Lettera da Bangkok: elezioni nel caos, non si sa ancora chi ha vinto

Un giornalista thailandese ironicamente ha definito le elezioni svoltesi un pic-nic. Partiamo dai dati ufficiali, pochissimi: l'89% dei seggi ha svolto regolarmente il voto. La Commissione Elettorale ha cancellato le elezioni in 9 province del Sud. In altre 9 province inclusa la capitale BKK molti seggi sono rimasti chiusi. Le motivazioni che hanno portato la Commissione Elettorale ad annullare il regolare svolgimento delle elezioni sono state: l'assenza di scrutatori, dei rappresentanti delle liste e persino la mancanza delle schede elettorali e delle urne. Caos prodotto dall'avversione di molti alle elezioni, dalla paura di ritorsioni e dalla contestazione dei manifestanti che si sono impadroniti delle schede prima che raggiungessero i seggi. Passiamo ai dati non ufficiali: il segretario generale della Commissione ha paventato una affluenza intorno al 46% degli aventi diritto, ovvero circa 20 milioni di votanti. Il partito di governo il Pheau Thai ha annunciato che 300 dei suoi candidati avrebbero vinto nei rispettivi distretti. Vittoria facile visto che gran parte dell'opposizione ha disertato.


Alle 15 di domenica pomeriggio (le 9 del mattino in Italia) le più contestate, violente e caotiche elezioni della storia della Thailandia si sono ufficialmente concluse. Ebbene, sono passate oltre 24 ore e non abbiamo ancora un annuncio. Non sappiamo il dato dell'affluenza e tantomeno c'è dato di conoscere il risultato. Insomma se il Primo Ministro Yingluck Shinawatra con queste elezioni intendeva rafforzare il potere ed iniziare un nuovo mandato l'operazione non è andata per il verso giusto, complicando di fatto la situazione politica. Aggiungiamo anche la nota di colore che la Shinawatra ha erroneamente inserito la scheda nell'urna sbagliata, annullando il suo voto. Il tutto nell'ilarità di decine di giornalisti presenti. La domanda che tutti si pongono è se abbiamo assistito ad elezioni regolari o meno. E penso che la stessa domanda se la stia facendo la Commissione Elettorale. A loro la responsabilità di decidere. Di fatto la Commissione dispone di tre settimane di tempo per invalidare il voto, altrimenti si procederà al ballottaggio. Intanto le schede dei votanti verranno "congelate", non è chiaro dove, per il conteggio finale ma anche per verificare eventuali brogli o errori.

Non solo l'opposizione mormora per questa poco trasparente decisione. C'è già chi paventa nuovi brogli, schede fantasma che compariranno nelle prossime ore. C'è chi dice che il voto deve essere annullato da subito per il mancato raggiungimento del quorum necessario alla ripartizione dei seggi. Tutto troppo complicato. La protesta intanto continua. I manifestanti si stanno concentrando nei pressi del Lumpini Park. Avrebbero deciso di spostare i presidi in un luogo più sicuro. Si temono in queste ore nuovi scontri a fuoco. La prossima mossa del movimento di protesta shut down Bangkok potrebbe essere un presidio o un'occupazione dell'Ufficio di Governo. Dove sono state erette imponenti misure di sicurezza. Frizioni si registrano anche tra esercito e polizia. I secondi accusano i primi di aver preso parte alla sparatoria di sabato alla periferia di Bangkok. L'esercito nega. Ma nel paese che negli ultimi 50 anni ha avuto più di dieci colpi di stato tutto è possibile. Certo è che l'esercito non ha mai dimostrato molta simpatia per la famiglia Shinawatra.

Nel regno del sorriso e della cortesia i bianchi occidentali vengono chiamati farang. E' un appellativo diciamo dispregiativo, talvolta anche offensivo. Quando ieri mattina ho chiesto ad un tassista di portarmi a Lak si, al crocevia di strade teatro di un vero e proprio far west, lui mi ha guardato come se fossi un pazzo farang. Io spergiuravo che non c'era pericolo. Lui non era convinto. Con qualche bath (moneta locale) in più il sottoscritto ha convinto il tassista, preoccupato e impaurito, ad attraversare la città. L'accordo era di non fermarsi. La situazione a Lak si era tranquilla. E quando abbiamo lasciato il quartiere imboccata l'autostrada che porta all'aeroporto Don Mueang l'autista ha tirato un sospiro di sollievo, solo allora mi ha detto di far parte delle camicie rosse filo governative. Comunque non c'è accaduto nulla. Il farang, per una volta, aveva ragione.
Enrico Catassi

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