Firenze – Il 23 marzo 2021 si torna al voto in Israele per la quarta volta in meno di due anni. Dal 1996 lo stato ebraico ha tenuto più elezioni di qualsiasi altra democrazia liberale nel mondo. E in gran parte di questo quarto di secolo di lotta politica il protagonista è stato uno solo Benjamin Netanyahu, detto “Bibi”, ormai primo assoluto nella classifica dei capi di governo più longevi dopo aver superato David Ben Gurion.
Nonostante il clima da fine di una parabola politica, con allegate inchieste giudiziarie e l’insorgere di avversari vecchi e nuovi, non è affatto scontato che Bibi non riesca a tenersi a galla. Del resto in almeno un decennio ha messo in campo una tale capacità di sopravvivenza, una tale abilità, non solo tattica, di guida della barca israeliana che l’esito della consultazione elettorale per l’ennesimo rinnovo della Knesset resta aperto.
L’ultima mossa è stata la campagna di vaccinazione contro la pandemia che lo ha visto vincente sia nell’ approvvigionamento del vaccino che nella sua somministrazione, conquistandosi il 90% del gradimento in questo campo della popolazione. Ma come ha fatto Netanyahu a diventare il re di Gerusalemme “imponendo la propria narrazione, dilagando con i voti ad ogni appuntamento elettorale, confermandosi il signore assoluto della destra”?
Tre attenti osservatori delle vicende di Israele, Enrico Catassi, Alfredo De Girolamo e Daniel Reichel hanno dato alle stampe un libro, “Il signor Netanyahu, Israele, due anni di politica fra elezioni, instabilità e pandemia” (edizioni ETS) che costituisce un indispensabile vademecum per conoscere il personaggio, fare scommesse sul suo destino politico e verificare la sera del 23 marzo se ci ha azzeccato o no.
Basandosi rigorosamente su fatti documentati, su articoli di stampa autorevoli e su una sperimentata conoscenza del Paese, i tre giornalisti presentano un ritratto a tutto tondo del personaggio principale. Ne risulta una cronaca lunga due anni, rapida e incalzante, nello stile dei migliori libri del giornalismo internazionale.
Dal racconto si può percepire quasi una – seppure distaccata e sempre critica – attrazione per un uomo che ha combattuto prima contro il centrosinistra, con l’area centrista e ora impegnato in uno scontro tutto all’interno alla destra: “Una star per molti, peggior incubo per gli altri”: “In mezzo questi due mari, da tempo non c’è più nulla – scrivono i tre autori – Ha saputo portare Israele al tavolo dei grandi della terra e prosciugare così il lago dell’indifferenza, della neutralità, polarizzando gli animi di questa nazione”.
Ce la farà anche stavolta? Gli autori ne dubitano. Il processo a suo carico è un buon argomento in mano ai suoi avversari e lui ha già pensato a chi lasciare il timone, il capo del Mossad Yossi Cohen e l’ambasciatore a Washington Ron Dermer. I consensi sono inevitabilmente in calo e in campo è sceso un nuovo avversario insidioso, Gideon Sa’ar, che ha lasciato il Likud, il partito di Bibi, raggiungendo il campo dell’ultimo dei duellanti della destra Benny Gantz.
L’arrivo del nuovo inquilino della Casa Bianca ha ovviamente investito l’amico di Trump. Intanto però il mondo arabo, pezzo dopo pezzo, sta normalizzando i rapporti diplomatici. L’ultimo è stato il Marocco alla fine del 2020, dopo Emirati Arabi, Bahrein e Sudan. Il quadrante geopolitico è di nuovo in movimento: chissà se, come un grande illusionista del potere Bibi riuscirà ancora a dare scacco matto. “Il mare è il solito mare e Netanyahu è il solito Netanyahu”, ricorda – nelle righe finali del libro – l’ex premier Yitzhak Samir.
Foto: Benjamin Netanyahu