Lisbona – ll Summit delle Streghe sta arrivando! Le fattucchiere di tutto il mondo si stanno incontrando a Lisbona per l’Assemblea Generale della Repubblica delle Streghe.
Di Valerio Giovannini abbiamo già avuto modo di vedere e apprezzare le opere esposte nella mostra online di StampToscana. Adesso il giovane artista fiorentino, che si è trasferito a Lisbona da qualche anno, si è cimentato in una nuova impresa realizzando il suo primo lungometraggio: A Republica das Bruxas (La Repubblica delle Streghe) che narra di un summit di fattucchiere e streghe provenienti da tutto il mondo. Riunitesi a Lisbona, dibattono su temi attuali come il cambiamento climatico, il femminismo, il razzismo, la ricerca di progetti realizzabili, per addivenire infine alla conclusione che è ormai giunto il momento di costruire un nuovo paradigma culturale, economico e sociale.
Come ti è venuta l’idea di fare questo film?
L’idea del film è venuta dai miei film precedenti Janela e Cor do Ceu, visibili sul mio sito. Le riprese sono state fatte tra l’Impruneta, il Portogallo e altre zone del mondo.
Quando sarà possibile vedere il film e dove?
Le riprese del film, che si avvale di un cast composto da attori professionisti e non professionisti, termineranno a fine settembre. Subito dopo, con A Republica das Bruxas, parteciperemo a vari festival cinematografici a pagamento. Per poter finanziare questa operazione sarà necessario mettere in atto una raccolta di denaro tramite un nuovo crowdfunding e una piccola donazione individuale che servirà a ottenere la password di accesso al film online. Poi, più o meno dopo un anno dalla sua uscita, l’accesso online al film sarà libero.
Sicuramente, quando il film sarà visibile al pubblico, ci risentiremo per aggiornamenti. Nel frattempo potresti raccontare qualcosa in merito alla tua prolifica attività creativa? Cosa hai messo in cantiere da quando sei a Lisbona?
Con un’amica tedesca abbiamo aperto un atelier nel centro di Lisbona, uno spazio dove lavoriamo e realizziamo eventi di vario tipo, come il recente dibattito sulla Catalunya, arricchito dal contribuito di un ospite catalano. Il nostro atelier è aperto e collaboriamo con altre realtà, su piani diversi e avvalendoci di diverse tecniche espressive .
E il tuo lavoro specifico nell’ambito della pittura?
Da un anno mi sto concentrando soprattutto su pittura e disegno, lavoro su commissione, realizzando quadri ma anche installazioni artistiche in alberghi e in altri spazi cittadini e sono molto soddisfatto di come procedono le cose.
Puoi parlarci del tuo atelier e delle cose che riesci a realizzare?
Come dicevo, con questa amica che progetta e realizza gioielli, abbiamo trovato un nostro spazio, lo abbiamo sistemato e abbiamo fondato il collettivo creativo Base dos Enjenieiros do Caso (Base degli ingegneri del caso), sede di numerosi eventi . Il gruppo si è allargato e adesso siamo più di otto persone, che lavorano in sinergia con l’atelier qui accanto.
Sentirti dire “l’atelier qui accanto” mi fa pensare che si trovi in un quartiere di Lisbona dove esistono altri studi. In quale parte di Lisbona si trova?
Ci troviamo accanto al Parlamento, alla Assembleia da República, Sao Bento e Príncipe Real, Praça das Flores. La cosa è andata così, abbiamo trovato questo spazio su Internet. Si tratta di una casa del ‘700, costruita dopo il terremoto, quindi un po’ vecchia, che il padrone di casa, proprietario di tutto l’isolato, in attesa delle autorizzazioni necessarie per rinnovare, ha messo in sicurezza insieme ad altri ambienti simili che affitta agli artisti ad un prezzo minimo.
Quindi hai trovato un ambiente in cui ti senti a tuo agio, una dimensione in cui ti trovi bene
Sì, diciamo che Lisbona è particolare. In quanto ex capitale di un impero enorme ha mantenuto contatti importanti con Africa, America del Sud e altri territori, trasformandosi in un luogo d’incontro di persone provenienti da tutto il mondo, un luogo dove si respira un’aria decisamente internazionale.
