L’esorGianni

Elogio, quasi un epinicio per Gianni Morandi che ha “esorcizzato” i mille demoni del Festival sanremese: da Anna Oxa Crudelia Demon al belante Blanco “Furia floreale” (premio momento Bugo 2023), dai corpetti neri sadomaso strizzacorpicini agli sproloqui omiletici ultranazionalpopolari benignani e chiaraferragnici, dagli ululati mannari di Facchinetti Pooh all’improponibile mix di mummie riesumate delle vecchie generazioni e corpi fluidi e anodini delle nuove. Un titano tra nani

Nella 73esima edizione del fu Festival della canzone italiana, c’è già un indiscusso trionfatore, uno che unisce in sé, per via del tutto naturale, quel maldestro tentativo degli organizzatori sanremesi di mettere assieme, su uno stesso palco, ciò che, almeno in questi termini, non è amalgamabile. Costui è il bolognesissimo ed emilianissimo Gianni Morandi che ha letteralmente titaneggiato, senza nemmeno troppi sforzi dato il contesto in cui era calato, dall’inizio alla fine. Così il momento più di tutti a rischio retorica roboante, ovvero l’inno di Mameli cantato davanti ad un Presidente della Repubblica per la prima volta all’Ariston in occasione del Festival, ha rappresentato l’unico momento nazionalpopolare davvero coinvolgente nella ridda di lustrini e pistolotti benignani e chiaraferragnici comminatici come portata principale. Il Presidente della Repubblica canora italiana davanti al Capo politico di Stato. Come è potuto accadere? Perché Gianni ci crede veramente.

Morandi ha cantato, meglio di tutti, sia dei concorrenti in gara che delle guest-star, come i quasi contemporanei e parigloriosi Pooh dove Facchinetti ha inanellato una serie di ululati che manco i licantropi durante la metamorfosi trasfiguratoria nella prima notte di luna piena utile: ha presentato, meglio di quell’Amadeus che pare passare da lì per caso ed eternamente in un imbarazzo da cui sguscia fuori con una raffica di aggettivi altisonanti elargiti con ineguagliabile generosità (forse pari solo a Fabio Fazio);  ha divertito grazie ad una rarissima autoironia esibita attraverso l’esecuzione di un medley di alcuni dei suoi motivi presuntamente più brutti (ma che ugualmente tutti sanno a memoria e ci saltellano su) assai di più di quel Fiorello il cui repertorio da animatore di Villaggio Turistico in Sardegna sta degradando inesorabilmente nelle gag da teatro parrocchiale.

Ha pure scopato prima e meglio di tutti, nel senso che che è corso a pulire il palco con la ramazza, nel momento più Bugo di tutti, dopo la furia devastatrice floreale del giovin finto scapestrato Blanco, già vincitore l’ultima edizione in coppia belante con Mahmood, e vittima quest’anno di un’imprecisione tecnica per la quale non avrebbe avuto il ritorno della sua voce, che gli avrebbe compromesso un’esecuzione altrimenti irripetibile.

Morandi versione “scopatore”

Insomma Gianni Morandi un gigante. Di semplicità, passione, naturalezza, versatilità. Morandi, dicevamo ha mostrato in mondovisione come si tengono assieme con navigata dignità i pezzi di un improbabile puzzle calato dall’alto, in cui stride il modello culturale della riesumazione di vecchie generazioni senza più sesso e preme quella delle nuove ancora senza sesso condito con la vuota pomposità di eventi talmente fluidi che rischiano di scivolare via senza lasciare traccia alcuna. E che solo la presenza di Zelensky avrebbe potuto nobilitare. Avrebbe appunto. Perché Gianni non è démodé, è vintage, Gianni non è moderno, è contemporaneo, Gianni non è avanguardistico, è fantascientifico. Sanremo è transeuha pure scopato prima e meglio di tutti, nel senso che che è corso a pulire il palco con la ramazza, nel momento più Bugo di tutti, dopo la furia devastatrice floreale del giovin finto scapestrato Blanco, già vincitore l’ultima edizione in coppia belante con Mahmood, e vittima quest’anno di un’imprecisione tecnica per la quale non avrebbe avuto il ritorno della sua voce, sai che perdita.
(Gianni scopa)nte, Morandi è per sempre

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