L’Eurogruppo salverà l’Europa? Il mio nome è bond, recovery bond

Parigi – I ministri delle Finanze della zona euro discuteranno domani di quali mezzi finanziari dotare l’Europa colpita in pieno da un’epidemia che lascerà un lungo strascico sia sociale che economico.

L’Eurogruppo, in riunione telematica, dovrà cercare di far dimenticare il disastroso effetto del recente Consiglio europeo in cui è riemersa con violenza la spaccatura tra Nord e Sud, dimostrando ancora una volta come la parola solidarietà  faccia capolino solo sporadicamente tra i paesi dell’Unione.

Speriamo che domani i ministri tengono conto del grido d’allarme lanciato giorni fa dall’autorevole Jacques Delors, uno dei grandi padri dell’UE:  “Il clima che regna tra i capi di stato e di governo  la mancanza di solidarietà fanno correre un pericolo mortale all’Unione Europea”, ha dichiarato il novantenne ex presidente della commissione europea che ultimamente si è fatto sentire molto raramente.  Vedremo domani se le profonde divisioni potranno essere superate dando così il via a un piano in grado di investire nei sistemi sanitari dei vari paesi e al tempo stesso  gettare le basi di una ripresa economica, senza ricorrere a pastoie punitive, come è avvenuto in passato per la Grecia.

Per l’Italia, del fronte Sud, l’incontro potrebbe essere decisivo per il suo futuro. Il governo conta molto sull’appoggio del presidente francese Emmanuel Macron che nei giorni scorsi ha molto insistito sulla necessaria solidarietà.  Secondo l’ex presidente del consiglio Enrico Letta “l’alleanza franco-italiana è decisiva”, vedremo però se domani reggerà alle pressioni dell’alleato di sempre Berlino e degli altri falchi del nord ancora convinti che Europa debba rimare con austerità.

Un minimo di prudenza per quello che riguarda la Francia si impone, basta pensare al suo atteggiamento sul fronte delle immigrazione e della Libia e ora del coronavirus. Come se il Covid 19 mai avrebbe attraversato la frontiera, perché l’Italia era una cosa e la Francia un’altra. Una supponenza stigmatizzata anche da francesi, come il direttore del settimanale “Le Point” Franz Olivier Guisbert.

Ma torniamo a domani: secondo il quotidiano Liberation,  il “club dei tirchi” sarà costretto ad addolcire le proprie posizioni alla “luce dell’indignazione suscitata  dalle loro reazioni” al Consiglio europeo e al terremoto provocato dal coronavirus che “sta decimando una dopo l’altra le vacche sacre dell’Ue”, dal Patto di stabilità alla libera circolazione e a libero scambio.

Si spera dunque che Germania, Olanda, Austria e Finlandia, cioè il club dei taccagni, si mostri domani più aperto alla creazione di uno strumento di debito comune. “ Vi è stato un effetto boomerang che i quattro non avevano previsto. La loro brutalità e indifferenza alla situazione sanitarie d’Italia e Spagna ha suscitato una rivolta”m ha commentato al giornale una  fonte diplomatica. La filosofia rigorista avrà ancora la meglio domani o hanno capito che mostrarsi così egoisti in un momento di crisi mondiale  è controproducente?”

I falchi del Nord Europe sembrano non capire che qui non si tratta di disquisizioni tecniche su eurobond o Mes, ma di compiere scelte che determineranno la sopravvivenza o meno dell’Europa “ scrivevano ieri sul Corriere della Sera gli economisti Alberto Alesina e Francesco Giavazzi convinti che in mancanza di una risposta comune l’Europa “avrà finito di esistere”.

Domani comunque verranno presentate “proposte delle quali nessuna ha l’appoggio di tutti i governi, ricorda Federico Fubini sempre dalle pagine del CdS convinto che “più che una rottura “  si profila il tradizionale iter dei processi politici europei, con una “partita che proseguirà mentre l’epidemia divampa e l’ibernazione di milioni di imprese continua a devastare l’economia”.

Sul tavolo della teleconferenza vi è prima di tutto la  controversa creazione di Coronabond, sollecitata da Italia, Spagna, Francia e altri sei paesi della zona euro. I Coronabond sono un prestito europeo destinato a finanziare le spese legate all’epidemia del Covid 19. Sono però ritenuti inaccettabili da Berlino ed Amsterdam, nonostante non prevedano che la garanzia comune a raccolta di fondi.

I paesi del Nord puntano invece sul MES (meccanismo  europeo di solidarietà), organismo intragovernativo in grado di raccogliere fino a 700 miliardi di euro sui mercati finanziari. Questo meccanismo offre prestiti ai paesi in difficoltà in cambio di strette condizioni e piani di riforme, un po’  come aveva fatto la Troika con la Grecia. Una proposta che l’Italia avversa perché, date i suoi guai a livello di bilancio, potrebbe dover sottostare ai diktat dell’Europa. Secondo alcune fonti il ministro delle finanze Roberto Gualtieri avrebbe avuto le consegne da parte del presidente del consiglio Giuseppe Conte, di lasciare il tavolo delle trattative qualora si discutesse del MES, anche se apparentemente addolcito.

 Un MES “light”, che prevede la sospensione delle dure condizioni del patto di stabilità, sarebbe forse una soluzione per riportare la solidarietà, anche se al momento non se ne sa molto a parte il criterio di un solo tipo di condizionalità da applicare a tutti i paesi che ne faranno richiesta. Il MES tradizionale è stato del resto criticato dal ministro delle finanze tedesco Scholz secondo cui “non ci sarà alcuna delle condizioni insensate come in passato. Niente Troika nei paesi a dire ai governi cosa devono fare”.

Allo studio vi è poi anche un Fondo di emergenza, un recovery bond su cui Francia e Germania starebbero lavorando. Prevede lo stanziamento di 500 miliardi di euro, raccolto attraverso un’emissione di titoli di debito con l’obiettivo di garantire  la protezione dei debiti sovrani e il sostegno alle imprese  e ai lavoratori.  Secondo una fonte diplomatica europea, le intense trattative che hanno preceduto la riunione di domani “ hanno fatto apparire il campo del possibile”.

Toccherà poi al capi di stato e di governo decidere se questo possibile si tradurrà nei fatti.

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