Libri: Balducci, Turoldo, Milani grandi figure dell’umanesimo cristiano

Firenze – David Maria Turoldo, il poeta; Ernesto Balducci, il pensatore; Lorenzo Milani, il maestro. Sono le grandi figure dell’umanesimo cristiano che si manifestò a Firenze nei primi due decenni del secondo dopoguerra, quando la Città del fiore divenne il punto di riferimento per tutti coloro che cercavano una religiosità più aderente al messaggio evangelico.

A 50 anni dalla morte di don Milani, anniversario che ha segnato il pieno riconoscimento dell’opera e del pensiero del prete di Barbiana da parte del Papa Francesco, la rivista Testimonianze ha dedicato un volume speciale a questa triade di uomini di fede che hanno lasciato un’eredità di pensieri, intuizioni  e insegnamenti  che restano  un patrimonio importante non solo per i credenti, ma anche per la crescita della società italiana.

Se si esclude il fatto che insieme parteciparono da protagonisti alla stagione fiorentina della “germinazione”, come la definì Giorgio La Pira, restando in stretto contatto fra di loro grazie anche alla componente laica di quella stagione (Gian Paolo Meucci, Mario Gozzini fra gli altri), i tre personaggi furono forti personalità dal carattere e dalle scelte completamente diversi .

Diversità che loro stessi sottolineavano nelle lettere e negli scritti. Turoldo parlava di santità  “implacabile e incandescente, da ultimi tempi” di Milani; Balducci definì Turoldo “un grande fanciullo dalla qualità evangelica primordiale” e vide un “eccesso di immediatezza” nelle critiche milaniane alle istituzioni, che non tenevano conto della necessità della mediazione politica. E d’altra parte l’autore delle Esperienze pastorali “ha sempre visto con una certa perplessità il gruppo di intellettuali di cui Balducci era la figura più rappresentativa”, come scrive Andrea Cecconi nel ricco quaderno di Testimonianze (35 contributi per 224 pagine)

 

testimonianze bald

Gli interventi mettono in evidenza che queste diversità trovavano lo stesso punto di caduta nella centralità del Vangelo e dell’uomo, nella fede profonda e nella ricerca delle ragioni della giustizia e della pace: venivano da contesti culturali e ambientali diversi e seguirono percorsi diversi.

Quella di Turoldo era una povera famiglia di contadini friulani, da lui raccontata nel film Gli Ultimi, un’opera “amata solo dai poeti” che dovrebbe essere riproposta per la forza di immagini e di poesia che riesce a trasmettere (Stefano Beccastrini).

Balducci “si era formato nei silenzi, nella povertà di Santa Fiora e del Monte Amiata a cospetto della durezza del mestiere dei minatori” (Vannino Chiti e Lucio Niccolai), mentre Milani proveniva dall’alta borghesia intellettuale di origini ebraiche per parte di madre. Il frate servita aveva partecipato direttamente alla Resistenza con il suo grande amico e confratello Camillo De Piaz, il padre scolopio ne era stato segnato, testimone della ferocia nazi-fascista. Il curato di Calenzano  aveva provato il peso delle persecuzioni nel rischio costante che pendeva sulla sua famiglia. Per i primi due il percorso verso la libertà interiore e le conseguenti scelte cruciali fu segnato dalle esperienze giovanili e la vocazione religiosa,  il terzo aveva goduto fin da piccolo del sostegno di un’educazione basata sull’autoconsapevolezza e la crescita intellettuale.

“Don Milani sapeva bene che.. l’esercizio della libertà è innanzitutto un esercizio di liberazione.. la devi esercitare conquistando l’autonomia, cioè dando a te stesso la legge del tuo operare”, dice Sergio Givone nella bella intervista con il direttore di Testimonianze Severino Saccardi che apre il volume.

Si incontrano dunque a Firenze durante quegli anni di fermento creativo che spingeva verso un nuovo modo di vivere la fede cristiana al di là delle ingessature dogmatiche, delle sottili distinzioni sulle quali prosperano potere e gerarchie: “La Chiesa deve di per sé essere sempre profetica – sono parole di Padre David – altrimenti è un cadavere senza vita, al massimo è un’istituzione dea le altre, ma non può essere la Chiesa di Cristo e del vangelo” (citato da Pierluigi Di Piazza).

Nell’assumere la difesa dei deboli, superando fazioni, ideologie, le contrapposizioni della guerra fredda come il conflitto di classe,  divennero dunque, a seconda delle parti, degli interessi e delle ideologie, “preti rossi”, “dissenso cattolico”, “preti scomodi”, “pericolosi concorrenti del movimento operaio” etc. Si trovavano cioè  in una sorta di terra di nessuno fra i diversi fronti ma non scesero mai a patti con le loro convinzioni e la missione che si erano dati e  non furono mai “disobbedienti”, non vennero mai meno alla fedeltà verso la Chiesa – una parte della quale sicuramente avrebbe preferito che se ne andassero – accettandone emarginazioni e condanne. David fu allontanato da Milano e mandato in giro per il mondo dopo il fecondo esilio fiorentino; anche Balducci fu costretto a girare e tenuto sotto pressione dal Sant’Uffizio, fu anche condannato per la sua battaglia a favore dell’obiezione di coscienza; Milani prete secolare, dunque non protetto da un ordine religioso, fu confinato in montagna in una parrocchia di 720 anime.

Anche per questa fedeltà generosa restano un modello universale ed è giusto vederli coerenti, nelle loro diversità, come tre categorie dello spirito che disegnano il nuovo umanesimo cristiano.

Turoldo ha avuto la sua completa riabilitazione ecclesiastica grazie al cardinale Martini:  “Poeta, profeta disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini”, disse celebrando il suo funerale. Per Milani si è mosso il Papa a tagliar corto con le polemiche e i giudizi di parte: “La Chiesa riconosce in quella via un modo esemplare di servire il Vangelo”, ha detto Francesco.

E Balducci? E’ un “profeta sconfitto” secondo la definizione di Pietro Ingrao?  Negli ultimi saggi il padre scolopio “predicava l’estinzione di ogni chiesa e di ogni religione e la loro rinascita in una fede universale capace di professare il riconoscimento di un dio nascosto e la liberazione di una umanità ancora storicamente inedita – scrive Pierluigi Onorato – La contraddizione non consente di ipotizzare una chiesa che riabiliti un profeta che ha predicato la sua estinzione”.

Ma non si può parlare di sconfitta. Di fronte ai grandi terribili rivolgimenti che stiamo vivendo la sua visione dell’Uomo planetario, il suo “realismo di un’utopia”  (Stefano Zani) continua ad affermare la necessità della speranza, della Spes contra spem, che era il motto di Giorgio La Pira.

 

 

Il volume di “Testimonianze” su Balducci, Turoldo, Milani, ‘Preti di frontiera’ verrà presentato mercoledì 18 ottobre prossimo alle 17,30, alle Murate (presso la Sala Progetti Arte Contemporanea, in piazza delle Murate) .

Intervengono don Andrea Bigalli  (che è il referente regionale di “Libera” ed è anche presidente del Comitato Scientifico di “Testimonianze”), Sergio Givone (filosofo e scrittore),  Antonella Landi  (la “profe” ed editorialista del “Corriere Fiorentino”) e Severino Saccardi (direttore di “Testimonianze”).  Introduce e coordina il vice-presidente di “Testimonianze”, Stefano Zani. Letture dell’ attore Massimo Salvianti

 

foto: Padre Ernesto Balducci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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