Le parole della pace al Festival dell’italiano e delle lingue d’Italia

Montanari: in tempi di guerra non deve essere un crimine parlare di dialogo

Un guanto di sfida, lanciato in nome delle parole del dialogo e della pace, contro i linguaggi dell’odio, soprattutto via social, e del razzismo. È il messaggio che emerge da “Parole in cammino, il Festival dell’italiano e delle lingue d’Italia”, che si è aperto nell’aula magna dell’Università per Stranieri di Siena.

L’esigenza di pace ha riecheggiato perché proprio alla vigilia del festival, il rettore Tomaso Montanari aveva annunciato la sospensione dell’attività didattica dell’Università per Stranieri di Siena il prossimo 10 aprile in occasione di “Id al-fit”, la grande festa islamica per la fine del digiuno del Ramadam, e l’11 ottobre in concomitanza con il kippur: “Abbiamo bisogno di parole di pace – ha dichiarato Montanari a thedotcultura a margine dell’inaugurazione del Festival – perché vengono usate troppe parole di guerra. Tiziano Terzani diceva: in tempi di guerra non deve essere un crimine parlare di pace. Noi pensiamo che un’Università per Stranieri come la nostra, che per mandato coltiva la diversità culturale, deve anche riconoscere le feste degli altri come feste di tutti. È un modo di fare condivisione, di conoscersi. E se si costruisce una vera conoscenza tra le culture, sarà difficile odiarsi e volere la guerra”.

Nei tempi delle grandi migrazioni tema forte del Festival, che dall’11 al 13 aprile farà tappa a Firenze, è ragionare su come la lingua italiana possa essere strumento di accoglienza e non di emarginazione sociale: “La Costituzione – ha detto il Rettore Tomaso Montanari – all’articolo 3 precisa che tutti i cittadini hanno uguale dignità sociale senza distinzioni anche rispetto alla lingua. Oggi quell’articolo di parla dei nuovi italiani che arrivano da noi e che non devono trovare nella lingua un ostacolo di inserimento”.

Concetti ribaditi nella sessione dedicata al tema della lingua italiana fra didattica nei confronti dei migranti e politica di integrazione: “Non servono atteggiamenti paternalistici – ha detto Matteo La Grassa nell’introduzione – il corretto esercizio dei diritti di cittadinanza, che sono da garantire a tutti i migranti a prescindere dal loro status, passa anche dalla possibilità di godere dei propri diritti e di assolvere ai propri doveri linguistici”.

Il Festival, nel centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti ad opera del regime fascista, prevede un vero e proprio viaggio nei suoi discorsi. E un’incursione anche nei linguaggi della nuova politica, “troppo spesso – ha sottolineato il sindaco di Siena, Nicoletta Fabio – caratterizzati da battibecchi senza senso. Le parole, invece, in politica devono servire a creare dialogo e non divisione”.

La divisività dei linguaggi anche sui social è un altro dei temi al centro dell’analisi del Festival: “Come gruppo di Semiotica e Filosofia del linguaggio dell’Università di Siena- dice Orlando Paris – stiamo portando avanti un percorso di ricerca su una particolare categoria di Discorsi d’odio: quelli contro i migranti sui Social Network. Ci stiamo domandando quali forme discorsive assumano sui social network fenomeni come denigrazione, intolleranza e xenofobia. La cosa che ci ha colpito immediatamente è che nella maggior parte dei casi i discorsi d’odio sui Social Network non vengono veicolati attraverso parole offensive. L’odio e il razzismo non passano per il lessico, per le parole, ma si insinuano nella struttura narrativa del post. Abbiamo parlato a tal proposito di odio e razzismo velato, nascosto. La maggior parte dei post razzisti sui Social sembrano infatti la condivisione di notizie di cronaca, ma sono in realtà dei veri e propri discorsi d’odio razzisti”.

Un tema di indubbio interesse è quello sollevato dal rettore dell’Università di Siena, Roberto Di Pietra: “Le pubblicazioni frutto della ricerca delle Università – ha detto – sono ormai caratterizzate dalla onnipresenza della lingua inglese. Dobbiamo domandarci quale sia il ruolo della lingua italiana nella diffusione delle conoscenze”.

Gli obiettivi prioritari del Festival sono stati ricordati dal coordinatore Massimo Arcangeli: dal coinvolgimento degli studenti e degli insegnanti delle scuole di Firenze, della Toscana e dell’intera penisola, alle politiche d’inclusione, con particolare riguardo alla popolazione carceraria e agli anziani. Fino alle collaborazioni, le contaminazioni e gli scambi di competenze tra i diversi operatori culturali pubblici e privati per una valorizzazione delle ricchezze e delle risorse locali: “Anche quest’anno – commenta Stefano Scaramelli vicepresidente del Consiglio regionale della Toscana – il Festival ha ottenuto il supporto del Consiglio regionale della Toscana. L’ecologia del linguaggio nel tempo degli influencer, le parole della generazione Z e tutti gli altri temi affrontati in questa nuova edizione sono la cifra dell’importanza di queste giornate di studio e riflessione sul linguaggio. Le parole, le espressioni sono lo spazio in cui le persone apprendono, comprendono, si confrontano, possono evolvere o soccombere. Ecco perché è importante analizzare e studiare lo spazio linguistico”.

Il Festival dell’italiano e delle lingue d’Italia è promosso dall’associazione La parola che non muore, in collaborazione con l’associazione – e testata giornalistica specializzata – La Voce della Scuola, ed è realizzato con la collaborazione del Consiglio Regionale della Toscana, la Regione Toscana, del Comune di Siena, Università degli Studi di Siena, Università per Stranieri di Siena, del Comune di Firenze e il supporto della Biblioteca delle Oblate, con il patrocinio della Regione Toscana.

In foto:Tommaso Montanari

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