Nonostante la promozione mediatica, il decollo delle Murate è però ancora fragile e poco rivolto al turismo internazionale. Un vero peccato per Firenze alle prese con una forte concorrenza Europea, dove, in controtendenza con lo slogan “con la cultura non si mangia”, si inaugurano futuristici musei interattivi griffati “archistar”, come i recentissimi a Glasgow, Bristol, Liverpool, ex città industriali, a cui la cultura sta offrendo l’ultimo restyling.
Così, seppur con il suo tradizionale “understatement”, Firenze è in sintonia con l’Europa per quanto riguarda strategie e grands projets. Ma non solo, il recupero delle Murate rispecchia, oppure, casualmente avviene, in un momento in cui l’ultimo trend dell’architettura è proprio la modernità della storia. Un dibattito lanciato alla Biennale di Venezia 2010 dall’olandese Rem Koolhaas, che allestisce una mostra dedicata al significato ed all’attualità patrimonio storico. Il dilemma pare essere: irreversibile autenticità o dinamica continuità?
Nel tentativo di dare concretezza ad una possibile risposta, a far compagnia all’ex-carcere fiorentino, ispirato dalle visioni di Renzo Piano e portato a termine dai tecnici comunali Mario Pittalis e Roberto Melosi, si impegnano gli olandesi MVRDV e gli inglesi Dixon Jones che, rispettivamente, trasformano il penitenziario minorile di Amsterdam e le antiche prigioni di Oxford, in modaioli hotel con annessi ristoranti e sale polivalenti.
Ma non solo, sparse dal nord al sud d’Europa, cattedrali si rigenerano in librerie, monasteri in alberghi, chiese in residenze, aeroporti in centri culturali, fabbriche in lussuosi resort, arene in centri commerciali e così via. Gli approcci si dividono tra separazione o dialogo tra “antico” e “nuovo”. Tra i molti illustri esempi: la libreria Selexyz all’interno della ex-cattedrale gotica di Maastricht degli architetti Merkx+Girod, l’Andel´s Hotel nell’ ex-fabbrica tessile a Łódź, dello studio Op Architekten e, a Barcellona, la riqualificazione della ex Plaza de Toros dove Richard Rogers inserisce un centro commerciale con palestre, ristoranti e Museo del Rock.
Potremo chiederci il perché della grande attualità di questo tipo di interventi. La risposta è in almeno tre ordini di fattori.
Il primo, di carattere culturale, riguarda la fine dell’egemonia del Movimento Moderno e della sua poetica della “tabula rasa”. Alla ricerca di una difficile ricostruzione ideologica, la contemporaneità rivaluta il patrimonio storico con un approccio, però, rivolto alla sua attualità progettuale. Il secondo fattore, di matrice economica, è legato alla crisi generata dalla globalizzazione dei mercati, che ha colpito duramente il settore edile in tutta Europa. Adeguare gli spazi dei molti immobili invenduti o recuperare edifici storici dimessi sono prassi imprenditoriali oramai consuete, anche in paesi come l’Olanda, simbolo dell’avanguardia radicale. Il terzo fattore è la sostenibilità dello sviluppo urbano, come espressa nella Dichiarazione Universale dell’Unesco che protegge l’identità e la diversità culturale, senza contare che “riciclare la storia” è meno energivoro di costruire ex-novo.
Molti gli immobili di prestigio a Firenze in attesa di nuova vita che potrebbero quindi contribuire allo sviluppo culturale, economico e sostenibile della nostra città. D’altro canto, il Piano Strutturale contiene questo messaggio nello slogan “volumi zero”, cioè non più nuove costruzioni ma recupero di edifici preesistenti.
Parafrasando il titolo di un articolo di Richard Rogers, apparso nel lontano 1997 su l’Unità, ma ancora attualissimo, “E ora, e ora, potere alla cultura!”
Cristina Donati
Foto www.youandnews.com