Parigi – Il voto è stato chiaro, la Francia non vuole cambiare l’inquilino dell’Eliseo e così, senza sorprese, Emmanuel Macron succede a sé stesso come capo dello stato. Il giovane presidente ha battuto con un solido 58,54% la candidata di estrema destra Marine Le Pen che aveva già sonoramente sconfitto cinque anni prima. L’esito delle presidenziali era dato per scontato da un pezzo, non tanto per la qualità del bilancio dei primi cinque anni quanto dal forte rigetto della Francia contro una deriva ritenuta pericolosamente liberticida, populista e antieuropea.
Queste elezioni lasciano però amaro in bocca. Perché gli slogan più popolari tra i giovani e non traducevano il malessere di dover scegliere tra « la peste e il colera », un malessere che si è tradotto in un astensionismo record che ha sfiorato il 30% accompagnato da una marea di schede bianche (6,35%) e nulle (2,25%). Tenendo conto di tutti questi dati, Macron è stato rieletto con il 38,5% dei suffragi rispetto al numero degli elettori iscritti, la percentuale più bassa di un presidente eletto nella V repubblica dopo quella di Georges Pompidou. Elezioni che hanno confermato le profonde divisioni esistenti nel paese con i francesi che non si ritrovano più in progetto politico e sociale unitario.
Insomma nei prossimi cinque anni Macron dovrà cercare di ricucire questa spaccatura cui aveva lui stesso contribuito con il suo stile di presidenza percepito come arrogante se non addirittura sprezzante nei confronti della gente. Il popolo di sinistra e non solo non gli aveva mai perdonato il « regalo fatto ai ricchi » all’inizio della sua prima presidenza con la soppressione della patrimoniale . Un errore politico che , secondo un commentatore di Le Monde, è diventato «un errore morale inespiabile ». E` stato lo stesso presidente a fare un mea culpa per non aver saputo mostrare empatia per la grande precarietà di una larga frangia della popolazione : « la mia responsabilità é quella di rispondere con efficacia alle collere che si sono espresse » ha dichiarato dopo la sua vittoria promettendo di « rifondare » i suoi metodi di governo.
Macron dovrà agire presto e bene perché non lo attende uno « stato di grazia ». Prima di tutto perché i tempi sono difficili, con la guerra in Ucraina e previsioni di una congiuntura economica mondiale degradata. E poi, come scrive il quotidiano parigino, perché una maggioranza dei francesi – gli elettori di Marine Le Pen e del candidato di sinistra Jean-Luc Melanchon e gli astensionisti – lo attendono al varco « con lance e forconi ». E sono in molti i commentatori che temono nei prossimi mesi una forte ondata di manifestazioni di scontento, ricordando che al primo voto il voto di protesta ha raggiunto il 60%. A breve dovrebbe tornare in discussione la riforma delle pensioni che dovrebbe allungare di tre anni l’età pensionistica. Un tema sensibilissimo che potrebbe riscaldare gli animi come era avvenuto con un primo progetto poi abbandonato di fronte alle forti opposizioni.
Ora comunque tutte le attenzioni sono rivolte a quello che viene definito « il terzo turno elettorale » e cioè le elezioni legislative che si svolgeranno il 12 e 19 giugno, a ridosso del secondo mandato di Macron che inizierà formalmente il 13 maggio che probabilmente verrà preceduto da un rimpasto governativo. Nei prossimi giorni il primo ministro Jean Castex dovrebbe dare le dimissioni ed già si dice che a succedergli potrebbe essere l’attuale ministro del lavoro Elizabeth Borne, che diventerebbe così la seconda donna a dirigere il governo in Francia dopo Edith Cresson trenta anni fa.
I risultati di questo nuovo appuntamento elettorale sono al momento un’incognita. I partiti tradizionali, come quello socialista o il centro destra dei repubblicani, alle presidenziali hanno ottenuto percentuali così basse da temere per la loro sopravvivenza. Anche i verdi, che pur potevano contare sull’impegno per l’ambiente dei giovani, hanno ottenuto un risultato più che deludente. Non è detto però che alle legislative non decollino nuovamente e tornino ad avere un forte peso in parlamento. Marine Le Pen, battuta ma con un tasso di suffragi superiore del 7% a quello delle precedenti elezioni, ha già annunciato il suo impegno nella grande battaglia delle legislative » e la sua volontà di essere alla testa di un’opposizione forte a battersi per il potere d’acquisto, l’età pensionabile, l’insicurezza e l’immigrazione.
Macron dal canto suo spera di poter contare nella prossima Assemblea nazionale di una coalizione che vada dalla socialdemocrazia ai gollisti passando per i verdi, al rischio però di formare un esecutivo compatto a 360 gradi. L’obiettivo prioritario dovrebbe essere quello di « trasformare una massa di individui in un popolo cosciente di un destino comune », scrive Le Monde chiedendosi se il Macron II riuscirà laddove il Macron I aveva fallito.