Mentre molte città nel mondo hanno stanziato fondi per attirare creativi, come ho letto in un articolo del giornale The Economist , Lisbona pur non avendo investito un centesimo se li trova tutti qui.
Mi accennavi al ruolo politico dell’arte.
Il nostro gruppo si occupa dell’arte in senso lato. Abbiamo l’idea di unire i vari aspetti artistici come musica, teatro e arti visive all’interno di uno stesso evento. Stiamo pensando a sessioni di cinema, danza, musica dal vivo e cinema mescolando tutto, un Gesamtkunstwerk, come scriveva Wagner, l’opera d’arte totale.
L’arte ha comunque a che vedere con la percezione ma, secondo me, in questo periodo storico la percezione è completamente alienata da quella che è la percezione umana , si vive in una bolla mediatica, anzi ipermediatica che ha che fare con la tecnologia. Secondo me l’arte potrebbe o dovrebbe far sviluppare una sensibilità percettiva, modalità percettive, un po’ assopite in questo mondo tecnologizzato, che hanno una carica di alternativa percorribile, non un’alternativa utopica ma un’alternativa reale di costruzione di rapporti, di relazioni tra le persone, tra le persone e l’ambiente, tra le persone e le cose, le piante, gli animali e tutti i componenti della realtà del mondo, in modo da abitare il mondo con diverso. Si tratta quindi di un fatto essenzialmente politico: a cascata, dalla percezione può venire fuori un discorso sociale, economico e via discorrendo.
Quindi intuisco che questo è il tuo messaggio: ridare all’arte un valore politico e sociale al di là della forma estetica. un valore di contenuti, di messaggio, di forza, di azione.
Ma senza escludere la forma estetica, perché l’estetica, che deriva dal greco aisthesis, ha a che fare con “sensi” , “sensazione” e “sentimento”. Questo elemento percettivo, secondo me, va riconsiderato e va un po’ smontata l’idea che si tratti di un concetto puramente astratto, deve essere riportato al mondo concreto. Riflettiamo su cosa vuol dire oggi vedere un quadro, un oggetto originale invece di un oggetto riprodotto.
Allora soffermiamoci su questo punto
Sull’estetica ho lavorato a lungo. Fino a qualche anno fa un quadro poteva avere un certo significato. Adesso, con la moltiplicazione e diffusione dei dispositivi digitali, ad esempio il telefono cellulare, si produce un’ infinità di immagini molteplici e spesso fini a se stesse. In questo panorama un oggetto che viene fatto a mano è unico, con una sua materialità e con una natura specifica, rispecchia il concetto di essere qui e ora dell’individuo, l’unicità e l’autenticità dell’esperienza esistenziale.
Quindi poni l’accento sul valore dell’unicità
Sì, questo è totalmente opposto a quello di mainstreaming, di globalizzazione in cui ogni spazio del mondo è uguale ad un altro spazio. Ogni persona è uguale all’altra, tutti sono sostituibili, tutto è sullo stesso piano. Secondo me ogni esperienza, ogni momento ha una sua luce, un suo proprio suono, ha un eco che non è uguale a quella di un altro luogo e questo, secondo me, è profondamente rivoluzionario.
Nei miei quadri utilizzo molto l’oro, la foglia d’oro, che è un po’ un riferimento all’aura dell’opera d’arte, di cui parla Walter Benjamin, in polemica con gli spiritualisti che sostenevano l’idea dell’arte fine a se stessa, l’arte per l’arte- Benjamin tra gli anni ’20 e ’30 voleva portare l’arte nella politica, voleva che l’arte diventasse politica, che il cinema servisse a risvegliare le masse. Ora a distanza di più di ottant’anni si vede che il cinema ha piuttosto la funzione di addormentare le masse.
Beh, non sono d’accordo, esiste cinema e cinema, non tutto è operazione di imbonimento.
Ma come? Milioni di persone hanno a che fare con gli stessi brand, con le stesse multinazionali, gli stessi nomi, gli stessi oggetti, prodotti in massa e la loro esperienza diventa uniforme, per masse senza volto, senza storia. Allora bisogna tornare a quella cosa là, a quell’elemento rivoluzionario di unicità, all’idea di un contesto ugualitario, in cui tutti possano permettersi di avere in casa un’opera d’arte originale. A questo punto vorrei dire due parole sul mercato dell’arte: sono profondamente contrario all’artista star, all’iper valutazione delle opere d’arte.
