L’Italia a ristorante verso il punto di non ritorno

La resistenza di Berlusconi, la crisi di credibilità, il mercato che ci volta le spalle: il Paese, suo malgrado al centro della scena internazionale, è a un passo dal baratro

Alessandro Pala

Nonostante i ristoranti sempre pieni, il Bel Paese si avvicina con balzi da canguro a quello che da molti analisti è stimato come il punto di non ritorno. Lo spread ha raggiunto ormai i 500 punti base ed i rendimenti dei Btp decennali hanno toccato il 6.66%. Ormai mancano una manciata di punti (e probabilmente una manciata di giorni) al fatidico 7%, livello oltre al quale il mercato inizia a rivolgerti le spalle, non ritenendo i tuoi titoli di Stato sicuri. Ovviamente la cifra è estremamente indicativa, e nel passato (vedasi crisi del 1992), i rendimenti dei titoli di Stato italiani garantivano rendimenti ben superiori al 7%. La situazione però, rispetto ad allora è totalmente diversa.

Innanzitutto è doveroso sottolineare come in realtà i mercati ci abbiano già voltato le spalle da un bel pezzo e sul mercato secondario ormai è rimasta solo la Bce a comprare i nostri titoli. Il resto del mondo (comprese le banche europee) non solo non li compra, ma li vende a mani basse. La crisi di credibilità della politica italiana è ormai evidente in tutto il mondo ed il Presidente del Consiglio continua ad arroccarsi dietro trincee fatte di fantomatiche maggioranze, patti o accordi sotto banco che poco vengono digeriti da chi potrebbe pensare di investire in Italia.  Le dimissioni sarebbero un segno di un barlume di decenza che lascerebbero nell’epilogo almeno un tenue ricordo di un atto a beneficio del paese.

Nonostante le resistenze del premier, è ormai evidente che questo governo ha al massimo le settimane contate. La maggior parte degli analisti concorda sul fatto che lo scenario migliore per il post-Berlusconi sia quello di un governo di unità nazionale presieduto da un tecnico che abbia l’interesse (o meglio il disinteresse) di fare le riforme impopolari necessarie per la sopravvivenza di questo paese. Il nome piu papabile è sicuramente quello di Mario Monti.

Ovviamente più passano i giorni, più la situazione diventa drammatica.

Ma torniamo al precedente del 1992 quando l’Italia andò realmente vicino al baratro del default. In quell’occasione, in nostro Paese (oltre ad un governo tecnico che si è dimostrato capace di fare riforme assai impopolari) aveva dalla sua un’arma fondamentale: il controllo della propria moneta. La Banca d’Italia aveva la possiblità di stampare moneta teoricamente anche all’infinito (ovviamente questo comporta effetti negativi) in modo da garantire il pagamento verso i creditori dei nostri titoli di Stato. In questa maniera, un creditore X ha la certezza (o quasi) che il suo credito verrà rimborsato a scadenza.  Nello scenario attuale questo non può succedere dato che la Banca d’Italia non può piu stampare moneta. Potrebbe in teoria farlo la Bce, ma al momento non è nei trattati, per cui l’Italia come Stato sovrano non può controllare la propria politica monetaria.  Ecco spiegata questa anomalia monetaria unica al mondo che causa un elevato rischio di illiquidità e di insolvenza di alcuni stati sovrani (Italia, Spagna etc.) i cui conti son sicuramente da sistemare ma sono in molti frangenti in condizioni migliori ad esempio di quelli del Regno Unito. La differenza sta nel fatto che la Banca d’Inghilterra ha il controllo della propria moneta e può decidere di optare per soluzioni espansive, ossia immissione di moneta nel sistema, in modo da garantire liquidità sufficiente (cosa che ha fatto nel 2010).

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