Legge elettorale: una toppa sul buco lasciato dalla Consulta

Milano – La prima legge elettorale che abbiamo approvato nel corso di questa legislatura (il c.d. “Italicum”) si prestava a diverse critiche; però conteneva una promessa che poteva mantenere: cioè che la sera delle elezioni si sapesse chi avrebbe fatto il governo. Sarebbe stata una buona soluzione, se non fosse stata concepita come complemento di una riforma costituzionale che poi è stata bocciata.

Anche la riforma secondo il modello tedesco – proporzionale puro con lo sbarramento al 5 per cento – che abbiamo tentato di varare nella primavera scorsa poteva mantenere la propria promessa: quella di mandare in Parlamento solo quattro o cinque forze politiche di dimensioni grandi o medie, libere di allearsi dopo le elezioni per fare un governo; ma è stata impallinata dai franchi tiratori in un voto segreto.

La legge elettorale che il Senato ora ha varato in seconda lettura in via definitiva ha il pregio di essere approvata da una maggioranza bi-partisan molto ampia, ma contiene la promessa di una coalizione capace di governare, senza essere in grado di mantenerla: nessuna delle coalizioni che usciranno dal voto avrà la maggioranza necessaria per governare.

Le coalizioni contrapposte diranno peste e corna l’una dell’altra durante la campagna elettorale, ma la maggioranza che si formerà – se si arriverà a formarne una – probabilmente non corrisponderà ad alcuna di esse. Detto questo, non possiamo dolerci che questa riforma ora sia legge: perché è l’unica alternativa decente alla disciplina della materia caotica e inapplicabile risultante dalle modifiche avventatamente apportate dalla Corte costituzionale alle due leggi precedentemente in vigore per Camera e Senato.

Dunque, meglio così. Con la speranza che nella nuova legislatura venga corretto qualche difetto di questa legge, incominciando con un aumento dei  collegi uninominali e con la possibilità del voto disgiunto: uno per l’uninominale e uno per il proporzionale. Insomma, quasi un ritorno alla legge Mattarella degli anni ’90.

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