L’occasione era troppo ghiotta e non abbiamo saputo trattenerci a lungo dal dispensare anche noi alle masse il nostro parere su di una vicenda che tanti occhi ha fatto finora inumidire, quella dei barconi che, disgraziatamente, sono costruiti così al di fuori delle norme di sicurezza che con un nonnulla si ribaltano. Poi la responsabilità ricade a pioggia su tutti i protagonisti della tragedia che, vuoi o non vuoi, erano lì a portata di penna; ma è evidente che per fermare l’attuale stillicidio di vite umane che tanto ci fa inorridire le soluzioni sono, se pur poche, di facile attuazione: mettere sotto silenzio tutto, così smettiamo di inorridire, che fa male alla salute, oppure punire con fermezza i barconi, gli unici veri colpevoli di tutto ciò.
Che a causa del loro deprecabile, criminoso vizio di ribaltarsi o addirittura di affondare tante vittime mietono ogni anno. Certo; l’altra soluzione, quella di tacere tutto, sarebbe addirittura più facile da mettere in atto, e avrebbe il pregio di essere logisticamente semplicissima e addirittura a costo zero per i cittadini. Ma questi vantaggi sono controbilanciati dal terribile vuoto che l’assenza di tante informazioni mirabilmente drammatiche verrebbe a creare nella vita di così tante persone che, a parte leggere della Nera sui media, social o no, per poi dissertarne more lavandaia per giorni e giorni poco altro avrebbero da fare nella vita; per non dire delle immancabili lacune che si aprirebbero nelle casse dei giornali, nei quali le disgrazie sono sempre gettonatissime perché ottimo viatico per le inserzioni pubblicitarie tutte. Per non dire del La che certe tragedie, immancabilmente, offrono alle diverse compagini politiche, sempre pronte a intervenire con il loro necessario apporto dialettico nel momento in cui una disgrazia riesce per così dire a bucare lo schermo, ovvero, emergere – flottando a malapena, come una balena stanchissima – in quel mare di indifferenza misto buonismo misto “se ti piacciono tanto perché non te le prendi in casa tua?” che costituisce il brodo culturale quotidiano nel quale ci siamo rassegnati a vivere.
Naturalmente, siamo ancora gentili nel citare solo questi epifenomeni, perché potremmo andare avanti per un pezzo a citare le vigliaccate e le porcherie di quanti affermano, pubblicamente e vantandosi di cotanta idea, di godere della morte in mare dei migranti; ma preferiamo evitare di aggiungere obbrobrio ad obbrobrio, e tiriamo per il momento innanzi. No; la cosa che ci piace maggiormente è la sfuriata, modello vespaio preso incautamente a bastonate, che si alza dalle piccole e grandi forze politiche che, deprecando giustamente l’accaduto, si affannano come api operose (oggi siamo in vena di metafore sugli insetti) a proporre soluzioni, a vantare esperienza, a urlare il loro sdegno, a denunciare l’altrui incompetenza. Si affannano, si accavallano le sigle, ciascuna degna di una importante operazione di marketing di detersivi ecologici – Mare Nostrum, Frontex, Frontex Plus (lava più bianco, formula rinnovata), Triton; la gente, guarda il caso, continua ad arrivare, a volte viva, a volte morta, a volte non arriva proprio; ma parte sempre, come in una orrida parodia della vita béla che cantavano Cochi e Renato. E però, quasi nessuno capisce cosa c’è dietro i nomi, le sigle, i conti delle spese; e si fa presto a dire “tante persone”, perché è limitativo.
Dietro, in realtà, c’è lo scontro tra due logiche rispettivamente inconciliabili – flussi migratori dettati dalla necessità, e politiche migratorie dettate dalla necessità, perlopiù elettorale; in mezzo, molti milioni di persone, tra chi viaggia, chi è viaggiato, chi salva, recupera, aiuta, chi sparla e, cosa molto importante, chi vota e viene in questo orientato. Naturalmente, nessuno ha il fegato di dire che solo due tipi di azioni potrebbero mettere veramente fine a questo sfacelo. La prima: avere il coraggio di eliminare le restrizione all’immigrazione, e usare le risorse, anziché per salvare rocambolescamente, o per tenere fuori (utopistico), per accogliere, indirizzare, vagliare, controllare umanamente e con perizia i migranti. In un sol colpo si eliminerebbe un mercato di malaffare di proporzioni ormai spaventose, che ormai rende quasi quanto quello degli stupefacenti (altra cosa su cui sarebbe bene riflettere).
La seconda: usare i fondi, il tempo, l’influenza nelle cose internazionali per creare, per forza o per amore (e basta con l’ipocrisia del non intervento, che si usa solo quando fa comodo) per creare condizioni di vita dalle quali nessuno dovrebbe avere la necessità di fuggire. Ma ci rendiamo conto che sono tutte soluzioni con almeno due grossi difetti: innanzitutto, elettoralmente sarebbero quasi inservibili, e questo già le azzoppa in partenza. E poi, ben più grave: rischierebbero di funzionare davvero.