35 profughi a Livorno, Monni: “4 giorni di mare in più, incomprensibile tortura”

Firenze – Oltre trenta profughi, esattamente 35, tutti uomini, sono sbarcati oggi, mercoledì 3 maggio, al porto di Livorno. A condurli all’accosto 56 della calata Carrara è stata la nave Life Support di Emergency, una delle due navi che già avevano fatto tappa a Livorno nello scorso mese di dicembre per sbarcare altri migranti (l’altra nave fu la Sea Eye 4 dell’omonima organizzazione non governativa, ndr). Come a dicembre, le operazioni sono state coordinate dalla Prefettura di Livorno. Ad accogliere i migranti, anche una delegazione della Regione Toscana, presente tra l’altro con la Protezione civile, che ha collaborato con la Prefettura al pari delle altre Istituzioni del territorio, le forze dell’ordine e il mondo del volontariato.

“Oggi accogliamo 35 migranti. Sono tutti uomini adulti, quindi la situazione è più semplice da gestire rispetto ad altre volte”, ha affermato l’assessora regionale alla Protezione civile, Monia Monni. Che ha aggiunto: “Sono tuttavia, come sempre in questi casi, persone molto provate, psicologicamete e fisicamente, che portano sul corpo e nello spirito i segni delle torture subite nei lager libici. Molti hanno vaste ustioni dovute alla permanenza in barche piccolissime ed a stretto contatto, se non addirittura immersi, nei loro escrementi e nel carburante”. E ancora: “Questi di oggi sono stati costretti a quattro giorni di navigazione in più, il che è stata francamente un’incomprensibile forma di tortura, dal momento che Livorno non è certo il porto di prima accoglienza. Noi, chiaramente, non ci sottraiamo al nostro dovere e mettiamo a disposizione quanto possibile per offrire le migliori soluzioni. Siamo qua per accoglierli, non soltanto nel porto di Livorno ma più in generale in Toscana, che è terra di accoglienza diffusa. Tra l’altro la Toscana basa il proprio modello sull’accoglienza diffusa e per questo stiamo resistendo e non abbiano dato seguito ai provvedimenti del Governo che prevedono di smontare il sistema che abbiamo a favore dei grandi centri di detenzione che si chiamano Cpr (centri di permanenza per i rimpatri, ndr), dove ogni diritto umano viene violato, dove non c’è l’assistenza sanitaria, dove non c’è nulla che possa garantire dignità e sicurezza a queste persone. Noi invece riteniamo che non servono le procedure di emergenza quanto le risorse necessarie per fare in modo che l’accoglienza sia un’accoglienza vera, che consenta a chi arriva di integrarsi e alle comunità che li ricevono di accoglierli in modo civile e dignitoso”.

Questo, invece, il commento dell’assessora regionale alle Politiche sociali, Serena Spinelli: “Prima di tutto va ringraziato il mondo del volontariato, i servizi socio-sanitari territoriali, il Comune e la Prefettura Livorno, le forze dell’ordine, per la grande organizzazione ancora una volta messa in campo e per la grande collaborazione che tutti, nessuno escluso, sempre dimostrano. La Toscana, anche stavolta, risponde all’accoglienza con il suo volto migliore e con umanità. Quello che tuttavia non comprendiamo, che anzi riteniamo essere stato motivo di ulteriori sofferenze, è l’aver imposto alla nave 670 miglia e quattro giorni di navigazione dal luogo del salvataggio”.

La Life Support di Emergency, la cui missione è coordinata da Albert Mayordomo, ha raccolto i profughi sbarcati a Livorno nel cosiddetto Sar maltese, ovvero in acque internazionali a sud di Malta, non distante da Lampedusa. Quello di Livorno non era dunque il porto più vicino. I migranti arrivano da Palestina, Siria e Bangladesh. Erano partiti da Tobruk, in Libia, già da alcuni giorni ed erano senza cibo né acqua quando a fine aprile sono stati raccolti in mare aperto.

Il sistema dell’accoglienza di Livorno, coordinato dalla Prefettura, ha visto impegnati il Comune, la Regione, la Questura ed i Carabinieri, molte associazioni del volontariato e l’azienda Usl Toscana nordovest che è intervenuta con un’equipe di medici e paramedici per effettuare i tamponi ed i primi interventi sanitari.

Sulla banchina 56, con il prefetto di Livorno, Paolo D’Attilio, c’erano anche il sindaco di Livorno, Luca Salvetti, con l’assessora comunale al Porto, Barbara Bonciani, il consigliere regionale Francesco Gazzetti, i massimi esponenti della Questura, della Polizia municipale e provinciale, nonché il personale della Protezione civile regionale e comunale, volontari ed operatori socio-sanitari.

 

 

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