“L’ordine del tempo”: fisica e cinema prefigurano l’Apocalisse, secondo Cavani

Al Festival Giano la regista ha parlato in diretta del suo ultimo film

Giornata di grande cinema dedicata a Liliana Cavani. Parte col botto la prima giornata del festival Giano a Castelnovo ne’Monti, con due grandi pellicole che narrano del cammino dell’umanità fra conservazione, scienza e consapevolezza. “Galileo”e “L’ordine del tempo”. Due film che in un certo senso sono due tappe dello stesso percorso,ma ambedue mettono in luce la portata rivoluzionaria della scienza nella vita quotidiana delle persone. Sì, perchè se da un lato Galileo è costretto all’abiura della verità, ma la verità si farà comunque strada, dall’altro il “maledetto sasso” che sta per mutare per sempre la storia della Terra conduce al disvelamento delle nostre particolari verità.

Gli spettatori hanno in particolare avuto privilegio di godersi una diretta con Liliana Cavani e, in presenza, di dialogare con un grande sceneggiatore nonché regista, proprio con chi ha lavorato spalla a spalla con Cavani, ovvero Paolo Costella. A condurre il dialogo, il direttore artistico del festival, Fabio Canessa.

Un dialogo a tre, aperto dalla domanda sospesa nell’aria della sala, dopo la proiezione de “L’ordine del tempo”: “Come ti è venuto in mente – dice Canessa a Cavani – di trarre un film da un saggio scientifico di fisica come quello di Carlo Rovelli?”.”sono ispirazioni – risponde la regista – in fondo siamo sempre in guardia, non sappiamo mai cosa può cadere dal cielo”. Ed è questo, il grande tema del film che si costruisce sulla paura atavica dell’umanità circa la sorte collettiva, ipotizzata spesso come un evento ineluttabile che giunge dal cielo (basti pensare all’Apocalisse: “… si apriranno i cieli…”).

Questa volta, però, non è una paura irrazionale, bensì è la prefigurazione fisica, scientifica, della sciagura finale. Non un’invasione di alieni, un’ultima guerra, no, niente di tutto questo, un semplice evento meccanico che conduce l’umanità all’estinzione e la Terra a un altro ciclo. Talmente semplice e spaventoso da rischiare quasi di non essere compreso, se non da chi maneggia la materia. O da chi è già vicino al’ineffabile, come la figura di religiosa alla quale sono affidate le uniche parole di spiegazione emotiva dell’accadimento in essere, una straordinaria Angela Molina.

In un festival dedicato al cinema e alla scienza, il film del 1968 di Cavani, Galileo, proiettato nel pomeriggio, conduce senz’altro a chiedersi come si fa a raccontare la scienza sul grande schermo. “Il cinema può raccontare la scienza a suo modo, col suo linguaggio – dice Cavani – non si può raccontare la scienza con dei calcoli, con dei teoremi matematici, si rischierebbe di annoiare subito il pubblico. Bisogna perciò raccontare, come accaduto con Galileo, l’avventura della vita”. Forse l’atmosfera del ’68 ha influito sul modo di raccontare un Galileo “rivoluzionario”, incalza Canessa.”In realtà – risponde Cavani – la Rai non lo volle trasmettere e lo vendette a Rizzoli poi passò a Mediaset, che ce l’ha ancora nei suoi magazzini, solo che non lo trasmette”. Galileo fa ancora paura? “Forse … ma secondo me è semplicemente che non sanno neanche di averlo”.

Tornando al nuovo film “L’ordine del tempo”, l’idea del film è giunta, spiega Cavani, “perché è il modo di spiegare anche ai profani il problema del tempo, quanto ce n’è, quanto ne rimane, nella vita è così, quanto tempo rimarrà? In fondo, siamo nell’universo e via via che gli anni passano i fisici scoprono cose sempre nuove . Si parla di infinito, una parola che sembra da niente, e si va a toccare qualcosa di quasi incomprensibile. Perciò possiamo dire che man mano che si procede con le scoperte scientifiche, ci troviamo davanti a misteri per cui sembra manchino le parole per esprimerli”.

Un film che è un abbraccio affettuoso, curioso ma anche comprensivo a tutti i personaggi giunti al rendiconto imposto dallo scorrere di un tempo ormai segnato dalla fine, che condurrà qualcuno ad acquisire qualcosa di importante e qualcun altro a perdere e rinunciare per potere guararsi davvero.

Una dolcezza malinconica stringe questo pugno di esistenze, come conferma lo sceneggiatore, Paolo Costella, autore di sceneggiature importanti come quella di “Perfetti sconosciuti”, solo per fare un esempio, suo ultimo film come regista “Vicini di casa”, con Claudio Bisio. “Con Liliana – dice Costella, parlando dell’approccio diverso che lo sceneggiatore tiene con il regista a seconda del temperamento, dell’immaginativa, dell’approccio di quest’ultimo – è solo un piacere sentire i suoi pensieri, dal momento che su ogni cosa riesce ad avere un punto di vista puro, originale, essenziale”. Costella racconta anche il grande lavoro di preparazione che la regista compie, preliminare al lavoro vero e proprio, primo indispensabile passo per questo, ovvero la lettura di mesi sui testi da cui nascerà il film.

Pensiero costante al pubblico, curiosità intellettuale, continua elaborazione per rimettere in cinema il pensiero in forma di storie. Grande applauso finale, mentre aleggiano nella sala alcune parole, che la stessa Cavani ha detto al suo sceneggiatore nel corso delle conversazioni incrociate da cui ha avuto origine il film “L’ordine del tempo” e che sono riportate nel film stesso, ma che sono destinate a riecheggiare dentro ciascuno di noi: “Se il tempo non esiste (uno degli assunti divenuti più popolari del fisico Carlo Rovelli, ndr) allora anche la morte non esiste”. E la “fine” è “solo” un cambio di status?

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