Firenze – C’è un altro grande fiorentino da ricordare e studiare, meno conosciuto perché ebbe fama e successo alla Corte del Re di Francia. Grazie al maestro Federico Maria Sardelli, Giovanni Battista Lulli (alias Jean Baptiste Lully) ha conquistato pubblico e intenditori con un concerto tenuto nella sala Zubin Mehta del Teatro del Maggio, il primo evento dopo la nascita dell’Istituto Giovanni Battista Lulli, fondato il 28 novembre scorso in occasione dei 390 anni dalla nascita del compositore, sempre grazie all’impegno di Sardelli.
“E’ lo strumento che permetterà di tirare fuori dal cassetto le opere di un grande musicista e inserirlo come merita fra i protagonisti della storia della musica”, ha spiegato Sardelli dal podio. In Francia Lulli è studiato ed eseguito, in Italia è relegato al ruolo delle rarità musicali.
Gli intenditori e i raffinati che conoscevano il Te Deum per solisti piccolo e grande coro e orchestra, composto nel 1677 per solennizzare il compleanno di Re Luigi XIV, già sapevano quanto la musica a cavallo fra ‘600 e ‘700 gli deve (uno su tutti, Georg Friedrich Haendel). Affascinante per tutti immergersi nelle sonorità fastosa e festosa e nel tessuto compositivo dell’arte lulliana, eseguite anche con gli strumenti della sua epoca: tiorbe, flauti, trombe barocche, oltre al clavicembalo e all’organo. Sardelli ha fondato nel 1984 l’orchestra barocca “Modo Antiquo” con cui svolge attività concertistica in tutta Europa sia in veste di solista che di direttore nei maggiori festival di musica antica.
Il concerto si è aperto con una “Suite composée à la mémoire immortelle de l’incomparable Monsieur de Lully” per orchestra opera dello stesso Sardelli in prima assoluta. Un omaggio al compositore fiorentino che è una sorta di grande introduzione (ouverture) alla sua arte: “L’omaggio consiste in una mimesi totale con il gusto lulliano, lontana da ogni calco neo-barocco o rivisitazione in chiave contemporanea”, scrive il maestro presentando il concerto.
In programma poi uno dei brani più famosi di Lulli, la Passacaglia dall’opera Armide, uno dei brani più noti del suo tempo per essere riuscito a esprimere i sentimenti contrapposti dell’animo umano operando portando al massimo le soluzioni tecniche che gli permetteva il genere. Successivamente l’orchestra e il coro del Maggio hanno eseguito il petit motet Omnes gentes e il Te Deum, grand motet il cui finale è stato ripetuto in risposta alle richieste di bis di un pubblico caloroso ed entusiasta. “Vi tocca questo”, ha scherzato Sardelli spiegando che il grande impegno per la preparazione del concerto non aveva dato il tempo per studiare un nuovo pezzo.
A tutti è stata chiara la passione che il maestro nutre per l’oggetto della sua ricerca musicale. Come Lulli, ballerino, violinista, compositore, Sardelli è un artista eclettico che si esprime con diverse forme artistiche: flautista, musicologo, pittore, incisore anche scrittore di best- seller. Così lo abbiamo ascoltato a suonare il flauto barocco e, soprattutto, a battere il tempo con la pique, il bastone che usava Lulli per dirigere i suoi musicisti e che fu poi la causa della sua morte: una ferita provocata dalla punta diventata setticemia.
Ottimi i solisti: Elena Bertuzzi, Dessus; Rui Hoshina, Dessus; Emma Alessi Innocenti, Bas-dessus; Aco Bišćević, Haute-contre; Alessio Tosi, Taille; e Mauro Borgioni, Basse.
Nell’immagine: a sinistra Lulli, a destra Sardelli