Parigi – Un terremoto, un salto della politica nel buio: così viene visto in Francia l’esito delle elezioni legislative che hanno segnato una sconfitta per il presidente Emmanuel Macron che, a ridosso della sua rielezione all’Eliseo, pensava di poter continuare a disporre, come era avvenuto col primo mandato, di una maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale.
Ma così non è stato, forse perché, secondo alcuni, ha continuato a ignorare i tanti segnali di insofferenza sia nei suoi confronti che in quella di una situazione percepita come sempre più in salita per i ceti più colpiti da perdita di potere d’acquisto, sensi insicurezza e crescente ingiustizia sociale. Temi questi che hanno portato al successo degli schieramenti opposti, l’estrema destra di Marine Le Pen, e l’estrema sinistra riunita dal tribuno Luc Mélenchon.
Con il risultato che Macron si trova ora nella difficile situazione di guidare dall’Eliseo un governo senza maggioranza , che agire dovrà probabilmente cercare altrove voti di supporto. Dove però non è chiaro, dal momento che a poche ore dallo scrutinio, Les republicains, il partito di centro destra che nonostante l’esito disastroso alle presidenziali(0,4%) è riuscito alle legislative a conservare uno schieramento di 61 deputati ha chiaramente fatto sapere che la sua sarà « un’opposizione determinata ».
Se l’ipotesi che Macron non riuscisse a ottenere la maggioranza assoluta di 289 seggi era ormai presa in seria considerazione, nessuno si aspettava però che la coalizione presidenziale « Ensemble » dai 340 deputati della scorsa legislatura scendesse ora a soli 246. A creare la vera sorpresa è stata invece Marine Le Pen che dopo aver perso nel duello con Macron alle presidenziali, è riuscita a portare in parlamento 81 deputati, dagli 8 che aveva in precedenza.
Un risultato che le consente per la prima volta di formare un gruppo parlamentare e di imporsi anche come il primo partito del paese dal momento che sia « Ensemble » che la «Nupes» sono delle coalizioni che raggruppano diversi schieramenti. Il principale partito del paese però è quello dell’astensione che ha sfiorato un nuovo record con un 53,77%.
La sinistra, che grazie all’iniziativa di Melanchon di riunire le diverse sensibilità che da separate erano in grandi difficoltà, diventa invece il principale partito di opposizione, forte di 142 deputati. Nella precedente assemblea « La France insoumise » di Melanchon aveva 17 deputati, pochi ma assai battaglieri come il loro settantenne leader che sull’onda del suo terzo posto alle presidenziali aveva deciso che era l’occasione perché socialisti, verdi e comunisti unissero le forze per far sentire la loro voce.
Al momento solo il premier, Elizabeth Borne, ha reagito indicando che il suo governo si adopererà per trovare « una maggioranza di azione », cioè via via appoggi che le consentano di governare, anche in assenza di un accodo politico con Les Republicains o qualche transfuga di altre sfumature politiche.
Tra tante incertezze sulla possibilità che Macron possa riprendere saldamente il timone del comando, una cosa sembra certa ed è quella che il Parlamento riprenda un posto di primo piano nel gioco politico francese, un ruolo che durante la V repubblica che accorda tanti poteri al presidente é stato spesso da comparsa.