A proposito del mercato dell’arte: spesso gli artisti si rassegnano a lavorare solo per il piacere di farlo. Anche quando vorrebbero poter vivere con i proventi del proprio lavoro artistico. Qual’é la tua esperienza?
Dipende. Penso che si debba considerare un’opera d’artista come il prodotto di un qualsiasi altro lavoro, applicando tariffe adeguate. L’oggetto originale, secondo me, dovrebbe essere alla portata di tutte le tasche, bisogna abbassare le pretese e vendere le opere a un prezzo ragionevole. Come dicevo prima sono contrario alla super valutazione delle opere d’arte.
Aggiungo che, secondo me, le opere devono girare, devono entrare nelle case. Se restano nello studio dell’artista perdono grossa parte del loro significato. L’artista che accumula in studio rinuncia a una parte importante del proprio lavoro, rinuncia alla comunicazione. D’altra parte non esiste solo il problema del guadagno, ma anche quello del recupero delle spese. Un artista che ha lavorato ad un’opera impiegando il proprio tempo e spendendo per il materiale deve poter rientrare almeno nelle spese, dovrebbe essere in grado di guadagnare quel tanto che gli consenta di vivere, senza dover fare altri lavori. In alcuni casi, a complicare le cose, ci si mettono i curatori e i galleristi che sovrastimano le opere: un tanto a metro quadro, in base a tecnica e materiale, senza preoccuparsi di promuoverle adeguatamente. Questo crea illusioni e delusioni infinite perché le opere non sono comunque vendibili a quei prezzi.
A mio avviso, si tratta di un sistema assolutamente folle che rispecchia l’idea che si possa continuare a consumare il patrimonio ambientale, che la terra e le risorse siano inesauribili, mentre non è così. Anche in campo artistico bisogna imparare a ricuperare tutto, anche i materiali di scarto. Quando trovo oggetti di scarto, come una sedia vecchia o altri oggetti abbandonati li trasformo in basi su cui dipingere. Dono loro una nuova vita e li sottraggo allo spreco. Con questo sistema, quando stimo il prezzo di una mia opera, aggiungo al costo dei colori quello delle mie ore di lavoro, che non possono certo essere superiori a quelle di un artigiano o di un operaio.
Valerio c’é una grande onestà in quello che dici. Un’onestà rivoluzionaria, direi.
Chissà forse sono stato ispirato dal Portogallo, dalla rivoluzione dei garofani e da quest’aria che si respira. Intendo dire un’aria culturale molto particolare, legata anche alla storia di questo paese e all’idea di destino che pervade ogni aspetto della vita. Destino che si respira nelle canzoni tradizionali, nel fado.
Ne ho ascoltato uno in uno dei tuoi video .
Sì, è in Janela. Caso e destino, sembrano due posizioni inconciliabili, ma in realtà si parla della stessa cosa. Si parla di quello che succederà, questi due nomi si danno ex post, quando una cosa è successa la si guarda e si formula un giudizio di valore, si dice: “ah, questo è un caso”oppure “quello era destino che succedesse”. In realtà è quello che succederà, “quello che succederà , succederà” si dice in Portogallo e quello che succederà ha molta forza e non si può dire altro.
Ci si trovano riferimenti alla filosofia cinese che è il tao, il divenire delle cose, che ha una sua logica ed è anche il logos greco. A questo divenire delle cose, questo accadere delle cose, l’essere umano si deve adeguare. Ricordo ciò che diceva il mio professore di filosofia orientale in Irlanda: il divenire delle cose è suggerito dall’immagine di un surfista. C’è un’onda che il surfista deve prendere, a cavallo della quale può mantenersi solo se compie piccoli accomodamenti, piccoli movimenti che lo aiutino a mantenersi in bilico. Poi è l’onda che lo porta, è il divenire delle cose che ci porta avanti.
Il tuo professore, secondo te, voleva alludere al flusso della vita?
Sì, ma alludeva anche al flusso dell’universo. Faccio un esempio banale, se la strada che si percorre per arrivare ad un determinato luogo viene distrutta da una cometa, allora sarebbe stato meglio andare da un’altra parte.
