Firenze – La Toscana non è terra di mafia, ma la mafia ed altre organizzazioni criminali la utilizzano già da un po’ di tempo per riciclare denaro sporco. Anzi, citando il presidente della fondazione Antonino Caponnetto Salvatore Calleri, “La Toscana rischia di essere divorata dalla mafia in silenzio”. La rirpova che qualcosa sfugge, è il sequestro nel senese, avvenuto oggi da parte della Dia di Palermo, di cinque complessi residenziali riconducibili al costruttore palermitano Francesco Zummo. “Francesco Zummo è accusato di essere essere ‘a disposizione’ di Cosa nostra fin dai tempi di Riina e Provenzano per il riciclaggio nel settore edilizio”, come ricorda l’assessore alla legalità della Toscana, Stefano Ciuffo, che si complimenta con Procura e forze dell’ordine per l’operazione.
“La reazione non può che essere di attenzione rispetto un fenomeno che non va sottovalutato e di dire sempre le cose ad alta voce – prosegue Ciuoffo – perché è quello che più disturba la criminalità organizzata. Per questo da quattro anni abbiamo deciso come Regione di affidare la confezione di un rapporto annuale alla Normale di Pisa su criminalità e corruzione. Nelle prossime settimane presenteremo l’ultimo. Occorre essere vigili e condividere quei dati e quelle riflessioni con gli amministratori locali e i cittadini, perché è quello è così che si irrobustiscono gli anticorpi e la cultura della legalità”.
Anticorpi e cultura della legalità che hanno una lunga tradizione in Toscana. C’è l’attività del Centro di documentazione sulla legalità democratica che ha casa all’ultimo piano della presidenza regionale a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, affacciato sul Duomo: lì sono conservati e documenti sulla criminalità organizzata, le inchieste sulle collusioni e le stragi a disposizioni di studiosi, studenti ma anche semplici cittadini. C’è l’attività nelle scuole. Ci sono le iniziative di Libera e Arci, sostenute anche dalla Regione, sulle terre strappate alle mafie in Sicilia e Calabria.
E c’è anche, proprio a Firenze, la sede della Fondazione Antonino Caponnetto, che oltre a un capillare lavoro di ricerca sui segnali delle presenze mafiose in terra di Toscana, offre approfonditi report aggiornati sulla situazione non solo toscana. Una presenza che negli anni ha raccolto un dossier importantissimo, a disposizione di tutti, sulla questione mafie, seguendone lo sviluppo silenzioso. “L’operazione di oggi – dice il presidente Salvatore Calleri – conferma che ai clan siciliani piace investire i propri soldi nella nostra amata Toscana. Oggi con la pandemia dobbiamo aumentare ancora di più la vigilanza e non abbassare la guardia”.
C’è la tenuta di Suvignano in provincia di Siena, bene simbolo di tutte le confische alla criminalità organizzata in Toscana, dal 2018 assegnata alla Regione che ha deciso di farne un’azienda agricola attiva e una casa della legalità, aperta a campi con gli studenti e i giovani e a iniziative con i cittadini. Una seconda vita.
La tenuta, con i suoi 713 ettari al momento della confisca, è il bene più importante fino ad oggi requisito in Toscana e tra i più grandi in Italia. La sua storia giudiziaria inizia con il giudice Giovanni Falcone, che nel 1983 sequestra l’azienda una prima volta all’imprenditore palermitano Vincenzo Piazza, consuocero di Zummo e sospettato di aver rapporti con Cosa Nostra. Il costruttore siciliano ne rientra successivamente in possesso. Tra il 1994 e il 1996 arriva il secondo sequestro, assieme ad un patrimonio di ben duemila miliardi di vecchie lire affidato alla gestione di un amministratore giudiziario. Poi, nel 2007 è arrivata la condanna e la confisca definitiva e nel 2018 l’affidamento alla Regione.
“Suvignano – conclude Ciuoffo – è il buco nero che non ti aspetteresti nella felice Toscana, il volto di una mafia che non è più quella confinata solo in Sicilia ma che fa affari nel mondo e che nella campagna senese aveva investito parte dei suoi guadagni illeciti. Per questo farne un esempio concreto di rinascita civica è importante”. La Regione nei mesi scorsi si è anche mossa per aiutare nel recupero degli immobili altri Comuni che dispongono di beni confiscati, con un bando da 200 mila euro la loro ristrutturazione.