L’evoluzione dialettica dell’uomo della strada

uomo stradaBei tempi, quelli in cui gli italiani litigavano animatamente per un fuorigioco e per problemi veramente importanti, come l’ombelico della Carrà, stabilire se Amanda Lear fosse in realtà oppure no un travestito di nome Maurizio, se nella carbonara ci andasse la pancetta oppure il guanciale; al limite, la sana discussione sulla formazione di governo, che poi era figlia diretta della discussione sulla formazione della Nazionale. Accosciati, da sinistra a destra: Andreotti Piccoli Storti Malfatti Scirea anzi no La Malfa. Oggi, no: le discussioni si sono fatte più accese, più capillari ed ubiquitarie e, soprattutto, siamo arrivati ai massimi sistemi; per cui, tu sei lì che ti fai un caffè in santa pace (unico popolo al mondo a farsi un caffè per rilassarsi in santa pace, bevuto in piedi al bancone) e il cinno di 8 anni ti fa il predicozzo sugli errori di Renzi come premier e il garzone del discount sentenzia che secondo lui la moneta unica è una fregatura perché non ci hai più la valuta sovrana. L’uomo della strada di oggi, in possesso di una formazione media superiore a quella di suo nonno, può veramente esprimersi su tutto, e con cognizione di causa.
Si parla del clima? Il nonno avrebbe detto che sì, stava per piovere, perché gli faceva male il calletto. Il nipote si staglia su di un immaginario sfondo blu e comincia a dissertare di stratonembi, di isobare, di anticicloni delle Azzorre che neanche Bernacca, forte dei dati dei supercomputer più potenti del mondo, delegati appunto a questo scopo. Il risultato? Ci bèccano al 50%, suppergiù. Calletto del nonno – Tianhe-2, 1-0, palla al centro. E finché si tratta di meteorologia passi, alla fine è solo questione di mettere assieme un sacco di dati e prevedere una reazione fisica. Il bello comincia quando cominciano a parlare di economia finanziaria. Un campo in cui i più grandi esperti del mondo si fanno uscire il pancreas dalle orecchie per riuscire a prevedere un comportamento economico su scala sufficientemente ampia da poterci speculare sopra. La nonna dell’uomo della strada avrebbe detto: non mettere tutte le uova nello stesso paniere, rischia molto con pochi soldi e pochissimo con la maggior parte. Il nipote, fiero di tante disamine economiche e di cinquant’anni di statistiche, avrebbe avuto qualche idea in più.
Risultato: la nonna avrebbe visto accrescersi il proprio capitale nel 100% dei casi. Il nipote, in media nel 50% (presi caso singolo per caso singolo, beninteso). Se ieri vi foste fermati a chiedere qualcosa sulla moneta ad un passante vi avrebbero quasi certamente inquadrato come un tossico. Oggi, vi fanno discorsi allucinati tipo che bisogna tornare alla Lira perché altrimenti col signoraggio ci guadagnano solo i banchieri ebrei tedeschi che poi ci hanno l’Euro pesante e invece quando potevamo svalutarla stavamo tutti bene e l’economia ripartiva. Il fatto che di questo non ci sia alcuna prova e che, invece, ci siano ampie prove del contrario non sembra assolutamente scalfire le loro certezze: evidentemente, è tutto un complotto. Stiamo naturalmente parlando di anni in cui “scala mobile” prima ancora che un mezzo di locomozione per ricchi borghesi significava il sogno di potersi comprare la baguette anche con il prossimo stipendio. Anni in cui mettevi un milione da parte perché la casa costava tre, quattro milioni in tutto e ti sentivi col fieno in cascina, poi il mattino dopo ti avvisavano che con un milione ci compravi l’utilitaria, però anche cinque porte se volevi, eh.
Decenni in cui le due uniche strategie economiche fattibili sembravano essere alzare il prezzo della benzina a ridosso delle vacanze estive per fare cassa, e svalutare la moneta per vendere meglio i nostri prodotti all’estero, così entravano più soldi stranieri (di valore) nelle tasche degli italiani. Col risultato che la gente poi investiva, anziché in imprese e innovazione, nei BOT: debito pubblico totalmente fuori controllo che pagava interessi all’8, al 15% annuo. Sorpresa: invece di investire sul nostro territorio, gli stranieri si sono comprati il nostro debito pubblico, perché rischiare quando puoi avere un guadagno certo?
E così siamo rimasti esposti a mille mila speculazioni, regalando ad altri le nostre casse (senza avere manco la furbizia di fallire come Paese come fanno tutti quelli furbi in questi casi, vedi l’Argentina), continuando a sgottare come naufraghi disperati fino a quando l’idea di creare una moneta forte che ci permettesse di alzarci il giorno dopo ancora con un bilancio comprensibile non ci ha illuminati, portandoci a progettare in prima istanza (noi e pochi altri, primi i tedeschi, preoccupati dei loro investimenti nei nostri BOT, e ultimi i francesi, sempre poco contenti di quanto di buono esce da casa nostra) l’Euro ed il proseguimento, su scala più ampia, di quel mercato comune cui già avevamo dato i natali con CEE, CED e MEC. L’idea che si possa anche solo pensare di nuovo alla chiusura delle frontiere per lo scambio di capitali, persone, merci e tornare a una monetina il cui unico pregio era quello di essere debole è roba da scrittori di fantasy. Che poi, fa tutto parte di una ben precisa corrente di pensiero in cui i poveracci portano avanti i ragionamenti che scaturiscono dagli altri, quelli che stanno molto meglio, i soli a guadagnarci dalle speculazioni sulla moneta.
Quelli che per decenni hanno pensato che la nostra finanza, i nostri beni, la nostra impresa come valore aggiunto avesse quello di valere poco, di costare poco, e di essere quindi svendibile; oggi due tre gatti si dannano per tenere in piedi l’azienda, domani il cumènda la svende per un tozzo di pane, realizzando subito sghèi veri. Peccato che nel mondo globalizzato di oggigiorno si faccia fatica a fare concorrenza in questo stesso campo a cinesi, coreani, malesi, indiani, senza contare che ancora il Sudamerica e l’Africa tutta stanno a guardare, scaldandosi per entrare in campo nel secondo tempo. Peccato; fino a quando eravamo noi, i poveracci del mondo industrializzato, potevamo mendicare qualcosina. Oggi guarda un po’, ci tocca lavorare, e pure seriamente.
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