Anche gli Etruschi avevano una loro comprensione del mondo e dell’universo quando interpretavano i segnali della natura, al fine di adeguare la vita personale degli individui, della comunità e dello stato, a questo divenire delle cose per essere in un’armonia ideale.
Questo discorso antico lo trovo adatto al mondo contemporaneo, proiettato in una dimensione volta al futuro, una visione diversa e positiva per il mondo contemporaneo e per un domani alternativo alla visione cartesiana, al discorso delle multinazionali, a quello della razionalità, cinica e arida che ci trasmette una volta ancora il modello fordista della produzione in serie, materialista, nel senso deteriore del termine. Perché in fin dei conti la materia che cos’è se non un’onda, i cui elementi ultimi sono quasi immateriali. Quindi si chiude il cerchio. Nel video Janela cercavo di chiudere il cerchio in questi termini, volevo tornare all’idea di tempo circolare, il tempo di riannodare dei fili.
Una conversazione davvero appassionante Valerio. Abbiamo parlato di così tante cose che dovrò cercare di sintetizzare senza perdere i contenuti del tuo discorso. Mi rimane da chiederti se hai un messaggio per i giovani artisti.
Raccomanderei loro di fare rete, di non isolarsi, di iniziare senza avere paura di sporcarsi le mani, di lavorare tanto e di produrre il più possibile e di esporre, ovunque, in bar, caffè, ristoranti, nelle sedi di associazioni, e di non aver paura di mescolare fra loro le arti, di non sentirsi costretti a fare per forza qualcosa di nuovo. A volte mi sembra che l’arte contemporanea si sia fermata agli anni ’60 e che le cose nuove siano le riproposte di quello che è già stato fatto, già detto. Invito i giovani a dipingere, a usare i colori: in un quadro le possibilità di mettere i colori sulla tela sono infiniti, non è vero che la pittura è finita solo perché c’é stato Duchamp che ha detto l’ultima parola. In realtà ha fatto un’operazione anche un po’ scherzosa, di rottura che voleva dire “guardate che tutto può essere arte, anche un orinatoio, ma non è che il mio modo di fare arte è fare orinatoi.”.
Il messaggio che vorrei trasmettere, soprattutto ai giovani, è di credere nel potere rivoluzionario dell’arte.
Quindi, in sintesi, questo è il tuo messaggio: credere nel potere rivoluzionario dell’arte, fare rete e mettersi in discussione. Mi va bene.
E di unire le arti, senza frapporre steccati e etichette: questa è una performance, questa è musica, quella è pittura, quest’altro è teatro, questa è poesia, ecco, piuttosto vederle come forme di espressione che hanno la possibilità di indicare un cammino alternativo, un cammino diverso da quello che ci raccontano. manifestazioni che non sono sacre e intoccabili, bisogna cominciare a parlare di cose più semplici, più basiche, più sostanziali. Arte da vendere, da regalare, da mostrare.
Aggiungo anche due parole sul lavoro su commissione, come già fanno i fotografi quando realizzano servizi fotografici di matrimoni, eventi e via discorrendo. Anche un quadro può ritrarre una persona, un gruppo di persone, può celebrare un evento. Personalmente preferisco lavorare su commissione: è una sfida.
Bello. Quindi Valerio Giovannini regista e pittore. Pittore, ritrattista, anche di matrimoni. Teniamoci in contatto con aggiornamenti sulla Repubblica delle Streghe! A proposito: i lettori che lo desiderano potranno aiutare la realizzazione del film comprando una T-Shirt o un’opera d’arte originale. Per informazioni è possibile contattare Valerio Giovannini:<http://www.witchsummit.com/it/aiuta-il-progetto/>.
Links
Sito ufficiale dell’artista: www.valeriogiovannini.com
Sito dell’Associazione: www.doacaso.com
Trailer:https://www.youtube.com/watch?v=CRS1mvJncMo
Pagina delle streghe:http://www.witchsummit.com/it/le-streghe/
Live Painting Performances: http://www.valeriogiovannini.com/live-painting-performances/
Mostra online: http://www.stamptoscana.it/articolo/gallery/valerio-giovannini-luz-de-lisboa