Leopolda 7, aspettative e speranze, intervista a Paolo Briziobello

Firenze – A poche ore dall’apertura della settima edizione della Leopolda, alcune domande a Paolo Briziobello, il commercialista torinese presidente de LITALIAINTESTA e già cofondatore di Officine Democratiche, presente a tutte le edizioni sinora succedutesi anche con due interventi dal palco.

 Briziobello, la vedremo anche quest’anno all’appuntamento fiorentino degli aficionados di Renzi?

Sì certo, sarò presente alla Leopolda 7. Come sempre non sarò a Firenze da aficionados ma da cittadino che ama la politica, quella che parte dai reali bisogni della gente, che ascolta, si confronta e propone concretamente.

Quest’anno si preannuncia un’edizione incentrata sul prossimo 4 Dicembre, data spartiacque.

Ogni edizione della Leopolda è stata mediaticamente segnata da momenti importanti per la storia del Paese. Penso in particolare alle edizioni 2012 e 2013 o alla Leopolda del 2014, la prima con Renzi premier. Ridurre questa Leopolda ad uno spot referendario lo trovo davvero molto riduttivo e soprattutto poco rispondente a chi conosce “da dentro” che cosa è la Leopolda. Ciò, pur nella consapevolezza che questo del 4 dicembre sarà il tema al centro di molte attenzioni e discorsi.

Le donne, i diritti, la famiglia, l’apertura preannunciata a Matteo Richetti: dai rumors sul programma pare quasi un segnale ad allargare a dismisura le maglie del consenso. 

Ben vengano questi temi, che a mio parere vanno ben oltre il tema refendario. Penso ai tavoli del sabato mattina; forse non ci si rende conto dell’importanza che essi assumono. Ricordo i 100 punti tematici enunciati dal 2012 che hanno costituito la base del lavoro programmatico di questo Governo: alcuni con passi avanti evidenti, penso alla legge sulle unioni civili, alla riforma del terzo settore, alla riforma della PA, ai passi verso un Fisco più giusto ed equo, al dopo di noi per citarne alcuni. L’apertura prevista con Matteo Richetti non mi sorprende affatto: solo chi è abituato a disinformare magari col metodo del consenso spicciolo e privo di costrutto verso un leader, può equivocare il senso positivo e strategico della discussione come strumento di crescita e stimolo.

Tornando al tema centrale, il referendum, pare ormai una guerra tra fazioni. E manca ancora un mese al 4 Dicembre.

Occorre rispetto. Sempre e comunque. Quello che soprattutto sui social mi pare manchi sempre di più, ogni ora che passa. Non esisterà mai una riforma perfetta in gradi di accontentare tutti. Qui esiste una proposta di riforma che per la prima volta dopo decenni ha superato l’esame del Parlamento e viene sottoposta alla volontà del popolo. Tanto mi basta per dire che occorre abbassare i toni, in chi li ha alzati e li alza usando non tanto la spiegazione quanto la denigrazione. Direi che ormai esasperare gli animi è diventato lo sport principale di chi avendo poco da dire cerca di far leva sul sensazionalismo, con i social a far da grancassa. Quello delle urla è un modo di intendere la politica e l’impegno civile che non mi è mai appartenuto e che come LITALIAINTESTA da semprerifiutiamo.

Ci indichi due o tre temi che auspica escano dalla Leopolda 7.

I temi non si inventano, sono le soluzioni alle questioni che i temi contengono che vanno adottati.  L’anno scorso mi venne chiesta una parola con cui identificare un tema principe del lavoro del Governo per il 2016: dissi “i diritti” e i fatti mi pare mi abbiano dato ragione. Quest’anno penso ad alcune grandi questioni di impatto sociale ed economico significativo: un chiaro e forte distinguo rispetto alle regole di rispetto del patto di stabilità imposto dall’Europa sulle emergenze sia legate ai profughi sia legate al dramma che stiamo vivendo con i recenti terremoti; un segnale di rinascita al settore dell’adozione internazionale, ormai da mesi nell’occhio del ciclone e che se non risolto a livello di funzionalità con competenze vere e specifiche rischia di compromettere l’ottima reputazione anche in tema di cooperazione allo sviluppo costruita con merito negli anni dall’Italia. Da ultimo, forse il più impellentee che certamente investe ogni questione. Quella che chiamo da tempo “moral suasion”: è necessaria un’evoluzione culturale nelnostro Paese che permetta di confrontarsi ma mai, dico mai, di vedere il competitor come nemico.

Non sarà chiedere troppo a questa edizione della Leopolda?

La Leopolda ha sempre avuto questa caratteristica: gettare il cuore oltre l’ostacolo per far vivere il sogno di un Paese capace, inclusivo e che torni ad essere leader nel mondo: quell’Italia in testa, che sta a cuore ai tanti che sanno ancora rimboccarsi le maniche e lavorare concretamente. Attingere da questo bacino di competenze umane, professionalità vere, penso sia oggi più che mai sentito dal popolo della Leopolda perchè necessario alla nostra Italia.

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