“Ho una notizia importante” annuncia il sindaco Graziano Delrio sul suo profilo Facebook: “La Stato italiano ha in realtà già dal precedente governo abbassato le tasse. A chi? Non ai lavoratori dipendenti, alle famiglie numerose o all’ imprenditore che assume giovani. No, le tasse le hanno ridotte all’industria del gioco d’azzardo. Dal 2000 ad oggi la spesa nel gioco d’azzardo è aumentata da 14 a quasi 99 miliardi. L’ incasso per lo stato e’ passato dal 30% dei ricavi nel 2000 (4,2 mld) a meno del 10% nel 2012 (8 mld). Una riduzione fiscale di oltre il 60 % per una industria che produce oltre 800 mila casi di dipendenza patologica e oltre due milioni di persone a rischio. E che colpisce soprattutto i più fragili, perché paradossalmente nel gioco spende di piú chi ha un reddito basso e i giovani. Riportare la tassazione almeno al 20% comporterebbe un’incasso di almeno altro 8 miliardi con i quali potremmo compensare i tagli ai Comuni, ai non autosufficienti e a tutti gli esodati”. Così il Comune dichiara guerra ai videopoker: tra le novità del Regolamento Urbanistico Edilizio approvate dal consiglio comunale c’è una norma che di fatto relega sale bingo, sale slot e con video lottery lontano dal centro abitato.
Non ha torto il sindaco Delrio a lanciare l’allarme sulle cosiddette ludopatie: si calcola per difetto che in Italia ci siano un milione e mezzo di malati di gioco, in costante aumento. Ma il problema non lo risolveranno né le modifiche al Regolamento Urbanistico né le restrizioni all’acqua di rose inserite nel decreto Sanità del ministro Balduzzi. Sarebbe invece molto utile lasciare da parte le ipocrisie e dire la verità.
Le strade sono due:
1) lo Stato decide che il gioco d’azzardo è dannoso per la morale e i patrimoni: chiude i quattro casinò presenti sul territorio nazionale, la fa finita con lotterie e gratta e vinci, vieta le slot machine in tutti i locali pubblici.
2) lo Stato regolamenta il gioco d’azzardo, pone dei limiti precisi ma apre alla concorrenza, come avviene in gran parte dei Paesi europei.
In Italia come stanno le cose? Lo Stato gestisce i giochi in regime di monopolio e a partire dalla deregolamentazione del 1993 ha portato slot machines e gratta e vinci ovunque. Risultato: l’Italia è diventato il più grande mercato del gioco d’azzardo in Europa e uno dei più grandi al mondo. Anche la pensionata che non aveva mai messo piede in un casinò ha iniziato a giocare al bar, un meccanismo che in un decennio ha creato svariati milioni di nuovi malati. E’ evidente che lo Stato biscazziere non rinuncerà mai ai 90 miliardi di euro annui della raccolta dei giochi, circa il 5 per cento del Prodotto Interno Lordo nazionale. Le nuove restrizioni sono uno specchietto per le allodole, in modo da non affrontare il problema e continuare a fare cassa.
Nel frattempo i quattro casinò italiani (tutti in mano pubblica) stanno morendo di cattiva gestione. Il casinò di Venezia, uno dei più antichi d’Europa, è l’emblema del declino. Colpa dell’ipocrisia e dell’incompetenza della politica. Gli italiani preferiscono varcare il confine e andare in Slovenia dove trovano servizi di qualità, alberghi a prezzi ragionevoli, strutture moderne. Come dargli torto?