L’Emilia-Romagna “non accetterà di diventare la pattumiera d’Italia”: lo hanno detto a chiare lettere, direttamente al ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, l’assessore parmigiano Gabriele Folli e gli altri amministratori emiliani ricevuti ieri a Roma dal ministro.
All’incontro, tenutosi al ministero dell’Ambiente, erano presenti le città di Coriano, Forlì, Reggio Emilia, Rimini, Ferrara, Ravenna, Misano Adriatico, Castello d’Argile e Granarolo dell’Emilia.

Il ministro Orlando ha rassicurato che l’intento del decreto è solo quello di “fare una ricognizione impiantistica sugli impianti autorizzati e quelli programmati esistenti in Italia, al fine di un’ottimizzazione delle capacità di trattamento”. I Comuni esigono però più chiarezza ed impegni più precisi sulla natura del provvedimento emanato dal governo, chiedendo che la ricognizione non si limiti ad impianti di incenerimento, ma sia estesa anche a quelli di recupero e riciclo.
I dubbi di Legambiente
Intanto l’associazione ambientalista Legambiente esprime forti preoccupazioni sul ritardo nella creazione di un Piano regionale di gestione dei rifiuti in Emilia-Romagna. E paventa che si potrebbe trattare di una strategia studiata, del tipo “mentre Bologna pensa, le multiutility agiscono (spingendo gli inceneritori, ndr).
Questo – scrive l’associazione in una nota – potrebbe essere il commento al troppo lungo iter di redazione del Piano Regionale Gestione Rifiuti.
Se gli obiettivi dichiarati dal Prgr di prevenzione rifiuti, raccolta differenziata e riduzione degli impianti, appaiono condivisibili, in attesa che la Regione prenda completamente in mano le redini della materia, sugli impianti di smaltimento si giocano partite che bypassano bellamente la narrazione che da oltre due anni viene fatta a livello regionale. Ci si sta attrezzando infatti per fare in modo di garantire la vita degli impianti, attraverso le ipotesi di gestione dei rifiuti speciali, anche provenienti da fuori regione”.
Gli esempi sono tanti. Si parte da Piacenza, “che – sostiene Legambiente – invece di pensare ad archiviare l’impianto di incenerimento, si candida a veder crescere la sua capacità di bruciare rifiuti” e si continua con Parma, dove “la partita dell’inceneritore di Iren si è conclusa poco prima dell’avvio del Piano regionale, con l’autorizzazione di un impianto di taglia doppia rispetto alla quantità di rifiuti urbani della provincia”.
Quanto a Modena, Legambiente ricorda come “in pieno agosto, si è di fatto attuato un blitz per superare i confini d’ambito. Grazie ad un passaggio del decreto del fare del 7 agosto che modificava i coefficienti climatici (indici di efficienza) degli inceneritori, la provincia di Modena, su richiesta di Hera, ha modificato l’autorizzazione relativa all’inceneritore della città che è passato così dalla classificazione di smaltimento a quella di recupero di energia, acquisendo il diritto all’importazione di rifiuti urbani da tutta la Regione e, senza la necessità di nessun ulteriore accordo, anche da tutta Italia”.
Non va meglio sul versante discariche, che secondo le indicazioni della regione dovrebbero smettere completamente di ricevere rifiuti urbani nel 2020. L’associazione ambientalista ricorda che “è di queste settimane la giustificata preoccupazione dei cittadini nei dintorni della discarica di Poiatica nel comune montano di Carpineti (Reggio Emilia), che si trovano a fare i conti con una richiesta di ampliamento al sesto lotto di 500mila tonnellate. Discarica su cui pende ancora in Procura un’inchiesta penale per sversamento del percolato direttamente nel fiume Secchia, come rilevato dalle nostre Guardie Ecologiche”.
Per tutto questo Legambiente chiede “al presidente Errani un intervento pubblico immediato che chiarisca i piani della Regione e dia ragione della fiducia che fino ad oggi gli è stata concessa rispetto alla sua volontà di farsi interprete di una nuova visione nella gestione dei rifiuti”.