Firenze – Un’intesa di 4 anni è stata sottoscritta questa mattina da Toscana e Campania per la promozione della cultura della legalità e per la restituzione alla collettività dei beni confiscati alla criminalità organizzata. L’obiettivo è quello di migliorare la gestione dei beni, a vantaggio dello sviluppo dei territori e con finalità inclusive e di integrazione sociale. Un’alleanza che porterà sinergie ma anche, probabilmente, nuove e maggiori risorse: a vantaggio di un sano sviluppo economico, della ricerca zootecnica e agricola e chiaramente anche dell’educazione alla legalità.
Il patto passa dalle tenute di Suvignano nel senese e “La Balzana” in provincia di Caserta. Due modelli virtuosi e unici ognuno a loro modo di gestione pubblica di beni strappati a mafie e camorra, diventati simboli del riscatto dello Stato, tra i più grandi ed estesi beni sequestrati in Italia. Ma il fil rouge è anche un’intensa e radicata attività di educazione alla legalità che le due Regioni da tempo portano avanti: in un ambiente sicuramente difficile e complicato, ad alta densità criminale, nel caso della provincia di Caserta, in una regione come la Toscana dove le mafie non mirano tanto al controllo del territorio ma risciacquano comunque il loro denaro sporco, dedite a malaffare e riciclaggio.
Parlare delle mafie ad alta voce
Lo sapeva già bene il giudice Caponnetto, che già molti anni fa affermava che la Toscana non è sicuramente terra di mafia ma la mafia anche in Toscana esiste. E sapeva anche che senza la formazione e l’impegno dei giovani il Paese non può avere un futuro degno. Il suo era un invito alla mobilitazione: “uomini e donne di buona volontà fatevi avanti” diceva, che poi non è molto distante dalle parole di don Milani, il prete di Barbiana, che decenni prima chiosava su che senso avesse l’aver le mani pulite, se poi uno le tiene in tasca.
Quelle mani la Toscana, che pensava di essere immune a certa criminalità organizzata ma si è scoperta fragile, ha deciso di non tenerle in tasca. Da venti anni sostiene le attività e campi lavoro dei giovani sui terreni strappati alle mafie: in Sicilia e Calabria all’inizio, dal 2019 anche a Suvignano, quando la tenuta è stata affidata alla gestione della Regione. Ha creato nel 1994 una casa della memoria (https://www.toscana-notizie.
Ha pungulato il Governo e si è data da fare per cercare di sveltire la messa a disposizione, come beni comuni, di quanto confiscato alla criminalità. Ha aiutato i Comuni che erano nelle condizioni di gestire beni confiscati. C’è l’impegno a monitorare e studiare mafia, illegalità e corruzione, con un rapporto annuale affidato dal 2017 alla Scuola Normale di Pisa, utile a orientare l’operato delle istituzioni e a far alzare qualche antenna e campanello di allarme in più. Da lì ci è accorti di come le mafie si fossero infiltrati in spazi lasciati incustoditi: a Suvignano e in tanti altri angoli di territorio baciati dalla bellezza, a Livorno da dove passa la droga diretta in gran parte d’Europa, infiltrata nell’economia. Magari nascosta dietro facce pulite ed abiti firmati, non armata di lupara bensì di professionisti, ma ugualmente pericolosa. E ha deciso, sempre la Regione, di parlarle ad alta voce: perché è nel silenzio che criminalità organizzata trovano terreno fertile.
Insieme per lo sviluppo, contro mafia e camorra
Negli ultimi mesi, Regione Toscana e Regione Campania hanno avviato un confronto, cercando di valorizzare le possibili sinergie, su scala non solo regionale: per dare un segno, anche, di come la cultura della legalità e il suo perseguimento possa passare da fatti concreti, come la rinascita di beni sottratti alle mafie.
Nel protocollo firmato il 21 maggio dalla due istituzioni, direttamente dai presidenti Giani e De Luca, si parla di scambio di dati, informazioni e buone pratiche sperimentate, di azioni future per migliorare la gestione dei beni, di sperimentazioni e innovazioni produttive e ambientali, di tutela dei diritti e lavoro per persone a rischio di esclusione, di opportunità di impiego per i giovani e di diffusione della cultura della legalità nei territori e tra gli operatori economici. Una risposta insomma a bisogni sociali da un lato e promozione, in Italia ma anche in Europa, di modelli organizzativi e gestionali innovativi dall’altra. Una sfida non da poco.
