Le profezie degli Albertini

Melloni & co non ne hanno azzeccato una mezza sulle previsioni papali: l’esposizione mediatica di vaticanisti, papisti, camerlenghi e ciambellani ha trasceso l’evento

Da oggi, anche per noi scribacchini lontani da Roma, non è più solo un’ipotesi di fede ma la certezza di un dogma. Lo Spirito Santo è planato su una fetta di cardinali, assolutamente noncurante dei vaticini tutti laici della stampa italiana, filo-papista come mai per alcune interminabili giornate. Praticamente tutti infatti, Bergoglio a parte, stando ai poco profetici oracoli dei camerlenghi con la penna, erano stati dati Pontefici anzitempo.

Ecco cosa scriveva l’ecclesiologo oggi più in voga, il reggiano Alberto Melloni sul Corriere di sabato 9 marzo snocciolando la sua triade “papabile” (assieme ad un’altra incredibile schiera di illuminati curialisti): “se tocca a un latino americano con spirito evangelico, il cardinale messicano (José Francisco Robles Ortega ndr) è in netto vantaggio…”. Non è per farci i fatti loro ma l’esposizione mediatica di Melloni e vaticanisti tutti, il loro sviscerare minuto dopo  minuto l’evolversi minuzioso del rito, il pensiero più intimo e l’ispirazione (ipotetica) più elevata dell’ultimo cardinale elettore in processione celeste verso la Sistina, sono riusciti a rendere immanente un evento da molti considerato trascendente (l’unico prevedibile di azione diretta della Terza Persona della Trinità  su un accadimento di uomini); e, senza volerlo, a banalizzare la storia.

Ci sarebbe voluta una sorta di par condicio anche per questa ricca (di spirito) corte di divinatori delle cose di lassù, di esegeti dei libri ancora da scrivere, di aruspici cristiani chiamati a riempire di bla-bla-bla l’horror vacui dell’attesa quasi messianica di piazza S.Pietro. Come l’oracolo di Torino, Massimo Gramellini che discetta da giorni sul silenzio del Papa davanti alla folla romana, riempiendo di parole un momento forse mistico, forse di semplice, umano imbarazzo. I fedeli dei tempi antichi, per lo più analfabeti, leggevano l’iconografia pittorica delle Chiese per imparare catechismo. La prossima volta allora, tappiamoci le orecchie al vociare poco profetico dei ciambellani di quaggiù e guardiamo al Michelangelo della Sistina. Avremo più possibilità (se proprio è necessario) di capire anzitempo il nome del Pontefice

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