Firenze – Sono già due anni che improvvisamente se ne è andato. Lodovico Grassi è stato uno dei protagonisti della vita culturale, politica ed ecclesiale fiorentina. Idealità e passione culturale gli sono state compagne fin da giovane. Non aveva che ventidue anni quando, insieme al suo maestro Ernesto Balducci, a Mario Gozzini e a Federigo Setti, nel lontano 1958, fu fra i fondatori della rivista «Testimonianze».
Una scelta coraggiosa. In un tempo in cui si alzavano barriere e muri ideologici, «Testimonianze» nacque come strumento della cultura del dialogo. Firenze ebbe la sorte, in un contesto in cui le ideologie e le diverse culture politiche vivevano dentro comparti stagni, di avere in ogni ambito (nel particolarissimo «mondo cattolico» di questa città, ma anche in quello marxista e laico-socialista), personalità e movimenti che curavano il confronto con l’altro e la ricerca di nuovi orizzonti. Non a caso, un’altra storica rivista di Firenze avrebbe scelto «Il ponte» come denominazione della propria testata. Lodovico aveva come modello La Pira (che fu capace, in piena guerra fredda, di portare in S. Croce a Firenze, il sindaco di Mosca e di Pechino, in nome della pace) e il don Milani de L’obbedienza non è più una virtù.
Quello della pace sarebbe stato per lui sempre un tema-principe. Lavorò anche nella Commissione Pace di Palazzo Vecchio quando, negli anni ottanta, fu consigliere comunale. E pace, dialogo fra i popoli, al di là dei Blocchi contrapposti (c’era ancora il Muro di Berlino e la divisione Est-Ovest), disarmo, diritti umani furono i temi caratterizzanti del periodo in cui Lodovico divenne direttore di «Testimonianze» (che prima di lui era stata diretta da Danilo Zolo e Luciano Martini).
Erano gli anni di Reagan, di Breznev, dei missili Cruise, Pershing e SS20. La rivista era animatrice del ciclo di Convegni (a cui accorrevano migliaia di persone da tutta Italia) «Se vuoi la pace prepara la pace» al Palazzo dei Congressi. Convegni che (prima della prolusione di Balducci) erano sempre aperti dall’intervento iniziale di Lodovico Grassi. Insieme, Grassi e Balducci furono anche curatori e autori di un bel libro (pieno di interessanti brani di «pensatori di pace») dal titolo La pace, realismo di un’utopia (Principato ed.).
Fu presentato, ricordo, in una partecipatissima iniziativa aperta da Pietro Ingrao. Al centro della riflessione di Lodovico Grassi sta, in quegli anni, una considerazione. Quella relativa all’«incompatibilità del sistema bellico nucleare (armi, strategia, guerra) con i principi (e valori) fondamentali e le procedure decisionali dei sistemi democratici» (L. Grassi, La democrazia dell’era atomica, Ediz. Cultura della pace, p.67).
Quel libro è stato scritto in un periodo che pure era segnato da passaggi positivi. Come l’accordo fra Reagan e Gorbaciov sugli euromissili. Eppure, l’autore (con accenti quasi kantiani, in nome della trasparenza nei rapporti fra potere e cittadini, oltre che della distensione fra popoli e nazioni) insiste nella radicalità delle sue posizioni.
Di lì a poco il Muro sarebbe crollato e una nuova era si sarebbe aperta. Ma questo non avrebbe né dissipato, né tanto meno eliminato i problemi di fondo legati all’aggressività umana, alle politiche di potenza, ai concretissimi interessi materiali legati al commercio e al possesso delle armi. Erano aspetti che non sfuggivano allo sguardo attento e all’analisi razionale di Un uomo di pace (come era intitolato il Quaderno speciale che la rivista «Testimonianze» nel 2006 aveva dedicato al suo fondatore ed ex direttore per il suo settantesimo compleanno) qual era Lodovico Grassi.
Ai suoi scritti sulla e per la pace, «Testimonianze» e la Fondazione Balducci, con il patrocinio del Comune di Firenze, dedicheranno una giornata di ricordo, di riflessione e di studio non appena ne sarà possibile (per la situazione sanitaria) la realizzazione «in presenza». Sarà un’occasione per riflettere sui temi dell’oggi, oltre che sull’impegno civile e sui temi di un passato, tutto sommato, assai prossimo. Sarà anche un momento in cui ricordare tanti altri aspetti dell’elaborazione culturale e degli interessi di una personalità singolarmente ricca, sfaccettata e complessa.
A Lodovico, se fosse stato ancora fra noi, credo che sarebbe interessato molto il volume che la rivista ha da poco pubblicato, dedicato alle passioni di una pensatrice come Ágnes Heller, teorica dei bisogni dei diritti e dei doveri. Di Heller (amante anche lei della pace, ma critica di tanti aspetti del pacifismo occidentale di allora), con lui avevamo discusso molto negli anni ottanta. In gioco era una cultura di pace che non può mai andare disgiunta dalle libertà civili e dai diritti umani.
Lodovico Grassi lo capiva benissimo. Era aperto al confronto e a vedere la «verità interna» nelle posizioni anche dell’interlocutore critico. Essere fermi nelle proprie posizioni, va bene. Senza essere mai dogmatici, né chiusi, però. In questo, la sua vita, non esente, come quella di ogni essere umano, anche da contraddizioni, è stata però una grande lezione di apertura.
Uomo di profonda fede e di notevolissima erudizione teologica (ricavata in una casa e in una vita traboccanti di libri, letti con avidità e intelligenza), è stato anche un sostenitore esemplare della laicità. La redazione della rivista, durante il periodo della sua direzione, ha registrato (pur nella fedeltà alla sua matrice cristiana) una netta accentuazione, delle sue storiche caratteristiche di laicità e di pluralismo interno. Il suo orizzonte era ampio: spaziava dal rapporto fra fede e laicità, all’attualità politica, alla letteratura, alla filosofia.
Di «Testimonianze», di cui è rimasto comunque, fino alla fine, direttore emerito, ha sempre compulsato ogni pagina, quando uscivano i nuovi numeri. Personalmente, ero sensibile alle sue lodi (sempre sincere) e alle sue critiche, da cui sempre c’era da imparare. Ha collaborato, dando un contribuito qualificato e partecipando anche come curatore, a volumi densi di contenuti come quelli che «Testimonianze» ha dedicato al teologo Dietrich Bonhoeffer (morto in un lager nazista) e a Simone Weil, testimone mistica della storia.
La mistica e la storia erano due assi portanti del pensiero, dello studio, ma anche del vissuto intimo di Lodovico Grassi. E’ in questo ordine di cose che andrebbe cercata anche la chiave e la radice del suo impegno civile. In tempi segnati da una crisi profonda e dalla scarsa capacità di andare al cuore dei problemi, tornare a riflettere su un percorso di vita di questo appassionato cittadino di Firenze e cittadino del mondo sarebbe un atto dovuto e un’occasione per tornare a mettere a fuoco temi che vanno al fondo del senso stesso dell’esistere e del vivere insieme.
Severino Saccardi
Foto: Lodovico Grassi al centro, la moglie Grazia e, a destra Severino Saccardi, in occasione del battesimo del secondo figlio Pietro