Nell’intesa, più tecnica, sottoscritta nella stessa data da Ente Terre di Toscana e Agrorinasce, ovvero le due società pubbliche che gestiscono le tenute di Suvignano e Balzana, la collaborazione si declina nell’elaborazione di studi e ricerche a quattro mani sullo sviluppo agroalimentare e l’economia circolare, sulla realizzazione di uno o più progetti sui beni confiscati da valorizzare all’interno di una più ampia strategia italiana attraverso le politiche di coesione e l’utilizzo anche di fondi nazionali, regionali ed europei. Ente Terre e Agrorinasce – l’azienda toscana strumento operativo diretto della Regione, quella campana società consortile della Regione e di cinque Comuni del Casertano, forte di un protocollo di legalità stipulato con la prefettura di Caserta per il controllo antimafia di tutti gli affidamenti – collaboreranno anche su progetti di animazione e di ricerca a benificio dei territori e di formazione professionale rivolta a chi gestisce imprese agricole e zootecniche. Condividono anche lo stesso sogno: Suvignano ambisce a diventare centro di riferimento per i prodotti agroalimentari in Toscana, alla Balzana si vuole realizzare il Parco agroalimentare dei prodotti tipici della Campania.
Beni confiscati e gestione.
Sono 199 i beni confiscati alla criminalità organizzata che l’azienda nazionale che li amministra, la Anbsc, ha già destinato in Toscana. E’ l’ultimo dato disponibile negli archivi Open Regio, al netto della tenuta di Suvignano. Si tratta di 21 aziende e 178 immobili: ma siccome si tratta di unità catastali, pertinenze comprese, alla fine la consistenza reale degli immobili è minore. Un appartamento con un box auto ed un terreno, tanto per chiarirsi, conta per tre anziché uno. Quanti alla fine siano gli edifici sequestrati lo si può intuire dalla localizzazione geografica: i 138 beni destinati si trovano in sole 42 posizioni, spesso si sovrappongono; e solo 66, in tutto l’elenco, sono gli immobili principali. Circa uno su due.
I beni possono essere assegnati solo dopo confisca definitiva, situazione che interessa altri 328 beni (282 immobili e 46 aziende) in Toscana oltre a quelli già destinati. Molti però sono a volte scatole vuote prive di valore autentico. Oppure non sono utilizzabili, almeno non immediatamente, perché frutto di abusi edilizi, inagibili od ancora occupati, gravati da debiti ed ipoteche oppure confiscati solo per una parte. La destinazione dunque in quel caso si complica. Con i sequestri non ancora definitivi, i beni gestiti in Toscana dall’associazione nazionale salgono a 588 (503 immobili e 85 aziende).
Dei beni già destinati, 138 immobili sono stati trasferiti al patrimonio degli enti territoriali (26 Comuni), 27 sono stati mantenuti al patrimonio dello Stato e 13 messi in vendita. La provincia che ne conta di più è Arezzo (45), seguita da Pistoia (35), Firenze (18), Massa Carrara (17), Livorno (16), Siena (14), Lucca (13), Prato (8), Grosseto (7) e Pisa (5). Considerando tutti gli immobili confiscati in via definitiva, anche quelli in gestione all’agenzia nazionale, Grosseto è prima (87 immobili) e seguono Pistoia (79), Arezzo (66), Siena (48), Prato (39), Lucca (38), Livorno (34), Massa Carrara (32), Firenze (25) e Pisa (12).
Le 67 aziende confiscate definitivamente (21 quelle destinate) si distribuiscono tra le province di Massa Carrara (13), Prato (12), Livorno, Lucca e Pistoia (10 a testa), Firenze (6), Pisa (3), Siena (2), ed Arezzo (1). Nessuna in provincia di Grosseto.
Complessivamente, tra immobili e aziende, sono 79 le amministrazioni comunali in Toscana che contano beni confiscati. A questo indirizzo è disponibile l’elenco degli immobili ed aziende destinati alle amministrazioni locali: https://www.regione.