Firenze – Il titolo, “Storie di uomini e di fiumi” (Il Mulino), e la struttura narrativa si riferiscono a un genere letterario-saggistico che ha avuto come massimi interpreti fra gli altri Ryszard Kapuściński, Cees Nooteboom e Claudio Magris il cui “Danubio” è un punto di riferimento esplicito dell’opera. Ma il viaggio di Stefano Cammelli lungo le rive del Fiume Azzurro attraversa un paese e una civiltà che si presentano come protagonisti di questi decenni del terzo millennio: la sua meta ultima non è Shanghai e il Mar Cinese Orientale, ma l’identità della Cina di oggi.
Direttore di “Viaggi di Cultura”, organizzazione turistica specializzata in viaggi in Oriente (l’ha fondata il padre Sergio che aprì agli italiani le porte della Cina fin dai tempo della rivoluzione culturale), Cammelli ha costruito negli anni una grande conoscenza del paese asiatico, pubblicando saggi che hanno dato importanti contributi al dibattito inesauribile su quello che per l’Occidente è da sempre un “grande incompreso” e spesso anche “grande frainteso”: “Storia di Pechino e di come divenne capitale della Cina” (Il Mulino 2004) e “Ombre cinesi. Indagine su una cultura che volle farsi nazione” (Einaudi, 2006).
Il racconto del cammino lungo il grande corso d’acqua nella parte meridionale dell’ex impero celeste è un’opera assai più completa perché il Fiume Azzurro, questa la prima intuizione dell’autore, non solo attraversa la storia della Cina di ieri, ma soprattutto è il luogo fisico e metaforico nel quale si concentrano le contraddizioni, le aspirazioni e le angosce di quella di oggi: una dialettica irrisolta fra tradizione e modernità, fra partito e società civile, fra i miti e le epopee storiche e letterarie di ieri e la spinta alla crescita e al benessere.
Profondo conoscitore della storia e della cultura del suo oggetto di studi, per realizzare questo viaggio Cammelli ha compiuto un lungo lavoro di documentazione sulla stampa di partito, sui documenti del Consiglio di stato e sul resto della stampa cinese traendone informazioni, idee e intuizioni su una dinamica politica che è tutta pubblica, come spiega, ma per comprenderla ci vuole molta capacità di penetrazione: “Anche nei momenti più silenziosi nel partito la discussione prosegue ed è sempre pubblica. Ricostruirla richiede tuttavia la capacità di leggere messaggi che sembrano in codice, che si nascondono dietro i pretesti più imprevedibili”, scrive in uno dei capitoli più interessanti dal punto di vista metodologico del volume: “Duanwujie – Sashi, Hubei”, la festa del solstizio d’estate e la sua contestata origine storica.
La tesi centrale del libro parte proprio da questo confronto inesauribile fra l’universo della tradizione, e dunque anche delle diversità degli sterminati territori centro asiatici, e la direzione del partito il cui mandato è quello di spingere questo universo tutt’altro che annientato dalla sviluppo industriale e da logiche turbo capitalistiche sulla via che si ritiene migliore per affrontare problemi immensi come le tuttora esistenti enormi aree di povertà e di arretratezza create da grandi errori compiuti nel passato più o meno recente quando si decise di abbandonare la collettivizzazione delle campagne. Il risultato delle liberalizzazioni di Deng (fine degli anni settanta e inizio anni Ottanta) fu la sottrazione dei mezzi di sussistenza per grandi masse di contadini e l’inizio della migrazione verso le città in dimensioni impossibili da gestire (capitolo “La valle dei meli – Sichuan”).
Non è comunque il taglio economico quello prevalente nel libro di Cammelli. E’ un tipo di analisi che l’autore lascia a Romano Prodi, osservatore competente e privilegiato di ciò che accade in Cina e sul suo futuro. Prodi si aspetta una “Cina che con la sua crescita contribuisce a dare una spinta positiva all’economia mondiale e che mette in atto il suo contributo alla crescita promuovendo il dialogo e la collaborazione con gli altri protagonisti della vita politica mondiale”. Questo è il momento in cui la Cina cerca una sviluppo più equilibrato, migliorando non solo la quantità ma anche la qualità dello sviluppo, “intensificando gli sforzi per promuovere non solo la crescita ma anche le riforme ed una maggiore giustizia sociale”.
Lo sviluppo qualitativo passa attraverso il dialogo permanente fra chi governa, il partito, e il patrimonio della tradizione millenaria dei governati che rimane la fonte prima da cui trarre le ragioni delle scelte. Perché, come emerge con grande lucidità nel racconto di Cammelli, è su questa base che si mantiene l’equilibrio fra il centro e le periferie, fra l’autorità e la società civile. Fra l’energia e la forza del Fiume Azzurro, gigante cieco e distruttivo, e l’uomo figlio di una civiltà millenaria che mette in campo la sua intelligenza per domarlo.
Il libro di Stefano Cammelli sarà al centro del “Confronto sulla Cina” che si svolgerà a Firenze il 15 Dicembre 2016, alle ore 18,00 presso il Gabinetto Vieusseux, Palazzo Strozzi. Partecipano Attilio Massimo Iannucci già Ambasciatore d’Italia presso la Repubblica Popolare Cinese, l’autore Stefano Cammelli storico della Cina. Moderatore il giornalista Piero Meucci.