Firenze – Firenze e la modernità, o meglio, il senso del processo dinamico del cambiamento inevitabile di Firenze. E’ questo il tema su cui si fondano una serie di proposte dell’urbanista Roberto Budini Gattai, proposte i cui presupposti teorici sono essenziali per avere una visione “altra” del cambiamento inevitabile della città. Una città particolare e delicata, che finora, secondo quanto spiega Budini Gattai, attivista del laboratorio politico PUC, alle ultime elezioni amministrative candidato con Potere al Popolo e membro del Lapei, laboratorio che fa capo al professor Alberto Ziparo, è stata “utilizzata” solo in virtù della sua capacità di produrre “valore” economico, a discapito totale della sua “ricchezza”.
Un punto, questo, che da teorico diventa “terribilmente concreto” in quanto crocevia di due crisi che in realtà, per l’urbanista, sono le due facce di un’unica medaglia: crisi “ecologica” e crisi “sociale”. “La città storica – spiega Budini Gattai – è assunta come dato “naturale”, come tale utilizzata nell’unico senso che un sistema fondato sulla creazione di profitto conosce: la natura è mezzo di creazione di valore (economico, ndr)”. Dunque, la città serve a far soldi, brutalmente. Senza neanche più, spiega ancora Budini Gattai, “quella necessità della borghesia protocapitalistica di creare, insieme al profitto, una rete di valori e rappresentazioni che sostituivano quelli antichi. L’obbiettivo del profitto è stato progressivamente, e totalmente nella fase attuale, l’unico valore fondante di ogni operazione.”
A Firenze, per ogni Grande Opera “inutile, antiecologica e chi più ne ha più ne metta”, commenta l’urbanista, gli amministratori invocano la “modernizzazione, cavallo di battaglia della produzione capitalistica di valore. Per ogni svendita di pregiati edifici pubblici, il bisogno di investimenti (speculativi), di lavoro (alienato). La Civitas, la comunità cittadina, la qualità delle opere, la stabilità economica della popolazione, la dimensione sociale e ambientale non entrano in questa città dei profitti multinazionali”.
Un esempio concreto del meccanismo, dice ancora l’urbanista, è la messa in vendita dell’area delle Officine Grandi riparazioni (OGR) di Porta al Prato. “Una sconfinata somma di ettari e strutture che vengono poste in vendita da Ferrovie, ente privato, a privati, con la prospettiva di fare di una zona posta in una posizione mirabile per la città, un’area residenziale con forte vocazione al lusso. L’operazione non tiene conto, tra l’altro, che l’area stessa è di natura demaniale, e fu concessa dal granduca Leopoldo per la costruzione del servizio pubblico della stazione. Come si concilia questo passaggio giuridico con l’assunzione di titolarità da parte di Ferrovie Italiane, che pone in vendita l’area a privati?”.
Classico caso, secondo Budini Gattai, della distorsione nell’approccio al bene comune “città”, secondo l’unico canale della produzione di valore. Eppure, ricorda, i parchi ferroviari sono stati utilizzati in varie città come luoghi da mettere al servizio della comunità: una comunità quella fiorentina, che ha diverse esigenze inevase.
“Parliamo a questo proposito di ciò che manca alla città – dice l’urbanista – ad esempio, uno spazio per i grandi concerti o appuntamenti culturali all’aperto, che ora vengono tenuti o nelle piazze o nelle Cascine con grande danno delle une e delle altre. Senza dimenticare che le Cascine è il più importante Parco naturalistico cittadino che potrebbe giustamente essere messo a frutto, ma nel senso della “ricchezza”: ad esempio per iniziative sportive leggere, tempo libero, esperienze botaniche diffuse. Ricchezza che va ad accrescere le possibilità di fruizione del bene comune per il cittadino”. Insomma, aggiungiamo, tenendo una linea precisa su ciò che viene considerato essenziale per quella scuola economica che misura la prosperità di un Paese non sul Pil ma sulla “felicità” (concetto scientifico con rigorose modalità di rilevazione) della popolazione.
Al secondo punto, last but not least, “la necessità di una partecipazione di larghi strati della popolazione all’inevitabile cambiamento della città”. Per veicolare questa che potrebbe essere definita una scelta di consapevolezza, una proposta che Budini Gattai lancia (e che farà parte della serie di proposte che l’opposizione di sinistra potrebbe mettere in campo) è quella degli “Stati Generali dell’Ambiente”, vale a dire appuntamenti fissi con la popolazione per fare il punto sulle politiche ambientali cittadine, studiare, formulare proposte e rilanciare azioni da fare subito, a medio e a più lungo periodo.
Insomma, per farla breve, “nella battaglia fra ricchezza (di tutti) e valore (di pochi), è necessario prendere parte”, dice Budini Gattai, in quanto, essendo il cambiamento inevitabile, avverrà comunque lasciando indietro e senza voce i più, che diventeranno “invisibili”. Come? Lo insegna Friday for Future, e Extincion rebellion, conclude l’urbanista: dire la verità, agire subito, coinvolgere il popolo che deve cambiare il mondo. Magari ricordando che il salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio, fu costruito proprio per questo. “Così la città potrebbe emergere da quella vischiosa definizione di smart city che le è stata appiccicata dagli Amministratori”.