensioni. Inoltre, vorrei specificare che un’azienda mafiosa arriva alla provvista in nero sì con i proventi dei classici reati spia (estorsione, usura, traffico di stupefacenti…) ma anche attraverso quelle attività illecite che nell’accezione comune e quindi nell’accezione politica sono tollerate. E qui mi riferisco al quarto vantaggio, ovvero che i sistemi criminali complessi, come nella vicenda Keu, sfruttano situazioni anomiche, vale a dire la carenza di una legislazione che non può essere parcellizzata, che varia da regione a regione mentre le mafie sono nazionali anzi transnazionali, e sfruttano qualunque occasione di spesa pubblica. Le associazioni criminali complesse sfrutteranno ogni occasione che si presenterà all’interno di un circuito produttivo che lascia settori non normati o scarsamente normati o normati in modo parcellizzato. Segnalo che questo è uno dei rischi del decentramento amministrativo in cui si dà mano libera alle regioni su tematiche di importanza nazionale. Dobbiamo capire profondamente prendere consapevolezza che le mafie strutturate sono in grado di inserirsi in quelle zone scarsamente normate dette anomiche che permettono di entrare nel corpo produttivo mutandolo senza riserva di violenza. La messa in pratica della quale, ovviamente, rimane sempre possibile”.
In foto a destra Giuseppe Linares con il segretario Cgil Rossano Rossi.