Firenze – Covid, il prossimo impatto sull’economia nazionale ha due date precise: marzo e giugno. Il primo appuntamento, quello dello sblocco dei licenziamenti, preoccupa molto tutto il mondo economico italiano, dagli imprenditori ai lavoratori. Abbiamo interpellato sul tema Maurizio Brotini, della segreteria regionale della Cgil toscana.
La questione dello sblocco dei licenziamenti a marzo preoccupa l’intero mondo economico e politico italiano. Avete già idea di cosa vi aspetta? Avete delle proiezioni che possano dare corpo e numeri, sebbene ovviamente teorici, alla questione?
La mancata proroga del blocco dei licenziamenti ed aggiungo degli sfratti in mancanza di misure immediate di sostegno al reddito ed universalizzazione degli ammortizzatori sociali ci consegnerà una vera e propria emergenza sociale. Già adesso il mancato rinnovo dei contratti a termine ha comportato la perdita di almeno ottocentomila occupati, lo sblocco dei licenziamenti si ipotizza possa arrivare a più di un milione e duecentomila persone in carne ed ossa senza lavoro. A questi bisogna aggiungere coloro che lavoravano stagionalmente e che non sono stati chiamati e tutti coloro che sopravvivevano nel lavoro grigio, nero ed informale. Se a questo aggiungiamo il rischio della mancata proroga degli sfratti in assenza di misure urgenti e radicali di sostegno la miscela sarà esplosiva. Anzi, potrebbe essere pur peggio, il ripiegarsi in una forma di passiva e rancorosa accettazione dell’esistente che non promette nulla di buono sul piano stesso della tenuta democratica.
Quale potrebbe essere l’impatto, a vostro avviso, sul welfare (o su ciò che ne rimane) della valanga sociale in arrivo?
Il welfare va potenziato e reso effettivamente universalistico, ampliando i limiti della sua impronta lavoristica. Rivendicando sempre il diritto al lavoro secondo il dettato costituzionale, bisogna non far coincidere welfare e lavoro. Perché tutti hanno diritto al soddisfacimento di elementari e decisivi bisogni come casa, istruzione, salute e mobilità e perché, inoltre e soprattutto, la disoccupazione non è una colpa individuale ma la risultante di mancate politiche che creino posti di lavoro, a partire dall’ampliare la nostra pubblica amministrazione alla creazione diretta dello Stato di buona ed ambientalmente sostenibile occupazione. Le straordinarie risorse che dal Jobs Act di Renzi a quelle del Governo Conte hanno affidato senza condizioni al sistema delle imprese quanta occupazione hanno prodotto? Assieme alla universalizzazione degli ammortizzatori sociali bisogna istituire un reddito di base universale.
Come pensate si possa arginare la ricaduta sul lavoro, sullo stato, sugli enti locali?
Intanto ampliando i trasferimenti al sistema delle autonomie locali. Si è parlato molto ed a sproposito di federalismo, autonomie differenziate ma si è tagliato in maniera insostenibile le risorse a comuni e regione, senza parlare delle provincie. Assieme alle misure precedentemente descritte per reggere la prima fase occorre ricostruire una presenza dello Stato e delle autonomie locali nell’economia: rilancio dei consumi e del mercato interno vanno di pari passo col ripristino dell’economia mista. Come è in Francia e soprattutto in Germania, dove i Lend siedono perché sono proprietari dei consigni d’amministrazione delle imprese, a partire da quella dell’auto ed esistono sempre le grandi banche pubbliche per investimenti diretti ed esclusivi al sistema industriale. Si torni dunque a fare politiche industriali, decidendo magari collettivamente cosa sia utile produrre.
Cosa pensate (o proponete) possa fare l’eventuale ma sempre più vicino governo Draghi, dopo le caute aperture di Landini?
Sul Governo Draghi confesso un mio minore entusiasmo, comunque sia è necessario riproporre e ribadire tutte le richieste che abbiamo avanzato come Cgil ed unitariamente al governo Conte. Non sia chi vive del proprio lavoro a pagare come sempre la crisi, si avvii la transizione ecologica dell’economia, si vincolino gli investimenti alla creazione di buona occupazione. Si ricuciano le diseguaglianze sociali e territoriali.
E’ per voi credibile-accettabile la cancellazione in questi frangenti del reddito di cittadinanza?
Assolutamente no, così come quota 100 non va superata da destra ma resa flessibile in modo da dare risposta ad una platea più ampia di quella attuale.
Potrebbe diventare un punto d’avvio per politiche di sostegno al lavoro e alla casa, magari assorbendo tutte le varie misure che formano i cosiddetti paracaduti sociali?
Bisogna prestare accortezza mantenendo un doppio ed intrecciato canale: quello da perdita di lavoro al quale coopartecipano anche le imprese con proprie risorse e quello da assenza di lavoro a carico della fiscalità generale. Unificarli fa correre il rischio di assolvere le imprese da mettere risorse e caricare tutto sulla fiscalità generale, che in assenza di incisive misure di lotta alla rendita finanziaria ed immobiliare grava già troppo sul lavoro dipendente ed i pensionati. Anche gli stessi profitti d’impresa andrebbero tassati maggiormente alla fonte.. La casa è un tema a mia avviso centrale nel rilancio del welfare pubblico e dell’emancipazione del lavoro povero. Si ricominciasse ad ampliare il patrimonio dell’edilizia residenziale pubblica, le case popolari, sarebbe cosa buona e giusta.