Firenze – Bilancio positivo della legge sugli ungulati. Nel 2016 vi è stato un deciso aumento dei capi di cinghiale abbattuti riducendo una popolazione che in Toscana è 4,5 volte superiore al normale con effetti molto pesanti all’agricoltura.
I dati sono stati annunciati dall’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi nel tracciare un primo bilancio della legge 10 del 2016, approvata un anno fa per contenere la popolazione di cinghiali, caprioli, cervi e daini attraverso una intensificazione delle attività di caccia nelle aree agricole (quelle identificate come aree “non vocate”).
Il dato più generale, quello sui prelievi complessivi di cinghiali effettuati in tutta la regione mostra un incremento netto rispetto agli altri anni con 93.306 capi abbattuti (erano stati 79.330 nel 2015 e 83.578 nel 2014 e 70.482 nel 2013). A questo dato vanno poi aggiunti i numeri delle aziende faunistiche di alcune Province che ancora non sono pervenuti alla Regione.
“Alla fine il dato reale sarà di circa 100.000 capi – commenta Remaschi – un numero significativo specie in un anno ancora sperimentale e nel quale non sono state poche le difficoltà incontrate: basti pensare ai disagi sull’operatività degli Atc dovuti a varie cause (tra cui una sentenza della Corte Costituzionale) e ai ritardi nell’applicazione della legge che si sono registrati in diverse province: l’attivazione è arrivata nel migliore dei casi a giugno, ma in alcuni casi solo a settembre, pochi giorni prima dell’inizio della stagione venatoria”.
Per Remaschi decisivi ai fini dei risultati attesi saranno i prossimi mesi: “La possibilità di fare caccia di selezione nei mesi in cui cominciano le semine, quindi da marzo in poi, potrà diminuire considerevolmente i danni alle colture. Ho la speranza, credo fondata, che questo potrà aiutare l’ intero comparto agricolo a poter salvaguardare il frutto del proprio lavoro. La diminuzione degli ungulati permetterà anche di diminuire il numero degli incidenti sulle nostre strade che in troppi casi (una media di quasi 700 all’anno) sono correlati alla presenza di cinghiali e caprioli”.
L’obiettivo della legge
Lo scopo della legge n.10 del 2016 in un triennio, è quello di ridurre i conflitti generati dalla presenza di ungulati nelle aree antropiche, specie in quelle agricole, attraverso un incremento della pressione di caccia, in termini sia di entità dei prelievi, ma soprattutto di prolungamento dei tempi della caccia di selezione.
Il conflitto è generato da una presenza elevatissima di queste specie: le stime ci parlano di una popolazione di oltre 200.000 cinghiali e di almeno altri 240.000 tra cervi, daini, caprioli e mufloni per un dato che è fra i più alti d’Europa, secondo solo all’Austria, e che è almeno 4,5 volte superiore alla media italiana.
Con questa normativa si interviene per diminuire la densità di ungulati in determinate zone del territorio regionale, denominate “aree non vocate”. Queste zone coincidono con le aree agricole della Toscana (circa il 30 % del territorio). In queste aree, dove vi sono vigneti, oliveti, seminativi , vengono concentrati gli interventi, soprattutto per il cinghiale. Nel restante territorio (boschi, pascoli, terre incolte) viene mantenuta una gestione conservativa delle specie ungulate, in modo che esse siano in equilibrio con l’ambiente: in quest’ultime aree, quindi, non vi sono particolari mutamenti gestionali a seguito della legge obiettivo.
La caccia al cinghiale nelle aree “non vocate”: primi risultati
Il prelievo di capi previsto dalla legge obiettivo è iniziato tra giugno e settembre del 2016: la prima Atc a partire è stata Firenze (15 giugno), l’ultima Grosseto (17 settembre).
Dall’estate quindi è diventata operativa la parte più innovativa della legge, quella relativa al prelievo nelle aree non vocate attraverso la tecnica della “selezione”. Per potervi partecipare ogni cacciatore ha dovuto richiedere l”abilitazione attraverso specifici esami (comprendenti anche una prova di tiro). I 9.000 cacciatori che hanno superato l’esame hanno poi potuto effettuare le proprie uscite di caccia ( ogni volta che esce il cacciatore deve darne comunicazione). La caccia di selezione ha portato, sino al 31 dicembre 2016, all’abbattimento di 4.581 cinghiali.
Ma per avere il dato complessivo degli abbattimenti nelle aree non vocate a questo dato dobbiamo aggiungere altre due voci: il cosiddetto prelievo di “controllo” cioè effettuato esternamente all’attività venatoria dietro autorizzazione della Regione (e con il quale sono stati abbattuti altri 9.927 capi) e la caccia “in forma singola, girata e braccata” (6.653 capi abbattuti) effettuata nelle stesse aree non vocate durante il normale periodo della stagione venatoria.
Complessivamente dunque il totale dei cinghiali abbattuti nelle aree non vocate, tra caccia di selezione, prelievo in controllo e caccia in forma singola è stato di 21.161.
Se a questa cifra, 21.169, si aggiungono i 72.145 prelievi avvenuti in area vocata (quindi nelle aree delle attività più tradizionali di caccia) si ottiene il dato generale di 93.306 abbattimenti nel 2016.