Le parole che danno forza alla nostra democrazia

Firenze – Anni di crisi dei valori, di recessione economica e, in questi mesi, di fatale attacco alla vita degli uomini in comunità. Per filosofi, sociologi e, in generale, per chi non vuole rinunciare alla profondità del pensiero è arrivato il momento di ridare contenuto e significato alle parole che reggono la sostanza stessa del vivere insieme.

Parole come bontà e solidarietà, per esempio, che un dibattito pubblico ridotto a scontri miserevoli e interessati  ha degradato a stereotipi: la bontà diventa il buonismo degli imbelli, la solidarietà un subdolo arrendersi ai nemici dell’egoismo sovranista. Non sarà facile dimenticare i mesi del blocco dei porti e del libero correre di parole d’ordine inneggianti alla discriminazioni e all’emarginazione.

Per far tesoro di questa infelice esperienza di malattia sociale della quale il Covid-19 si è fatto fisica metafora,  il gruppo delle donne che si impegnano “Per un nuovo mondo comune” ha dato vita a una serie di riflessioni divenute prima un ciclo di conferenze e poi un libro a cura di Vittoria Franco intitolato “Parole della convivenza”, pubblicato dall’editore Castelvecchi.

Le parole scelte sono appunto Bontà (saggio di Vittoria Franco, filosofa), Misericordia (Anna Scattigno, storica), Solidarietà (Emilia D’Antuono, filosofa) e Legame sociale (Franca Maria Alacevich, sociologa). “Oggetto di vilipendio politico-mediatico, tutte le parole chiave proposte sono vittime della retorica politica che tenta di destituirle di valore e di portata non solo morale ma anche civile e politica”, scrive Emilia D’Antuono.

Ciascuna delle autrici ha trattato il tema prescelto a partire dalle sue competenze specifiche:  “Comportamenti di bontà, di misericordia, di solidarietà e di promozione dei legami sociali aiutano a costruire società più umane e più libere, più aperte e democratiche”, avverte la curatrice.

Le quattro studiose per la gran parte si riferiscono ad altre grandi pensatrici del novecento ed è interessante per chi non è un addetto ai lavori constatare questa linea femminile di studio e approfondimento di concetti che sono degli antidoti fondamentali al prevalere delle pulsioni deteriori della natura umana, quelli per intenderci che rendono l’uomo lupo all’uomo, l’homo homini lupus di Thomas Hobbes.

Agnes Heller , Hanna Arendt,  Caterina da Siena, Anna Maria Ortese e Martha Nussbaum hanno lasciato un’eredità di scritti che costituiscono altrettante pietre miliari nella messa a fuoco di quei concetti. Insieme ai colleghi filosofi e sociologi come, fra i tanti citati, Emmanuel Levinas, Gyorgy Lukacs, Zygmunt Baumann e Georg Simmel nonché, per le definizioni di Misericordia, Giovanni Paolo II e Papa Francesco che ha dedicato un Giubileo al “mistero” di quella parola.

“La misericordia trasforma chi la fa e chi la riceve creando  un nuovo tipo di relazione, non è mai un rapporto unilaterale ma un fare insieme”, sostiene Anna Scattigno. Potenza relazionale che unisce chi la dà a chi la riceve, la Misericordia sta al centro del sistema semantico delle quattro parole.

Anche la bontà presuppone un contesto relazionale, ma attiene soprattutto all’atto libero e gratuito di una persona che in quel momento tocca le corde dell’armonia/amore universale. Per la Arendt, infatti, si arriva al paradosso che l’uomo amante della bontà deve necessariamente stare dentro le relazioni con altri, ma nascondendosi da loro giacché “il suo vivere con altri e per altri deve rimanere senza testimonianza”.

 

Citando Lukacs, Vittoria Franco afferma che “la bontà dota gli individui di capacità divine mettendole in grado di vedere nei cuori, stabilendo un rapporto diretto fra le anime”. Per la Heller ci si sceglie come persone buone, come persone oneste e perbene, cioè disposte “a rispondere alle richieste che altri presentano, preferendo subire un torto piuttosto che commetterlo”, secondo la definizione platonica. Levinas introduce il concetto di “illimitata responsabilità verso l’altro”, mentre lo scrittore José Saramago mette alla base della bontà l’empatia che significa “mettersi al posto degli altri”.

La bontà e la misericordia sono il presupposto della solidarietà che ne trasmette la forza benefica e unificante a tutte le istanze  del vivere insieme: è un valore universale. “La solidarietà – scrive Emilia D’Antuono conserva le sua potenzialità umanizzatrici perché le vie della storia, tra vittorie e sconfitte, le ha concretamente percorse. Essa non è solo l’idea o ideale: si è incarnata nell’impegno di soggetti storici che le hanno dato effettualità”. E che l’hanno posta come principio nelle Carte costituzionali delle nostre democrazie. L’art. 2 della Costituzione italiana è “prefigurazione di una forma particolare di convivenza e di organizzazione dello spazio pubblico”.

L’ultimo passaggio è il sistema dei legami sociali attraverso il quale  circola la forza benefica di virtù e valori già definiti. Il legame sociale tradizionale è messo a dura prova dall’individualismo esasperato che si è imposto sempre di più. Ci troviamo in una fase di cambiamento, mutano le fonti di legami sociali ”, scrive Franca Alacevich: “I rischi di erosione del tessuto sociale sono molti e l’attenzione alla sua manutenzione appare debole, se non assente, sia in chi ha il compito di governare la società, sia anche da parte degli attori privati e degli stessi individui”. Una speranza viene dalle iniziative di solidarietà che avvicinano popoli e culture facendo crescere “il senso di appartenenza a un comune destino: “Se adeguatamente appoggiate potrebbero assicurare un quadro favorevole alla costruzione di legami sociali allargati”.

Foto: Vittoria Franco

 

 

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