Ligozzi a Pitti: pittore più grande della sua fama

di Annamaria Piccinini La grande mostra in corso a Palazzo Pitti “Jacopo Ligozzi. Pittore universalissimo”, a cura di Alessandro Cecchi e colleghi, fa il punto su un pittore noto soprattutto per le sue tavole naturalistiche: coloratissimi disegni di piante e animali conservati per la maggior parte al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, ampiamente riprodotti e divulgati fino ai nostri giorni. Si tratta di una produzione quanto mai accattivante per la fantasia, l’estrosità e, insieme, la grande precisione che si manifesta, oltre che nelle riproduzioni botaniche e faunistiche, nella copiosissima produzione di  disegni per abiti, arredi  e ’trionfi’, in occasione di feste pubbliche e private, su commissione medicea, essendo stato il Ligozzi (Verona 1447- Firenze 1527) per lunghi anni ‘pensionato’ della Corte e artista preferito del Granduca  Francesco. A tali specialismi  vanno aggiunti i disegni e i modelli per le tavole in commesso di pietre dure, realizzate dai grandi artefici dell’Opificio granducale, Cristofano  Gaffurri  in testa, per piani di tavoli e scrittoi , di cui, esempio insuperato, il preziosissimo piano di tavolo con la raffigurazione del “Porto di Livorno” (1600),  appena fondato. Ma mentre queste e numerose altre opere del Ligozzi sono parte dell’ampia raccolta del museo dell’Opificio e del Gabinetto stampe,  e sono quindi in qualche misura  fruibili, la sorpresa e la vera scoperta per il pubblico non specializzato sono i grandi quadri del Pittore, sparsi in varie chiese, in prevalenza fiorentine e del territorio , quasi tutti di soggetto religioso o comunque legati alla devozione e alla  meditazione del genere “memento mori. Bisogna ammettere che è difficile per un visitatore occasionale osservare con attenzione, nella penombra delle chiese, certi grandi quadri, magari di sicura qualità come quelli del Ligozzi, ma oscurati dal tempo, spesso accostati ad altri di minor pregio. Possiamo citare, ad esempio, la grande tela di “San Francesco e Girolamo in adorazione della Croce, ritrovata nella Sagrestia  di S. Andrea in Percussina, annerita e dimenticata, oggi restaurata  e riportata ai  suoi luminosi colori. Anche la grande “Pietà” della SS. Annunziata era stata confusamente attribuita a vari artisti prima di essere stata attribuita al Nostro. Altro tema in cui Ligozzi eccelse e per cui fu, al  suo tempo di Controriforma cattolica, assai noto e ricercato, furono le opere – spesso incisioni – che trattano il tema della morte in chiave macabra, e che si trovano in molte collezioni straniere, pubbliche e private. Sembra che l’artista  fosse uomo di carattere difficile e ombroso ,  legato a una religiosità non priva di terrori  per l’aldilà  e le colpe da scontare. Così si spiegano, forse, i dipinti e le incisioni di orrendi  teschi e rappresentazioni sarcastiche delle glorie e vanità umane, tipo la “Lussuria”, “ L’avarizia “ o simili , in cui il pittore riusa le  sue conoscenze di animali e mostri per turbare e  indurre alla meditazione. Insomma una mostra , questa , che può incuriosire per infinite e differenti tematiche, dalla rappresentazione mirabile  delle bellezze (e stranezze) della natura, alla religiosità più inquietante.

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